Un paio di anni fa, dopo la vittoria di Pizzarotti a Parma, questa testata aveva fatto un previsione piuttosto impegnativa: le elezioni della primavera 2014 sarebbero state quelle dove il Movimento 5 Stelle livornese avrebbe avuto reali chances di vittoria. Non solo: visto che un’idea dei flussi elettorali locali ce l’abbiamo, a suo tempo ci siamo permessi dire che tra le politiche [2013, ndr] e le amministrative [2014, ndr] il Pd avrebbe potuto "lasciare benissimo sul campo una quindicina di punti percentuali”.
Oggi ci permettiamo di fare un’altra previsione: continuando con questo metodo di governo, non solo Nogarin non finirà la legislatura ma, di conseguenza, le elezioni del 2014 saranno state anche le uniche nelle quali si sarà registrata una presenza significativa del Movimento 5 Stelle a Livorno. E non entriamo nel merito della vicenda delle e-mail, di assessori e di deleghe che vanno e vengono. E di quanto il Pd ci abbia speculato. Entriamo sì nel merito ma quello vero: ecco il risultato di non essersi nemmeno posti il problema di cosa significa regalare al Tirreno la centralità nella comunicazione politica livornese, come se non ci fosse altra politica comunicativa e tutto questo fosse qualcosa di naturale come l’aria e l’acqua. Per cui, tra privatizzazioni della Port Authority, campagne surreali sui negozi aperti e puntate di soap opera sulla giunta, prendiamo la metafora dalla pallavolo e diciamo che la politica locale oggi è questo: il Tirreno, spenta testata del giornalismo gossip di provincia, alza la palla e il Pd, o qualche potere forte, schiaccia. Senza nemmeno forza tra l’altro, quasi svogliatamente, consapevole dei propri limiti, delle proprie risse di spogliatoio, ma candidato alla resurrezione da un sistema della comunicazione locale accettato come naturale da tutti. Certo, si tratta di un Pd vuoto, senza idee, che ha fatto danni che Livorno pagherà per decenni e che dovrebbe o sciogliersi, o scegliere la via del silenzio fino al XXII secolo. Ma se lo zombie ancora, in qualche modo, si agita, non diamo solo la colpa a viale Alfieri.
Non vorremmo però si pensasse che stiamo riducendo la questione della giunta livornese a difetto di comunicazione o a mancata politica dell’immagine e delle tecnologie. Qui ci sono delle impostazioni politiche, e di politica economica, che non portano, se perseguite, da nessuna parte. Cominciamo da una cosa chiara: il Movimento 5 Stelle, con il 19 per cento dei voti al primo turno, non avrebbe mai vinto da solo le elezioni. Perché Livorno non è Parma: qui non c’era solo la questione inceneritore o lo scandalo del bilancio comunale, come avvenuto per Pizzarotti, ma una indicazione ampia e qualificata di liste, associazioni, testate indipendenti a favore di Nogarin. E soprattutto POLITICA: fatta non solo da liste ma da soggetti, segmenti di società che il territorio lo praticano, lo vivono, lo conoscono come spazio di innovazione viva e sofisticata. Gente che per anni, lottando contro un regime infame e ottuso, ha posto le condizioni strutturali per la vittoria. Che quindi non “appartiene” solo al Movimento Cinque Stelle ma è un investimento del territorio per il futuro della città. Tutto questo, il giorno dopo le elezioni scompare a favore della centralità politica di meet-up inconcludenti, in continua polemica tra loro per la gioia del giornalismo parolaio. E scompare nella conferma di una raccolta curriculum che si è rivelata più contraddittoria e sofferta della storia dell’istituzione del concilio di Nicea. Ma soprattutto che non ha tenuto conto della Livorno reale e del fatto che se si vuol governare si tratta con strutture sociali e non, quando si rappresenta una parte non maggioritaria di città, con singoli alla ricerca di un titolo per il biglietto da visita. Non a caso il programma di governo, oltre che delle polemiche, è frutto di una asfissia nella progettazione che è tanto più forte nel momento in cui Livorno attraversa la crisi persino più grave della perdita del porto franco. Invece di chiamare una generazione di cittadini, grillini e non, a una leva di massa e di emergenza per un contributo forte sui nodi cruciali della crescita di Livorno, COME SI FA nei momenti epocali di un territorio, si è passati alla centralità dei meet-up, luoghi in cui i digiuni del politico dominano, e delle polemiche su Facebook. Livorno sta entrando nella morte clinica e quindi aveva, ed ha, bisogno della convocazione, non episodica e fatta con criteri ampi, degli stati generali di ogni settore sociale. Da qui, dalla mobilitazione del meglio della città, vi è poi l’estrazione di compiti di rappresentanza, di deleghe assessorili e di progettazione. Non da un bando, su cui si litiga per mesi, i cui criteri surreali, assieme ad alcuni fin troppo reali, sono sotto gli occhi di tutti. Ma il problema più serio sta nel programma di governo 2014-2019. Non solo nel fatto che non è stato scritto coinvolgendo, o almeno seriamente consultando, la parte di città, maggioritaria rispetto allo stesso elettorato 5 Stelle, che ha contribuito a liberare Livorno dal Pd. Ma soprattutto perché è fortemente inadeguato rispetto alle gravi emergenze del prossimo domani. Un governo POLITICO di una amministrazione, in una situazione mobile e pericolosa come questa, deve prevedere che l’assetto istituzionale in questo quinquennio cambierà. E che deve dotarsi di quell’indirizzo strategico in grado di garantire il presidio municipale qualsiasi tempesta si manifesti in Italia. Poi c’è il nodo fondamentale dell’economia. Né Camera di Commercio né i residui istituzionali delle passate stagioni della concertazione sono in grado neanche di pensare le drammatiche mutazioni economiche del prossimo lustro. Ci troviamo di fronte a residui del passato che sanno solo privatizzare (vedi Porto 2000). O un’amministrazione si dota di un indirizzo politico all’altezza di quello che sta succedendo, o ci penserà lo Stato centrale. Nel senso che ha già in programma la ritirata di risorse, servizi, prestazioni sociali dei municipi in nome di santa austerità, il totem votivo del suicidio di massa di questo paese. Con il Pd nel ruolo di quel reverendo che, alla fine degli anni ’70, accompagnò al suicidio un’intera comunità di 900 persone in Guyana. Solo che un’amministrazione, per sopravvivere, anzi per invertire il declino della città dove vive, deve darsi una governance economica nuova, efficace e capillare. Di cui non c’è traccia né nell’indirizzo del Comune né altrove. E non ci sarà se si continua con ombelicale autoreferenzialità. Il programma di governo 2014-2019, nel migliore dei casi, è quello di una cittadina olandese sul mare che deve innovare in tecnologie, ristrutturare l’amministrazione, investire nell’economia verde. Magari con un po’ di fondo per l’occupazione per le emergenze. Andrebbe tutto bene, se non fosse che Livorno ha macerie (economiche, ambientali, amministrative, sociali) che richiedono uno sforzo di governo fuori dal comune. Altro che cittadina da ristrutturare. Qui la città rischia l’estinzione e viene presentato un programma "friendly" non all’altezza della sfida alla Churchill che abbiamo.
Eppure speravamo che l’epoca Cosimi fosse finita, che l’amministrazione smettesse di puntare sull’effetto annuncio. Ecco invece un programma di governo senza indicare le competenze del futuro che si vuol dare all’amministrazione, cosa non scontata nella riorganizzazione dei servizi presente e per il prossimo lustro, senza le previsioni pluriennali sul Pil locale, sui settori di Pil da stimolare. Senza una cartografia della distribuzione del reddito, dei servizi, i parametri di efficienza che si vuol ottenere. E un monitoraggio dei cambiamenti demografici previsti in un quinquennio, senza il quale non si governa. Certo non sono dati e parametri che magari si estraggono in un mese. Ma almeno ci si doti, come programma di governo, di scadenze e politiche per ottenerli. Nel 2014 senza questo non si governa, al massimo si erogano certificati e si rilasciano interviste, dovrebbe essere chiaro. Dovrebbe.
Inoltre, non è possibile tacere sulla questione assessore al bilancio. Poco dopo le elezioni, Nogarin ne fissò due aspetti irrinunciabili nel profilo: professionalità e capacità di saper lavorare sui fondi europei. Ne aggiungiamo un’altra, tratta dal programma della giunta, valorizzare il bilancio partecipato.
Ora guardiamo come si presenta il futuribile assessore al bilancio quando ha portato il curriculm per il concorso da assessore alle amministrative a Viareggio nel 2013. Ecco la breve presentazione.
Come ci si possa pubblicizzare come un possibile esperto contabile di partecipate (e quindi non di enti locali) ma offrirsi anche come assessore al bilancio sempre a Viareggio, come nel link, è un mistero. Come lo è l’essere poi presi a Livorno. Per la qualifica che si ammette testualmente di conoscere meno, gli enti locali, ma in compenso per un comune più grande e complesso.
Ci chiediamo onestamente: quanto questo signore conosce Livorno? In quanti anni può entrare nella dinamica dell’evoluzione del rapporto tra amministrazione, filiali locali di banche e finanza presente sul territorio? È in grado questa persona di lavorare a rendere pubblico un ruolo fino ad adesso criptico, di trattare con le banche, di favorire una diversa politica del credito territoriale? Di promuovere una cultura diffusa della conoscenza del bilancio riempendo un buco di sapere sul territorio? Di saper scegliere le consulenze universitarie non maistream per la disseminazione diffusa delle competenze?
È in grado una simile persona di lavorare con la città, con le reti dal basso, per incidere sulla politica del credito alternativo e del microcredito locale? Specie supportando il bilancio partecipato? Infine, viste le indicazioni del sindaco di dover lavorare sui fondi europei, quale conoscenza dell’inglese, dei fondi comunitari, dei bandi, di Bruxelles ha questo signore? Intendiamo inglese tecnico, fiscale e giuridico, non quello appreso a giro per il mondo.
Nutriamo forti, quando non fortissimi, dubbi su tutti questi punti. Solo che il ruolo è di quelli strategici. Essenziali per far ripartire la città. E in questo caso una candidatura del genere non sembra “né di destra né di sinistra” ma alla “io speriamo che me la cavo”. Versione curriculum tra Viareggio e Livorno. In questo caso le smentite sono graditissime ma devono essere molto molto circostanziate.
L’impareggiabile Mamma Franca, ricordata per questa frase anche nei recenti commenti sul Tirreno, diceva: “bimbi un rivolgetevi agli improvvisi, qui ci vole i mestieranti”. Bene, visto che Livorno è stata governata per lunghi anni dai mestieranti, forse è il caso di non sperimentare una nuova categoria politica, di vago sapore foucaultiano: il governo degli improvvisi.
La politica si legittima attraverso tre fenomeni: numeri, forza, credibilità. Se gli ultimi due vengono a mancare, la fine del terzo è solo questione di tempo. Il M5S deve fare una cosa semplice: da minoranza in città quale è, consapevole dello sforzo che ha fatto Livorno per cacciare il Pd, deve dotarsi degli strumenti reali per ascoltare il territorio, non Twitter, per costruire sul serio la Livorno del futuro. Ricordando che le elezioni sono finite. In un comprensorio di quasi duecentomila abitanti, con un porto importante del Mediterraneo, non si può sempre rispondere, ad ogni obiezione, “ce lo vieta lo statuto”. Il nostro, a regola, ci avrebbe vietato persino di votare, eppure certi principi sono stati messi tra parentesi. È l’ora di farlo anche da parte del Movimento 5 Stelle, per il bene di Livorno.
Altrimenti, se si pensa che Livorno si governi con meetup-consiglio-giunta, non resta che dire: auguri per il momento in cui la picchiata nel muro sarà forte. Luogo comune vuole che gli amici si rivelino tali specie se si dicono le cose in faccia quando non vanno. E non dirle non sarebbe né serio né in linea con la nostra storia. E qui, sulla storia e sull’identità della città, ne abbiamo già viste troppe. Sulla cultura popolare livornese, che è un patrimonio complesso, ridotta a “folklore” (con apposita delega) sull’inguardabile melina sula vicenda gemellaggio con Gaza. Del resto abbiamo un sindaco che cita Gandhi e annuncia di volersi gettare con i paracadutisti. Ma di questo passo, se non si cambia radicalmente rotta, come si dice in un noto film, il problema non sarà la caduta ma l’atterraggio.
Infine, una nota la merita la questione sport, assolutamente sottovalutata dalla giunta. Sia per l’alta percentuale di praticanti che per l’economia che questi possono generare. Anche a livelli non agonistici e di sport popolare si generano, dal basso, microeconomie che si rivelano fondamentali per un territorio come il nostro. Non solo non c’è niente di serio e strutturale su questo nel programma, ma si sottovaluta la vicenda calcio. Dopo tante chiacchiere segnaliamo che il centenario del Livorno sarebbe stato, e sarebbe ancora, una straordinaria occasione per il marketing turistico della città. Il Livorno ha tifosi in tutta Europa e un brand molto apprezzato che sfugge alle dinamiche del calcio Sky. Ma l’impressione netta è che questa giunta realizzi l’importanza del calcio, come economia possibile e strumento di coesione sociale, nello stesso modo con cui “vede” ampie porzioni del territorio. Purtroppo, per ora, è così.
Redazione - 21 agosto 2014
Foto di Marco Filippelli
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