Il 5 marzo 2013 moriva un uomo che insieme alla caparbietà del suo popolo ha cercato di rilanciare il Venezuela e tutto il continente latiamericano cercando di liberarlo dal giogo coloniale degli Stati Uniti. Dalla dottrina Monroe del 1823 l'America Latina è sempre stata considerata "il giardino di casa" degli Stati Uniti. Chavez è andato al potere sotto la spinta popolare di un paese logorato dalla violenza e dalla corruzione legata al petrolio i cui proventi ingrassavano tutti eccetto le masse. Chavez quei soldi li ha reinvestiti in welafare, salari e pensioni minime, presidi sanitari nelle favelas e nella guerra all'analfabetismo. Ma il bolivarismo chavista è stato soprattutto un modello e una spinta per tutto il continente. E dopo la vittoria di Chavez in tutto il sud America è cresciuta la voglia di socialismo, anche se con alterne fortune. Ma Chavez è stato colui che ha lanciato una lotta collettiva contro i trattati di libero mercato con gli Usa, promuovendo un trattato di integrazione economica e politica, ALBA, che non rendesse il continente latinoamericano schiavo del liberismo e del controllo nordamericano.
Oggi a 3 anni dalla sua morte il Venezuela è un paese sull'orlo di una guerra civile e in una tremenda crisi economica. Fatti che portano i suoi storici nemici (la borghesia venezuelana, parti dell'esercito e tutto l'apparato golpista indegno di ogni paese latinoamericano) ad attaccare gli anni del suo governo e la sua figura. Tutti sanno benissimo che il Venezuela è dipendente dall'economia petrolifera e paga a caro prezzo questa dipendenza. Il livello di spesa pubblica raggiunto nel decennio scorso, con il petrolio a 100 dollari il barile e con la guerra in Iraq in atto, è poco sostenibile adesso con il prezzo del barile a 30 dollari e l'inflazione sta mangiando le tante conquiste popolari anche in termini di potere di acquisto e servizi. Rimane il fatto che nel quindicennio chavista, per la prima volta, le ricchezze sono state redistribuite e l'analfabetismo è stato quasi sconfitto (meno la violenza). Una cosa è certa, se nel quindicennio scorso avesse governato la borghesia golpista e filoamericana ora saremmo a parlare ugualmente di crisi ma con 15 anni di redistribuzione di ricchezze in meno e meno diritti e forza da contrattare da parte del popolo. Chavez, al di là di quello che possa pensare un elettore medio del Pd, ha vinto circa 20 appuntamenti elettorali fra amministrative, politiche e referendum. Tutte certificate dagli organismi internazionali che certamente non sono amici del bolivarismo e del chavismo. Ora in Venezuela può accadere di tutto e forse Maduro, il suo successore eletto, perderà le presidenziali. Ma una cosa è certa come anche lui ha ribadito: il Venezuela in questo ultimo ventennio ha consolidato le proprie basi popolari e democratiche. Alla faccia di chi si intascava, nel paese e all'estero, i soldi del petrolio venezuelano. Chavez siempre. Avanzar.
5 marzo 2016
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