Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

19/11/2014

ISIS. Il califfato arriva in Libia: bandiere nere a Derna


Un’altra bandiera nera sventola su edifici governativi. Stavolta però non si tratta di una comunità siriana o irachena, dove le milizie di al-Baghdadi impazzano da giugno. Stavolta tocca alla Libia: combattenti legati all’Isis hanno assunto il controllo della città di Derna, lungo la costa mediterranea, vicino al confine con l’Egitto.

Il caos che sta stritolando le debolissime istituzioni libiche, divise tra due parlamenti, due governi e una guerra civile, hanno permesso agli islamisti di avanzare anche in territorio libico, preoccupando non poco l’Egitto. Il presidente al-Sisi, approfittando della generale chiamata alla guerra al terrore lanciata dalla Casa Bianca, ha già ufficiosamente bombardato Bengasi, avviato la creazione di una zona cuscinetto con Gaza e ricevuto milioni di dollari Usa in armi per combattere il terrorismo.

L’arrivo dell’Isis a Derna sicuramente produrrà conseguenze: secondo la stampa locale, il braccio libico dell’Isis (auto-battezzato Barqa, il nome che alla regione era stato assegnato dopo la caduta dell’impero romano e l’avvento dell’Islam) conta circa 800 miliziani e 5 campi di addestramento, dove vengono formati combattenti provenienti da tutto il nord Africa. A questi si sono uniti oltre 300 islamisti libici, di ritorno dai campi di battaglia iracheno e siriano.

Quei combattenti oggi controllano la città, i tribunali, gli uffici pubblici e governativi, la radio: “Derna oggi sembra Raqqa, il quartier generale Isis in Siria”, dicono fonti locali. La città, marginalizzata dal precedente regime di Gheddafi, ha sempre mostrato simpatie islamiste: da qui è partito il maggior numero di miliziani libici verso Siria e Iraq. E se buona parte della popolazione non apprezza l’occupazione islamista, l’assenza dello Stato non aiuta di certo i residenti a ribellarsi contro l’Isis.

Oggi a Derna c’è una nuova provincia islamista, che dal punto di vista territoriale e strategico regala altri punti al califfo al-Baghdadi: nel cuore del nord Africa, a pochi passi dall’Egitto e da una Tripoli nel caos, potrebbe essere il migliore dei punti di passaggio di armi e miliziani verso il resto del califfato. Un’eventualità concreta che spaventa Il Cairo che da qualche settimana ha lanciato una campagna di sostegno militare al parlamento libico di Tobruk e all’ex generale Haftar contro gli islamisti che controllano la capitale libica.

Il rafforzamento dell’Isis in Libia arriva di pari passo con la nuova campagna lanciata da Al Qaeda Maghreb: in un video pubblicato ieri si vedono due ostaggi, il francese Serge Lazarevic e l’olandese Sjaak Rijke, rapiti nel novembre 2011 nel Sahara, chiedere ai rispettivi governi di negoziare la loro libertà e la vita con il gruppo qaedista. La strategia degli ostaggi assicura ai vari gruppi islamisti sparsi nel territorio una valida forma di propaganda per attirare nuovi adepti e anche una significativa fonte di ricchezza: fatta eccezione per Stati Uniti e Gran Bretagna, altri governi europei ufficiosamente avrebbero pagato cospicui riscatti per liberare i propri cittadini.

Lunedì Obama ha prospettato una possibile revisione della politica sugli ostaggi, visto il crescente numero di rapimenti e di esecuzioni. Ma la vera novità arriva dall’Australia, dove il presidente Usa si trovava per il summit del G20: «Se scoprissimo che l’Isis è entrato in possesso di armi nucleari e dovessimo organizzare un’operazione per togliergliele dalle mani, allora sì. La ordinerei».

Una svolta nella strategia finora annunciata da Washington che da mesi nega di voler inviare stivali sul terreno. Per ora l’intelligence Usa smentisce di avere notizie di un possibile impossessamento da parte islamista di armi nucleari, ma le parole di Obama hanno attirato l’attenzione di molti.

Eppure per ora si continua a procedere con il sostegno all’esercito iracheno, l’unico – insieme ai peshmerga – attivo sul terreno: la Casa Bianca ha concluso la vendita di 600 milioni di dollari in equipaggiamento militare alle truppe di Baghdad che proprio ieri festeggiavano la ripresa della raffineria di Baiji,la più grande del paese. Le forze militari irachene, dopo aver cacciato dalla città i miliziani di al-Baghdadi, sono riusciti ad entrare nell’impianto per la prima volta dopo 5 mesi. L’Isis è stato costretto alla ritirata verso ovest, oltre il Tigri, dove ha il controllo di alcuni villaggi.

Successo anche a Kobane dove i combattenti curdi hanno mangiato altro territorio all’Isis, espellendoli da alcuni palazzi nel centro della città e confiscando alcune armi. “Un’operazione speciale”, secondo le Unità di Protezione Popolare che ha permesso la riconquista di sei edifici e l’uccisione di 13 miliziani islamisti.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento