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22/03/2016

Russia: l’ucraina Nadezda Savchenko condannata a 22 anni

Il verdetto con la condanna di Nadežda Savčenko era atteso al tribunale di Donetsk (regione di Rostov sul Don) per la prima mattinata; tra intervalli, rinvii, canzoni ucraine intonate in aula dall’accusata, è stato annunciato solo nel primo pomeriggio. Interfax ne ha dato notizia alle 14,47 ora italiana. I giudici hanno stabilito che Nadežda Savčenko “non può essere rieducata senza che la si isoli dalla società” e l’hanno condannata a 22 anni di colonia a regime ordinario per concorso in omicidio e al pagamento di una multa per ingresso illegale in Russia.

Savčenko era stata ieri riconosciuta colpevole dei delitti per cui era sotto processo e oggi si attendeva la condanna. Questo, non aveva minimamente impedito ai suoi “compagni d’arme”, già ieri, di tornare a mietere vittime nel Donbass, nel crescendo di attacchi delle ultime settimane. Tre miliziani della Repubblica popolare di Donetsk erano rimasti uccisi nel corso di bombardamenti ucraini con l’utilizzo di mortai da 82 e 120 mm; altri cinque erano rimasti feriti, insieme a due civili. Secondo il vice comandante di corpo della DNR, Eduard Basurin, nella scorsa settimana le forze ucraine hanno esploso oltre mille proiettili di mortaio da 120 mm; 400 da 82 mm, oltre a diverse decine di salve dai carri armati. Tra i centri maggiormente colpiti: Zajtsevo, Spartak, Staromikhajlovka, Kominternovo, Jasinovataja, l’area dell’aeroporto e il rione Petrovskij di Donetsk stessa.

Ma, ovviamente, la trepidazione dei media “democratici” occidentali non è più, da tempo (se mai lo è stata) per le vittime della guerra scatenata da Kiev contro la popolazione del Donbass, ma era ed è tutta per le sorti giudiziarie di una delle “eroine” di quel massacro,  Nadežda Savčenko. E anche in Russia non manca chi manifesta apprensione per colei che ben 35 (trentacinque) ucraini vorrebbero candidare al Nobel per la pace. L’attesa del verdetto teneva da settimane in apprensione l’anima liberal dei difensori dei “diritti umani”. E alla fine la sentenza è arrivata.

Data la grande risonanza del processo, nell’area adiacente il tribunale da tempo erano state rafforzate le misure di sicurezza. Oggi erano state completamente bloccate parte delle strade circostanti; i visitatori venivano accuratamente perquisiti due volte: nelle vicinanze del tribunale e poi all’ingresso dell’edificio. Insieme alle unità cinofile, il cordone di sicurezza era assicurato da diverse centinaia di poliziotti, reparti speciali del Servizio federale di polizia giudiziaria e pattuglie di cosacchi.

Stamani, intorno all’edificio, alcune decine di attivisti hanno organizzato picchetti, con striscioni in cui si chiedeva la condanna di Savčenko e con foto dei giornalisti russi Igor Korneljuk e Anton Vološin, rimasti uccisi, secondo l’accusa, dai colpi di obice D-30 esplosi contro il posto di blocco di Stukalova Balka (un piccolo villaggio tra Sčaste e Slavjanoserbsk, nella provincia di Lugansk) seguendo le indicazioni di tiro fornite dall’aviatrice, appostata su un ripetitore televisivo a 40 metri da terra.

Già ieri, dopo la lettura della sentenza che riconosceva Savčenko colpevole dei delitti di concorso in omicidio e ingresso illegale in Russia, la presidente della Commissione della Duma per la sicurezza e la lotta alla corruzione, Irina Jarovaja, aveva criticato la reazione delle frazioni parlamentari “democratiche” Parnas e Jabloko alla sentenza. Secondo Jarovaja, scriveva ieri la Tass, “l’opposizione è addolorata per la sorte di una persona accusata dell’uccisione di giornalisti russi, mentre i cittadini russi lo sono per la perdita irreparabile di nostri ragazzi, ammazzati per il solo fatto di dire al mondo, onestamente e in modo imparziale, la verità sul massacro dei civili del Donbass. Per Parnas e Jabloko” aveva aggiunto Jarovaja “anche il dolore è in opposizione ai sentimenti del nostro popolo”. Jarovaja ha stigmatizzato i parlamentari liberali, ricordando il loro recente convegno a Vilnius: “Tutti i dolori e le gioie dell’opposizione”, aveva detto la presidente della Commissione sicurezza “sembrano dipendere dalle parcelle dei loro sponsor che, come accaduto di recente, organizzano seminari in hotel stranieri con argomenti di odio cocente verso il nostro paese”. Una decina di giorni fa, infatti, alcuni dei più fervidi paladini del liberalismo russo, a partire dall’ex campione di scacchi Garri Kasparov e l’ex vice primo ministro Alfred Kokh, si erano autoesiliati in Lituania per il forum su “La Russia dopo Putin”. Tra gli slogan banderisti “Gloria all’Ucraina” e “gloria agli eroi ucraini”, a Vilnius era risuonato anche l’appello ai “leader democratici” europei e del mondo intero, in difesa “della salute e della vita” di Nadežda Savčenko.

Che, per parte sua, lungi dal ricoprire quel ruolo hollywoodiano da spassionata “top gun” assegnatole dagli italici media liberali, è stata qualificata dal giudice Leonid Stepanenko come un’aviatrice-correttore di tiro “eminenza grigia” del battaglione neonazista “Ajdar”. La novella Jeanne d’Arc ucraina non era infatti, secondo i giudici, una semplice componente di Ajdar, ma vi rivestiva un ruolo direttivo; ed essi, come scrive Interfax, non hanno ritenuto di dover recedere dal corso processuale, per il solo status della Savčenko di delegata all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Il tribunale ha anche rigettato quanto finora sempre sostenuto da Savčenko, secondo cui sarebbe stata catturata da ex militari ucraini e condotta in Russia a bordo di un’auto. I giudici affermano che, sulla base anche di testimonianze oculari, lei stessa avrebbe attraversato di nascosto la frontiera per introdursi in Russia. Respinte inoltre sia le prove a discolpa presentate dalla sorella di Nadežda Savčenko, giudicate non fondate, sia la richiesta della difesa di nuove perizie sui tabulati del cellulare dell’accusata, da effettuarsi in Ucraina.

Dal momento che Savčenko ha sempre affermato di non voler ricorrere in appello, qualunque fosse la sentenza, il suo avvocato, Mark Fejgin, già ieri aveva dichiarato si rivolgerà al dipartimento per la detenzione arbitraria e al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla difesa dei diritti umani. “Il rigetto del ricorso”, ha detto Fejgin, “chiude la possibilità di un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Nonostante il mio disaccordo con Nadia su questo tema, mi sono premunito e ho avviato una serie di procedure internazionali per la sua liberazione. E’ una sua decisione”, ha aggiunto “perché pensa che il rifiuto del ricorso accelererà il processo negoziale e la sua consegna all’Ucraina”. In effetti, già ieri, il Consigliere presidenziale russo per i diritti umani, Mikhail Fedotov, aveva dichiarato che l’emissione del verdetto, se non ci sarà appello, potrebbe dare avvio allo scambio di Savčenko coi cittadini russi detenuti in Ucraina, Aleksandr Aleksandrov e Evgenij Erofeev.

In occasione del verdetto contro Nadežda Savčenko, mentre si attende l’annunciata dichiarazione del presidente Petro Porošenko, il Consigliere comunale di “Svoboda” a Kiev, Jurij Sirotjuk, ha proposto di limitare l’uso di lingue straniere, in primo luogo il russo, non solo negli uffici della capitale (o negli istituti scolastici, dove ne è già proibito l’insegnamento) ma anche nei negozi, teatri, ristoranti e altri luoghi pubblici. La proposta, dal sapore squisitamente “democratico”, è stata presentata come una risoluzione ancor più liberal denominata “Sul superamento delle conseguenze dell’occupazione sovietica nella sfera linguistica”.

Il portale cont.ws, ricordando che, purtroppo per Sirotjuk, moltissimi funzionari pubblici conoscono solo il russo, ha commentato simile perla e, in generale, lo stile dell’attuale élite Ucraina, con le parole del sociologo francese Émile Durkheim “L’idiozia preserva dal suicidio”.

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