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18/05/2015

Yemen - Riyad riprende i bombardamento e decide il futuro del paese

Finita la tregua di 5 giorni, l’Arabia Saudita è tornata a bombardare le postazioni degli Houthi in Yemen, mentre i ribelli sciiti hanno ripreso a combattere contro le forze leali al presidente Abd Rabbo Mansour Hadi. Una tregua ufficialmente “umanitaria” che però ha perso l’occasione di diventare anche una tregua politica: a Riyadh è ripresa infatti la conferenza tra i partiti yemeniti, che vede assente una componente fondamentale del conflitto in atto: il movimento Houthi.

I presupposti lasciavano già intendere la vera natura dei colloqui “tra le parti”: non un dialogo per mettere fine alle ostilità e negoziare una soluzione politica alla crisi yemenita, bensì una farsa volta solo ad avallare ulteriormente le operazioni militari della coalizione anti-Houthi per schiacciare la ribellione sciita nel paese e ribadire la proprietà saudita sul suo vicino meridionale. Lo ha ripetuto chiaramente anche Abdulaziz al-Jaber, presidente del comitato organizzatore della conferenza: “Questo non è un tavolo di dialogo – aveva avvertito sabato scorso – ma una conferenza decisionale. Quello che avverrà a Riyadh è un annuncio di un accordo che sarà vincolante per tutte le parti presenti a Riyadh”.

Il movimento Houthi, infatti, aveva avvertito mesi fa che non avrebbe mai partecipato a un summit a Riyadh, che si sarebbe dovuto tenere piuttosto in Yemen. Ma il presidente Hadi, forte del sostegno saudita e accolto dalla monarchia wahhabita dopo che gli Houthi avevano colpito il suo compound di Aden, eletta dal suo governo “capitale ad interim“, aveva deliberatamente deciso che una fazione del conflitto non avrebbe preso parte ai colloqui. Neanche i delegati del Congresso Generale del Popolo, il partito di Saleh, avranno un peso nel summit di tre giorni nella capitale saudita, sebbene alleati degli Houthi: “Non tratteremo con Saleh – ha aggiunto al-Jaber – né con altri personaggi colpiti da sanzioni internazionali”.

Dalla conferenza ci si aspetta quindi una risoluzione che autorizzi la coalizione, capitanata dall’Arabia Saudita, ad aumentare la portata delle operazioni militari fino a distruggere gli Houthi. E mentre il nuovo inviato dell’Onu Ismail Ould Cheikh Ahmed chiedeva a gran voce un estensione del cessate il fuoco umanitario, Riyadh ricominciava a scaricare bombe sulle postazioni controllate dagli Houthi, tra cui il palazzo presidenziale di Sanaa occupato dal movimento sciita nel gennaio scorso e le basi dell’esercito dei fedeli dell’ex presidente Saleh. Nelle zone meridionali del paese, invece, gli Houthi si stanno scontrando con il fronte pro-Hadi, costituito da parte dell’esercito, milizie tribali sunnite e combattenti del movimento indipendentista del sud.

Le stime dell’Onu parlano di circa 1.600 morti dall’inizio dell’offensiva militare della coalizione anti-Houthi, iniziata il 26 marzo, mentre sarebbero oltre 300 mila gli sfollati. Gli aiuti umanitari sono stati distribuiti a diversi centri sanitari nei giorni scorsi ma, come denunciano le autorità di Aden, nelle zone sud-occidentali del paese l’assistenza è molto più lenta a causa dei combattimenti in corso: secondo Al-Khader Laswar, responsabile sanitario delle strutture di Aden, ci sarebbero oltre 3 mila persone bisognose di cure, ma la maggior parte degli ospedali in città non funziona e molti dottori sono scappati.

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