di Thierry Meyssan*
Nel firmare un accordo – peraltro illegale nel diritto internazionale – con la Turchia per rallentare l’afflusso di migranti, i leader dell’Unione europea si sono impegnati più a fondo in un patto con il diavolo. Il Consiglio europeo del 17 e 18 marzo 2016 ha adottato un piano per risolvere il problema sollevato dal massiccio afflusso di migranti provenienti dalla Turchia. I 28 capi di Stato e di governo si sono assoggettati a tutte le richieste di Ankara.
Abbiamo già analizzato il modo in cui gli Stati Uniti intendevano utilizzare gli eventi del Vicino Oriente per indebolire l’Unione europea. All’inizio dell’attuale crisi dei “rifugiati”, siamo stati i primi ad osservare tanto il fatto che questo evento era stato deliberatamente provocato quanto i problemi insolubili che stava per porre. Purtroppo, tutte le nostre analisi si sono verificate e le nostre posizioni sono state, in seguito, ampiamente adottate dai nostri detrattori di allora.
Andando oltre tutto questo, vogliamo studiare il modo in cui la Turchia ha preso in mano il gioco e la cecità dell’Unione europea che continua a stare sempre un passo indietro rispetto agli avvenimenti.
Il gioco di Recep Tayyip Erdoğan
Il presidente Erdoğan non è un uomo politico come gli altri. E nemmeno sembra che gli europei, né i popoli né i loro capi, ne abbiano preso consapevolezza. Il presidente Erdoğan è l’unico capo di stato in tutto il mondo a rivendicare un’ideologia della supremazia etnica, perfettamente paragonabile all’ideologia nazista della razza ariana. È anche l’unico capo di Stato al mondo a negare i crimini della sua storia, tra cui l’uccisione dei non-musulmani da parte del sultano Abdulhamid II (i massacri hamidiani del 1894-1895: almeno 80.000 cristiani uccisi e 100.000 cristiani incorporati con la forza negli harem), poi dai Giovani Turchi (genocidio degli armeni, degli assiri, dei caldei, dei siriaci, dei greci del Ponto e degli yazidi dal 1915 al 1923: almeno 1.200.000 di morti): un genocidio che venne eseguito con l’ausilio di ufficiali tedeschi, tra cui Rudolf Höss, futuro direttore del campo di Auschwitz.
Nel celebrare il 70 ° anniversario della liberazione dall’incubo nazista, il presidente Vladimir Putin ha osservato che «le idee di supremazia razziale e di esclusività hanno provocato la guerra più sanguinosa della storia» [6]. Poi, nel corso di una marcia — e senza nominare la Turchia — ha invitato tutti i russi a essere pronti a rinnovare il sacrificio dei loro nonni, se necessario, per salvare il principio stesso di uguaglianza tra gli esseri umani.
In primo luogo, è stato originato dalla Millî Görüş, un movimento islamico panturchista legato ai Fratelli Musulmani dell’Egitto e favorevole alla restaurazione del Califfato [4]. Secondo lui — come d’altronde i suoi alleati del Milliyetçi Hareket Partisi (MHP) — i turchi sono i discendenti degli Unni di Attila, anche loro figli del lupo delle steppe dell’Asia centrale, di cui condividevano la resistenza e l’insensibilità. Formano una razza superiore destinata a governare il mondo. La loro anima è l’Islam.
In secondo luogo, Erdoğan, che è sostenuto appena da un terzo della sua popolazione, governa da solo il suo paese con la forza. È impossibile sapere cosa pensi esattamente il popolo turco, dal momento che la pubblicazione di qualsiasi informazione che metta in discussione la legittimità del presidente Erdoğan è ormai considerata come una violazione della sicurezza dello Stato e porta subito in galera. Tuttavia, se ci si riferisce ai più recenti studi pubblicati nel mese di ottobre 2015, meno di un terzo dell’elettorato lo sostiene. È una quota assai inferiore rispetto ai nazisti nel 1933, che disponevano allora del 43% dei voti. Ragion per cui, Erdoğan non ha potuto vincere le elezioni parlamentari se non truccandole grossolanamente.
Tra le altre cose, i media dell’opposizione sono stati imbavagliati: i maggiori quotidiani Hürriyet e Sabah così come la televisione ATV sono stati attaccati dagli squadristi del partito al potere; le indagini hanno preso di mira i giornalisti e gli organi di informazione accusati di sostenere il “terrorismo” o di aver fatto osservazioni diffamatorie contro il presidente Erdoğan; diversi siti web sono stati bloccati; i fornitori di servizi digitali hanno rimosso dalle loro piattaforme i canali televisivi di opposizione; tre dei cinque canali televisivi nazionali, compresa l’emittente pubblica, sono stati, nei loro programmi, chiaramente favorevoli al partito al potere; altri canali televisivi nazionali, Bugün TV e Kanaltürk, sono stati chiusi dalla polizia.
Uno Stato straniero, l’Arabia Saudita, ha versato 7 miliardi di lire turche in “doni” volti a “convincere” gli elettori a sostenere il presidente Erdoğan (pari a circa 2 miliardi di euro).
128 sezioni politiche del Partito della Sinistra (HDP) sono state attaccate da squadristi del partito del presidente Erdoğan. Molti candidati e i loro staff sono stati bastonati selvaggiamente. Più di 300 negozi curdi sono stati saccheggiati. Decine di candidati dell’HDP sono stati arrestati e detenuti in custodia cautelare durante la campagna elettorale.
Oltre 2.000 oppositori sono stati uccisi durante la campagna elettorale, o tramite attentati o a causa della repressione del governo che ha preso di mira il PKK. Diversi villaggi del sud-est del paese sono stati parzialmente distrutti dai carri armati dell’esercito.
Dal momento della sua “elezione”, una cappa di silenzio incombe sul paese. È diventato impossibile informarsi sulla situazione della Turchia attraverso la sua stampa nazionale. Il principale quotidiano di opposizione, Zaman, è stato posto sotto tutela e si limita ormai a incensare la grandezza del “sultano” Erdoğan. La guerra civile, che già imperversa nella parte orientale del paese, si estende con attentati da Ankara e Istanbul, nella totale indifferenza degli europei.
Erdoğan governa quasi da solo, circondato da un piccolo gruppo, tra cui il Primo Ministro Ahmet Davutoğlu. Ha dichiarato pubblicamente durante la campagna elettorale che non applicava più la Costituzione e che tutti i poteri gli erano ormai ricondotti. Il 14 marzo 2016, il presidente Erdoğan ha dichiarato che di fronte ai curdi «La democrazia, la libertà e lo stato di diritto non hanno più alcun valore». Ha annunciato la sua intenzione di ampliare la definizione legale di «terroristi» per includere tutti coloro che sono «nemici dei turchi» ovverosia, i turchi e i non-turchi che si oppongano alla loro supremazia.
Per mezzo miliardo di euro, Recep Tayyip Erdoğan si è fatto costruire il più grande palazzo mai occupato da un capo di Stato nella storia del mondo. Il “palazzo bianco”, con riferimento al colore del suo partito, l’AKP, si estende su 200.000 metri quadrati e comprende ogni sorta di servizi, tra cui alcuni bunker con dispositivi di sicurezza ultra-moderni collegati a sistemi satellitari.
In terzo luogo, il Presidente Erdoğan ha usato i poteri che si è attribuito in modo incostituzionale per trasformare lo Stato turco nello sponsor del jihadismo internazionale. Nel dicembre 2015, la polizia e la Giustizia turca erano stati in grado di ricostruire i legami personali di Erdoğan e di suo figlio Bilal con Yasin al-Qadi, il banchiere globale di Al-Qa’ida. Ha quindi rimosso gli ufficiali e i magistrati che hanno osato «ledere gli interessi della Turchia» (sic), mentre Yasin al-Qadi e lo Stato intentava un processo a carico del quotidiano di sinistra BirGün per aver ripreso il mio editoriale intitolato “Al-Qa’ida, eterno complemento della NATO”.
Lo scorso febbraio, la Federazione russa ha presentato un rapporto di intelligence al Consiglio di sicurezza dell’ONU che attesta il sostegno dello Stato turco in favore del jihadismo internazionale, in violazione di numerose risoluzioni [8]. Ho pubblicato uno studio dettagliato su queste accuse, immediatamente censurato in Turchia.
La risposta dell’Unione Europea
L’Unione europea aveva inviato una delegazione per monitorare le elezioni parlamentari del novembre 2015. Ha ritardato a lungo la pubblicazione della sua relazione, e ha deciso di pubblicarne una breve versione edulcorata.
In preda al panico per via delle reazioni delle proprie popolazioni che reagiscono duramente al massiccio afflusso di migranti – e, per i tedeschi, all’abolizione del salario minimo che ne è risultata – i 28 capi di Stato e di governo dell’Unione hanno messo a punto con la Turchia una procedura affinché essa risolva i loro problemi. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha subito notato che la soluzione scelta viola il diritto internazionale, ma – posto che le cose possano essere migliorate – non sta in questo il problema principale.
L’Unione si è impegnata a:
– versare 3 miliardi di euro all’anno alla Turchia per aiutarla a rispettare i suoi obblighi, ma senza meccanismi di verifica sull’uso di tali fondi;
– mettere fine all’obbligo di visto per i turchi che entrano nell’Unione: cosa che risulta solo una questione di pochi mesi o addirittura di settimane;
– accelerare i negoziati di adesione della Turchia all’Unione: cosa che, per contro, risulterà assai più lunga e aleatoria.
In altre parole, accecati dalla recente sconfitta elettorale di Angela Merkel, i dirigenti europei si sono accontentati di trovare una soluzione provvisoria per rallentare il flusso di migranti, senza cercare di risolvere il problema e senza tener conto dell’infiltrazione di jihadisti in mezzo a questo flusso. Che cosa abbiamo combinato?
Il precedente di Monaco
Negli anni ’30, le élite europee e statunitensi consideravano che l’URSS, per via del suo modello, minacciasse i loro interessi di classe. Così hanno sostenuto collettivamente il progetto nazista mirante alla colonizzazione dell’Europa orientale e alla distruzione dei popoli slavi. Nonostante i ripetuti appelli di Mosca affinché si creasse un’ampia alleanza contro il nazismo, i leader europei accettarono tutte le rivendicazioni del cancelliere Hitler, compresa l’annessione di aree popolate dei Sudeti. Furono gli accordi di Monaco di Baviera (1938), che portarono l’URSS al “si salvi chi può” e a concludere da parte sua il patto germano-sovietico (il c.d. patto Ribbentrop-Molotov del 1939). Fu solo quand’era troppo tardi, che alcuni leader europei, e poi statunitensi, si accorsero del loro errore e decisero di allearsi con Mosca contro i nazisti.
Sotto i nostri occhi, gli stessi errori si ripetono. Le élites europee considerano la Repubblica siriana come un avversario, sia difendendo il punto di vista coloniale di Israele, sia sperando di ri-colonizzare essi stessi il Levante e di impadronirsi delle sue enormi riserve di gas ancora non sfruttate. Esse hanno dunque sostenuto l’operazione segreta statunitense volta al “cambio di regime” e hanno fatto finta di credere alla favola della “primavera araba”. Dopo cinque anni di guerra per procura, poiché hanno constatato che il presidente Bashar al-Assad è ancora lì benché si siano annunciate mille volte le sue dimissioni, gli europei hanno deciso di finanziare fino a 3 miliardi di euro all’anno il sostegno turco ai jihadisti. Tutto questo, secondo la loro logica, dovrebbe consentire loro la vittoria e quindi mettere fine alle migrazioni. Non tarderanno ad accorgersi, ma comunque troppo tardi, che con l’abrogazione dei visti per gli espatriati turchi, hanno autorizzato la libera circolazione tra i campi di al-Qa’ida in Turchia e Bruxelles.
Il confronto con la fine degli anni ’30 è particolarmente appropriato perché in occasione degli accordi di Monaco il Reich nazista aveva già annesso l’Austria senza provocare reazioni notevoli degli altri Stati europei. Ebbene, oggi la Turchia occupa già il nord-est di uno Stato membro dell’Unione europea, Cipro, e una striscia di pochi chilometri di profondità in Siria è amministrata da un wali (prefetto) nominato allo scopo. Non solo l’Unione europea si accomoda, ma – per via del suo atteggiamento – incoraggia Ankara a continuare le sue annessioni in violazione del diritto internazionale. La logica comune del cancelliere Hitler e del presidente Erdoğan si basa sulla unificazione della “razza” e l’epurazione della popolazione. Il primo intendeva unire le popolazioni di “razza tedesca” ed epurarle degli elementi “stranieri” (gli Ebrei e i Rom), il secondo vuole unire le popolazioni di “razza turca” ed epurarle degli elementi “stranieri” (i Curdi e i Cristiani).
Nel 1938, le élites europee credevano nell’amicizia del cancelliere Hitler, oggi in quella del presidente Erdoğan.
(Traduzione Matzu Yagi)
*Intellettuale francese, presidente-fondatore del Rete Voltaire e della conferenza Axis for Peace
Questo articolo è stato pubblicato in origine da Voltairenet.org e da Megachip Globalist Italia
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