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24/08/2014

I fatti di Ferguson e gli incubi “neri” dell'establishment


L’apparizione di militanti di un mai dimenticato Black Panther Party, come reazione a è avvenuto a Ferguson nel Missouri, era già accaduto in altri luoghi e città degli Stati Uniti, e non deve sorprendere.

Appare del tutto logica, ed anche inevitabile, che una parte della popolazione statunitense, soprattutto quella afroamericana, possa riprendere esperienze e consuetudini, forse oggi non più “di moda”, ma mai dimenticate né assopite nelle coscienze. Esperienze che oggi appaiono come le uniche in grado di dare risposte efficaci e tutela per una parte della popolazione statunitense che da sempre subisce le persecuzioni e le prevaricazioni di un retaggio culturale razzista che pervade la società USA di cultura “bianca”, con la sua polizia ad esserne protagonista.

I cops o i pigs (come venivano definiti i poliziotti) anche se ormai in parte di origine afroamericana o ispanica a loro volta, non rinunciano a usare stupidamente e ciecamente comportamenti violenti e spropositati nei confronti soprattutto di giovani afroamericani o immigrati di etnia ispanica e latino-americana (messicani, portoricani, haitiani ecc.).

Nonostante il dato certificato che la persecuzione massiccia messa in campo attraverso il progetto Cointelpro (progettato sia dalla Cia che dall’Fbi durante la gestione Hoover, nella seconda metà degli anni ’60 fino ai primi anni ’80), avesse letteralmente eliminato quello che venne definito da Hoover stesso, come il “maggiore pericolo e peggior nemico degli Stati Uniti”; oggi grazie all’arroganza e alla percezione del proprio io dei corpi di polizia statunitensi, come il solo e unico depositario della legalità e dell’autorità in materia socio-statuale. Ebbene costoro sono riusciti a materializzare proprio quello che veniva definito da loro stessi: il maggiore pericolo, cioè il loro “incubo” cioè le Black Panther.

L’uccisione del giovane afroamericano Mike Brown nel sobborgo di Ferguson, sta facendo riemergere tutte quelle dinamiche di controllo che sono attuate nei settori della società USA.

Settori e strati sociali composti in maggioranza da giovani afroamericani o immigrati di origine ispanica, latinoamericana e altro, dimostrando ancora una volta come la divisione in classi nella società americana continui ad essere regolamentata da un razzismo “sistemico”, utile strumento di potere per meglio gestire e normalizzare situazioni potenzialmente più effervescenti, dannose e incontrollabili.

E’ dunque in conformità a questi comportamenti polizieschi che la popolazione afroamericana reagisce e oltre a recuperarne le forme organizzative ne utilizza anche le procedure, come quella del “Patrolling”, uno dei punti di programma più forti che caratterizzò e diede successo e unione all’allora nascente Black Panther Party (BPP).

In pratica, essendo forte il risentimento della comunità afroamericana per gli atteggiamenti razzisti della polizia definita “forza di occupazione”, la risposta del BPP fu quella del contropattugliamento del territorio: “Al fine di far fronte a tali eccessi le Pantere Nere organizzano pattuglie di volontari - le Copwatch - che seguono a distanza i poliziotti per sorvegliarne i comportamenti…". Si tratta del Patrolling.

I progetti e le strategie che mise in campo il governo Usa furono di diversa natura e segno. L’operazione “Chaos” e “Blue-Moon”, sulle quali Contropiano svolse a suo tempo un’inchiesta che appare ancora oggi attuale.
Le due operazioni vennero usate per sterminare intere generazioni di giovani (ritenuti contestatori e ribelli), attraverso la diffusione a pioggia di eroina e altre droghe pesanti, atte a distogliere l’attenzione dai progetti che i vari governi occidentali mettevano in campo per garantire e rafforzare i profitti e i privilegi delle classi dominati.

Stante la crisi pesante che oggi sta interessando le maggiori nazioni e potenze industriali; l’aumento devastante della miseria con conseguente crescita dell’impoverimento economico e sociale al quale pare siano condannate masse sempre più estese di popolazione civile; la presenza sempre più massiccia di queste contraddizioni stanno ora trovando negli Stati Uniti una risposta violenta e irrazionale.

In un documento della stessa leadership militare USA del 1999, si ritiene che l’uso delle forze di polizia debba essere pari a quelle che un esercito militare deve attuare e mettere in campo per meglio controllare lo sviluppo delle situazioni presenti in certe occasioni di ribellismo sociale.

Quale migliore occasione e prova sono state dunque l’azione della polizia in quel di Ferguson, ma anche in altre città dove si sono avute le stesse performance?

Per questo la risposta che sta provenendo in una parte della popolazione afroamericana non può sorprenderci affatto; così come non ci sorprenderà la strategia che il governo statunitense (ma credo che anche altri governi potranno seguire la stessa strada) metterà in campo, indicando quale possa essere il percorso che l’amministrazione Obama (ma costui non era considerato dai nostri centro-sinistrati, come un moderno esponente democratico e liberal?) percorrerà.

Gli spari, le pallottole, la pioggia di lacrimogeni che la polizia ha indirizzato a Ferguson, contro soggetti del tutto pacifici (le ultime dimostrazioni sono avvenute con i partecipanti che avevano le mani alzate in segno di resa!), sono lì a dimostrare e ad indicare la strada da perseguire di fronte a dimostrazioni e a comportamenti da ritenere sospetti o pericolosi.

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