La Siria ha dichiarato di poter accettare anche operazioni militari americane e britanniche sul suo territorio per fermare i miliziani dello Stato islamico (Isis). E’ stato il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Muallim, a dirsi non contrario a questa possibilità, ma ha ammonito che ciò dovrà avvenire nell’ambito di un’azione coordinata con il governo siriano, altrimenti si tratterebbe di una aggressione alla Siria. “Se ci fosse stato un coordinamento di questo genere”, ha aggiunto Muallim, “non sarebbe fallita l’operazione tentata dalle forze speciali Usa per liberare Foley, prima che la sua prigionia si concludesse tragicamente”. La Casa Bianca ha fatto sapere però che il presidente Barack Obama non ha ancora preso alcuna decisione su eventuali raid aerei in Siria. "Non c'è ancora alcuna decisione sui raid, ma al fine di contribuire a prendere tale decisione, si vuole ottenere il più possibile consapevolezza della situazione", ha detto un alto funzionario al Wall Street Journal.
Ma il New York Times scrive che Obama ha già autorizzato nel fine settimana voli di ricognizione in Siria, una mossa che potrebbe preludere a veri e propri raid aerei. “I voli di ricognizione rappresentano un passo significativo verso una diretta azione militare americana in Siria – riporta il News York Times – un intervento che può alterare il campo di battaglia nella guerra civile in corso da tre anni nella nazione”.
Ma, secondo il New York Times, gli Usa non intendono aiutare Assad, "neppure inavvertitamente" e per questo non notificheranno l'invio dei voli di ricognizione al Governo siriano. E’ evidente come questa modalità possa rappresentare il “primo passo” per consentire l’intervento aereo degli Stati Uniti sul territorio siriano. Un intervento sul quale oggi sembra esserci una oggettiva convergenza di interessi contro i miliziani jiahdisti dell’Isis ma già domani, una volta messo in moto il meccanismo, volgersi contro lo stesso governo Siriano. I "voli" statunitensi potrebbero poi tradursi nella famosa No fly zone e poi diventare attacchi veri e propri, magari con un casus belli o una emergenza umanitaria ad hoc. Già una volta, dopo il 2003, la Siria di Assad – come la Libia di Gheddafi – aveva accettato la cooperazione con gli Stati Uniti in nome della lotta al terrorismo ma , come è noto, gli alleati congiunturali degli Usa hanno sempre fatto una brutta fine e la Siria, dal 2011 in poi, è diventato un target della "destabilizzazione creativa" degli Stati Uniti in Medio Oriente.
Fonte
L'osservazione di chi ha scritto è assolutamente pertinente e nel commento che ieri feci alla notizia del possibile impegno (almeno aereo) Usa in territorio siriano, non avevo minimamente contemplato questa eventualità.
Alla luce di questo possibile scenario, diventa più evidente che la partita tra le diverse fazioni in campo sia sempre più tesa. E' quindi lecito supporre che la proposta del regime ad una possibile collaborazione con gli Usa in funzione anti Isil, possa essere una mossa che spera di ripetere il contropiede che riuscì ad Assad e alla Russia la scorsa estate, con la distruzione dell'arsenale chimico del regime.
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