Il fragore della prima esplosione all’aeroporto di Bruxelles non era ancora terminato, e già i politici di tutta Europa chiedevano a gran voce
più sicurezza, più espulsioni, più controlli e una maggiore incisività
nella lotta allo Stato islamico. Ma Bruxelles era già la capitale più
militarizzata d’Europa, quella dove in questi quattro mesi erano stati
compiuti più blitz, più perquisizioni, più arresti. I servizi segreti di
tutta Europa non hanno impedito a Salah Abdeslam, il terrorista
ricercato per gli attentati di Parigi, di continuare a vivere non solo a
Bruxelles, ma persino nel suo quartiere di Molenbeek, da dove venivano
per giunta altri protagonisti degli attentati di novembre. Così come non
hanno impedito gli attentati di ieri mattina, nella città più controllata d’Occidente.
Reclamano a gran voce espulsioni di massa, i politici europei, ma gli
attentatori – tutti – erano cittadini europei, migranti di seconda o
addirittura di terza generazione. Europei loro ed europei i genitori,
con buona pace di chi crede nei terroristi venuti coi barconi dei
migranti. Reclamano a gran voce, i politici europei, di rompere gli
indugi, di dichiarare finalmente “guerra all’Isis”, ma noi siamo già in
guerra contro lo Stato islamico. Siamo in guerra in Siria, dove una coalizione di 22 paesi già bombarda quotidianamente lo Stato islamico; siamo in guerra in Libia, dove all’oscuro del parlamento e dell’opinione pubblica, già bombardiamo l’Isis locale.
La soluzione non passa allora per fantomatiche strette repressive in
grado solo di esasperare società già completamente ingestibili e di
fatto ingovernabili. A Renzi è inavvertitamente sfuggita una mezza
verità: “i killer sono dentro le città; i killer si nascondono nelle
periferie”. Ha centrato involontariamente il punto: il problema sono le
periferie. A Roma, per esempio: la città vivibile, quella destinata ai
flussi del turismo ricco internazionale, quella investita dal ritorno
economico generato da turismo e attività produttive, la città vetrina,
misura 19 km quadrati su 1285 (Parigi, per dire, misura 105 kmq, New
York 785 kmq) e ha una popolazione di 195.000 persone su quasi tre milioni
(censiti, mentre gli abitanti reali sono, come noto, quasi il doppio).
Il resto della città è abbandonato a se stesso, esiste unicamente in
funzione di contenitore di mano d’opera che ogni mattina si riversa nel
centro cittadino svuotandolo la sera. Una città impoverita, degradata,
dove non è pensabile alcun modello di sviluppo sostenibile. Dove si
sedimenta il risentimento popolare verso le politiche occidentali, tanto
quelle imperialiste all’estero quanto quelle liberiste al proprio
interno. Sterminati territori metropolitani divengono così contenitori
d’odio, di un odio legittimo, che travalica le frontiere e le etnie, un
odio tutto interno alle società occidentali. E’ per questo che Bruxelles
è un film già visto in attesa del prossimo capitolo, in società sempre
più insicure e sempre più represse.
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