Dopo l'assedio agli yazidi sul Monte Sinjar, adesso sono gli sciiti turcomanni (anche chiamati turkmeni) della città irachena di Amerli ad essere circondati dai miliziani jihadisti dello Stato islamico e a rischiare le conseguenze della pulizia etnica dei fondamentalisti sunniti. Ieri il grande ayatollah Ali Al-Sistani, la massima autorità religiosa sciita dell'Iraq, aveva lanciato l'allarme e chiesto alle autorità di "andare in soccorso degli abitanti di questa città".
"La situazione degli abitanti è disperata e necessita di un intervento immediato per impedire un possibile massacro", gli ha fatto eco oggi il rappresentante speciale dell'Onu a Baghdad, Nickolay Mladenov, invitando il governo iracheno a "fare il possibili per rompere l'assedio e permettere agli abitanti di ricevere aiuti umanitari vitali o di lasciare la città in condizioni degne". Questa città di circa 20mila abitanti è circondata ormai da fine giugno dalle milizie jihadiste dello Stato Islamico e lamenta scarsità di cibo e altri generi di prima necessità.
Intanto, è di almeno 11 morti e 30 feriti, alcuni dei quali molto gravi, il bilancio dell'attacco kamikaze nel centro di Baghdad, compiuto con un'autobomba contro il quartier generale dei servizi dell'intelligence del ministero degli Interni iracheno. Le cifre sono state fornite dai responsabili della sicurezza di Baghdad.
Nessun gruppo ha finora rivendicato l'attentato, ma normalmente questo tipo di azioni sono opera dei gruppi fondamentalisti sunniti vicini ad Al Qaeda.
Sempre ieri un secondo attentato è avvenuto invece a Kirkuk, nel nord del paese. Secondo fonti mediche l’esplosione quasi simultanea di tre autobombe ha causato la morte di almeno 20 persone, mentre i feriti sono più di 70. Due delle tre vetture imbottite di esplosivo sono saltate in aria nei pressi di un edificio in costruzione usato dalle forze di sicurezza, mentre la terza esplosione si è verificata all’entrata di un mercato.
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