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17/11/2014

Neoliberismo e povertà infantile nei paesi "ricchi"

di Hedelberto López Blanch

Rebelión

Se vi domandassero in quale Paese il 36,3% dei bambini è povero, sicuramente pensereste a qualche nazione dell’Africa, America Latina o Asia.

Ma sbagliereste completamente perché questa pessima situazione si verifica in Spagna, uno dei dieci Paesi con il Prodotto Interno Lordo (PIL) più alto.

La Oxfam, un’Organizzazione non governativa inglese, ha raccolto i recenti dati pubblicati dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Educazione e l’Infanzia (UNICEF) dove si denuncia che il Paese iberico occupa il terzo posto in Europa tra le nazioni più disuguali, superato solo dalla Grecia e dalla Lettonia.

Da quando nel 2008 è scoppiata la crisi economica mondiale (iniziata negli Stati Uniti) i governi del Partito Socialista Operaio Unificato (PSOE) prima, e del Partido Popular (PP) dopo, hanno affondato la Spagna in una spirale economica discendente imponendo forti misure di austerità.

In questo senso i più colpiti, secondo la Oxfam, sono stati i minori poiché la percentuale di bambini poveri è cresciuta in questi sei anni dal 23,2 al 36,3 %. Quando il PP arrivò al potere nel 2011, la cifra era del 28,2%.

Il governo del PP, guidato da Mariano Rajoy, ha approvato lo scorso ottobre una nuova riforma fiscale che, secondo gli analisti, provocherà una disuguaglianza maggiore dell’attuale nella quale il 10% più ricco della popolazione ha un reddito superiore al 90% restante.

La ONG puntualizza che dei 46 milioni di abitanti ce ne sono 11 milioni e 750 mila emarginati, con un alto tasso di povertà infantile, disoccupazione giovanile e abbandono scolastico.

Il rapporto dell’UNICEF va più direttamente a denunciare che con le politiche del PP, “in Spagna sono stati ridotti i sussidi per la disoccupazione, per l’assistenza ai figli, ed è stato eliminato l’assegno universale per nascita”.

Negli ultimi mesi si sono moltiplicate in tutto il Paese le manifestazioni delle ONG raggruppate nell’Alleanza Spagnola contro la Povertà per denunciare “la violazione dei diritti umani e la minaccia alla democrazia” causate dalle riforme fiscali del governo, con cui si diminuiscono le tasse ai più ricchi.

Ricordiamo che quando arrivò la crisi, a metà del 2010, il governo di José Rodríguez Zapatero mise in atto tagli sociali sotto la pressione dell’Unione Europea ed eliminò l’unico aiuto che esisteva alle famiglie con figli, la legge sul contributo per nascita o adozione, che era stata approvata nel 2007.

Inoltre fu ridotta da 500 a 291 euro il contributo per figlio a carico della Sicurezza sociale per i minori di 3 anni.

Le conseguenze non si sono fatte attendere e oggi nella nazione iberica circa 3 milioni di bambini vivono sotto la soglia della povertà.

Le famiglie spagnole hanno perso l’equivalente di dieci anni di miglioramenti nelle loro entrate, superati solo dalle famiglie greche, che hanno perso quattordici anni.

Ma il Fondo delle Nazioni Unite per l’Educazione e l’Infanzia nel suo rapporto “I bambini della recessione: l’impatto della crisi economica sul benessere infantile nei Paesi ricchi”, non analizza solo la Spagna.

Assicura che “milioni di bambini hanno sofferto gli effetti immediati e diretti della recessione (più di ogni altro gruppo vulnerabile come gli anziani) e molti di loro ne soffriranno le conseguenze a vita”.

Per l’UNICEF l’impoverimento dei bambini è generalizzato perché si è verificato nella metà dei quaranta Paesi analizzati, i più ricchi del mondo.

Nella negativa lista compaiono Islanda, Grecia, Lettonia, Estonia, Lituania, Croazia, Irlanda, Spagna, Italia, Francia come i Paesi dove è maggiormente aumentata la povertà infantile.

Islanda, Grecia, Lettonia, Croazia e Irlanda sono le nazioni dove questo indice è salito di più, tutte con aumenti maggiori del 10% e guidate dal 20,4% dell’Islanda. Seguono Lituania, Spagna, Lussemburgo, Italia.

Anche se talvolta i numeri tendono un po’ a confondere, è necessario citarli perché si comprenda che in questo mondo a causa dell’ingiusta globalizzazione neoliberista la grande maggioranza della popolazione risulta la più colpita, nonostante il fatto che viva in Paesi ricchi.

Osservate i numeri riportati dall’UNICEF: la Grecia appare come il Paese con il maggior tasso di povertà infantile con il 40,5%; seguita dalla Lettonia (38,2%), Spagna (36,3%), Israele (35,6%) e Messico (34,3%). Cifre simili si osservano nei giovani che non hanno possibilità di accesso allo studio o al lavoro, quelli che vengono chiamati internazionalmente “neet [in spagnolo “ninis”, n.d.t.].

Il rapporto annuale dell’istituzione Credit Suisse, denominato Global Wealth Databook sulla ricchezza mondiale, rivela quanto si stiano mettendo male le cose per la grande maggioranza della popolazione del pianeta.

L’1% più ricco del mondo, che era proprietario di poco meno di 100 miliardi di dollari nel 2011, ora possiede quasi 127 miliardi di dollari. Per ogni dollaro che possedevano solo tre anni fa, ora hanno un dollaro e un quarto, afferma Credit Suisse.

I fatti dimostrano che le misure di austerità implementate nelle nazioni del vecchio continente e anche negli Stati Uniti hanno danneggiato la popolazione più vulnerabile, bloccato le economie e in contrapposizione, elevato il capitale della minoranza ricca.

Per uscire da questo abisso sarà necessario e urgente adottare programmi sociali. Speriamo che i governi non rimangano sordi.

Traduzione per Senzasoste di Andrea Grillo, 15.11.2014

La foto in alto (bambini del South Yorkshire) è tratta dal sito dell'UNICEF

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