Quattro morti questa mattina all’alba hanno aperto il 46esimo giorno
dell’offensiva Margine Protettivo: colpito dalle bombe israeliane il
campo profughi di Al Nuseirat e il centro di Gaza. Tra le quattro vittime, anche il 14enne Mahmoud Talaat Shreiteh. Ieri erano state 38 le vittime, per un bilancio totale che è salito a 2.087, secondo i dati forniti dal Ministero della Salute.
Non cessa la crisi umanitaria, infiammata dai nuovi raid dopo una
settimana di cessate il fuoco: i feriti hanno superato le 10.500 unità,
gli ospedali sono affollati e costretti a lavorare con scarsità di
materiali e medicinali: secondo l’Onu sono 3mila i bambini
feriti, di cui mille con disabilità gravi, 1.500 orfani e 373mila con
immediata necessità di supporto psicologico.
Strapieni anche i rifugi Onu che ospitano 435mila sfollati
– poco meno di un terzo della popolazione gazawi – a cui se ne
aggiungono tanti altri che hanno trovato riparo a casa di amici o
parenti o che stanno dormendo tra le macerie delle proprie case. La vita
nelle scuole dell’UNRWA è invivibile: in ogni classe dormono
decine e decine di persone, i bagni non sono sufficienti così come il
cibo e l’acqua e quei rifugi stanno diventando un pericoloso focolaio di
malattie.
E mentre la popolazione palestinese paga l’ennesimo prezzo dei giochi
di potere, proseguono i tentativi di trovare un accordo, nonostante il
palese fallimento di negoziati lunghi quasi 10 giorni. Ieri la
delegazione palestinese aveva presentato tramite il negoziatore egiziano
una nuova proposta di tregua a Israele, senza ricevere risposta. Le
richieste restano le stesse: fine del blocco di Gaza, riapertura di
porto e aeroporto, liberazione dei prigionieri, tra gli altri. Israele
non cede di un passo e insiste sulla completa demilitarizzazione della
Striscia di Gaza.
Per ora a proseguire è il dialogo tra Ramallah e Gaza, tra il
presidente dell’Anp Abbas e il leader politico di Hamas, Meshaal. I due
si sono incontrati ieri a Doha, in Qatar, per due volte, in quella che è
stata descritta da alcune fonti presenti al meeting una conversazione
“difficile”, da altre “positiva”. Diversa la versione dei
servizi segreti israeliani: secondo lo Shin Bet, durante l’incontro
Abbas ha accusato Meshaal di essere un bugiardo e di aver tentato di
ordire un complotto contro l’Anp in Cisgiordania. Da parte palestinese
non è giunto alcun commento in merito alle presunte rivelazioni
israeliani.
Si muove intanto anche la comunità internazionale: Stati
Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania stanno discutendo della
possibilità di andare in Consiglio di Sicurezza per produrre una
risoluzione che chieda il cessate il fuoco. Un’iniziativa che
sarebbe apprezzata da entrambe le delegazioni, dicono al Palazzo di
Vetro, che avrebbero separatamente chiesto al Consiglio di prendere
misure immediate per rompere lo stallo.
Le parole che piovono sull’offensiva sono tante, le promesse e gli impegni ancora di più. Nessuno però intende compiere il passo in più, ovvero prendere in considerazione le reali condizioni di vita del popolo di Gaza.
Quello che le fazioni palestinesi chiedono – come ha spiegato bene
Gideon Levy in diversi editoriali – non è nulla di assurdo o ingiusto:
chiedono la fine dell’embargo e maggiore libertà.
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