Rebelión
Se vi domandassero in quale Paese il
36,3% dei bambini è povero, sicuramente pensereste a qualche nazione
dell’Africa, America Latina o Asia.
Ma sbagliereste completamente perché
questa pessima situazione si verifica in Spagna, uno dei dieci Paesi con
il Prodotto Interno Lordo (PIL) più alto.
La Oxfam, un’Organizzazione non
governativa inglese, ha raccolto i recenti dati pubblicati dal Fondo
delle Nazioni Unite per l’Educazione e l’Infanzia (UNICEF) dove si
denuncia che il Paese iberico occupa il terzo posto in Europa tra le
nazioni più disuguali, superato solo dalla Grecia e dalla Lettonia.
Da quando nel 2008 è scoppiata la crisi
economica mondiale (iniziata negli Stati Uniti) i governi del Partito
Socialista Operaio Unificato (PSOE) prima, e del Partido Popular (PP)
dopo, hanno affondato la Spagna in una spirale economica discendente
imponendo forti misure di austerità.
In questo senso i più colpiti, secondo
la Oxfam, sono stati i minori poiché la percentuale di bambini poveri è
cresciuta in questi sei anni dal 23,2 al 36,3 %. Quando il PP arrivò al
potere nel 2011, la cifra era del 28,2%.
Il governo del PP, guidato da Mariano
Rajoy, ha approvato lo scorso ottobre una nuova riforma fiscale che,
secondo gli analisti, provocherà una disuguaglianza maggiore
dell’attuale nella quale il 10% più ricco della popolazione ha un
reddito superiore al 90% restante.
La ONG puntualizza che dei 46 milioni di
abitanti ce ne sono 11 milioni e 750 mila emarginati, con un alto tasso
di povertà infantile, disoccupazione giovanile e abbandono scolastico.
Il rapporto dell’UNICEF va più
direttamente a denunciare che con le politiche del PP, “in Spagna sono
stati ridotti i sussidi per la disoccupazione, per l’assistenza ai figli,
ed è stato eliminato l’assegno universale per nascita”.
Negli ultimi mesi si sono moltiplicate
in tutto il Paese le manifestazioni delle ONG raggruppate nell’Alleanza
Spagnola contro la Povertà per denunciare “la violazione dei diritti
umani e la minaccia alla democrazia” causate dalle riforme fiscali del
governo, con cui si diminuiscono le tasse ai più ricchi.
Ricordiamo che quando arrivò la crisi, a
metà del 2010, il governo di José Rodríguez Zapatero mise in atto tagli
sociali sotto la pressione dell’Unione Europea ed eliminò l’unico aiuto
che esisteva alle famiglie con figli, la legge sul contributo per
nascita o adozione, che era stata approvata nel 2007.
Inoltre fu ridotta da 500 a 291 euro il contributo per figlio a carico della Sicurezza sociale per i minori di 3 anni.
Le conseguenze non si sono fatte
attendere e oggi nella nazione iberica circa 3 milioni di bambini vivono
sotto la soglia della povertà.
Le famiglie spagnole hanno perso
l’equivalente di dieci anni di miglioramenti nelle loro entrate,
superati solo dalle famiglie greche, che hanno perso quattordici anni.
Ma il Fondo delle Nazioni Unite per
l’Educazione e l’Infanzia nel suo rapporto “I bambini della recessione:
l’impatto della crisi economica sul benessere infantile nei Paesi
ricchi”, non analizza solo la Spagna.
Assicura che “milioni di bambini hanno
sofferto gli effetti immediati e diretti della recessione (più di ogni
altro gruppo vulnerabile come gli anziani) e molti di loro ne
soffriranno le conseguenze a vita”.
Per l’UNICEF l’impoverimento dei bambini
è generalizzato perché si è verificato nella metà dei quaranta Paesi
analizzati, i più ricchi del mondo.
Nella negativa lista compaiono Islanda,
Grecia, Lettonia, Estonia, Lituania, Croazia, Irlanda, Spagna, Italia,
Francia come i Paesi dove è maggiormente aumentata la povertà infantile.
Islanda, Grecia, Lettonia, Croazia e
Irlanda sono le nazioni dove questo indice è salito di più, tutte con
aumenti maggiori del 10% e guidate dal 20,4% dell’Islanda. Seguono
Lituania, Spagna, Lussemburgo, Italia.
Anche se talvolta i numeri tendono un
po’ a confondere, è necessario citarli perché si comprenda che in questo
mondo a causa dell’ingiusta globalizzazione neoliberista la grande
maggioranza della popolazione risulta la più colpita, nonostante il
fatto che viva in Paesi ricchi.
Osservate i numeri riportati
dall’UNICEF: la Grecia appare come il Paese con il maggior tasso di
povertà infantile con il 40,5%; seguita dalla Lettonia (38,2%), Spagna
(36,3%), Israele (35,6%) e Messico (34,3%). Cifre simili si osservano
nei giovani che non hanno possibilità di accesso allo studio o al
lavoro, quelli che vengono chiamati internazionalmente “neet [in
spagnolo “ninis”, n.d.t.].
Il rapporto annuale dell’istituzione
Credit Suisse, denominato Global Wealth Databook sulla ricchezza
mondiale, rivela quanto si stiano mettendo male le cose per la grande
maggioranza della popolazione del pianeta.
L’1% più ricco del mondo, che era
proprietario di poco meno di 100 miliardi di dollari nel 2011, ora
possiede quasi 127 miliardi di dollari. Per ogni dollaro che possedevano
solo tre anni fa, ora hanno un dollaro e un quarto, afferma Credit
Suisse.
I fatti dimostrano che le misure di
austerità implementate nelle nazioni del vecchio continente e anche
negli Stati Uniti hanno danneggiato la popolazione più vulnerabile,
bloccato le economie e in contrapposizione, elevato il capitale della
minoranza ricca.
Per uscire da questo abisso sarà necessario e urgente adottare programmi sociali. Speriamo che i governi non rimangano sordi.
Traduzione per Senzasoste di Andrea Grillo, 15.11.2014
La foto in alto (bambini del South Yorkshire) è tratta dal sito dell'UNICEF
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