di Michele Giorgio – Il Manifesto
«Il tentativo del
primo ministro Netanyahu di chiudere la nostra organizzazione e di
colpire soldati e combattenti che si oppongono all’occupazione (dei
Territori palestinesi, ndr) deve preoccupare tutti coloro che guardano
al futuro dello Stato di Israele». Non si è fatta attendere la replica
di Breaking the Silence (BtS) all’avvertimento lanciato dal premier che,
dopo un servizio televisivo trasmesso giovedì sera, aveva dichiarato
che l’Ong che raccoglie le testimonianze di militari che «rompono il
silenzio» su ciò che subiscono i palestinesi sotto occupazione, aveva
passato un’altra «linea rossa».
L’anno scorso BtS ha pubblicato un rapporto con decine di
testimonianze sulle azioni delle forze armate israeliane durante
l’offensiva “Margine Protettivo” del 2014 a Gaza, in cui sono rimasti
uccisi oltre 2.200 palestinesi. «Le accuse di spionaggio che ci sono
state rivolte sono assurde perché tutte le nostre pubblicazioni sono
sottoposte preventivamente alla censura militare», ha aggiunto Yuli
Novack, presidente di BtS.
L’accusa di «spionaggio» nasce da un servizio mandato in onda
da Canale 2 e costruito in gran parte con le immagini registrate in
segreto da attivisti di Ad Kan, un gruppo nazionalista che si è dato il
compito di «smascherare» presunte «attività illecite» della sinistra.
Attività finalizzate, sostiene il gruppo, a passare informazioni
all’estero poi utilizzate per mettere sotto accusa Israele.
Il servizio mostra una infiltrata di Ad Kan che risponde a domande di
un membro di Breaking the Silence che sembrano toccare aspetti
operativi delle forze armate a ridosso di Gaza e in Cisgiordania. In
un’altra registrazione, una attivista di BtS racconta di aver fatto il
possibile per farsi assegnare, durante il servizio di leva, alla
Amministrazione Civile (che per conto dell’Esercito “governa” i civili
palestinesi nella zona C della Cisgiordania) in modo da conoscere meglio
le politiche attuate dai comandi militari israeliani nei Territori
occupati.
Per diversi esponenti del governo e della Knesset, quelle
registrazioni dimostrerebbero il tentativo di ottenere informazioni
riservate o segrete. E il ministro della difesa Moshe Yaalon ha ordinato
l’avvio di indagini. «Coloro che raccolgono informazioni di
questo tipo intendono danneggiare il proprio Stato con mezzi illegali,
in un modo che ricorda lo spionaggio. L’affermazione secondo la quale
quelle informazioni servirebbero a tutelare i diritti umani è una
bugia», ha protestato la ministra della giustizia Ayelet Shaked, figura
di spicco del partito ultranazionalista Casa Ebraica.
Parole dure sono arrivate anche da Itzik Shmuli e Eitan Cabel, due
deputati laburisti, mentre l’ex ministro Yair Lapid (centrista) ha
accusato l’Ong «di provocare gravi danni al Paese, dentro e fuori». L’agenzia
stampa dei coloni, Arutz 7, ha dato ampio risalto all’accaduto e ha
colto l’occasione per attaccare il New Israel Fund – un fondo che
assiste le Ong che operano nel campo dei diritti umani e del progresso
sociale – “colpevole” di aver donato a Breaking the Silence tra il 2008 e il 2014, 699mila dollari.
Arutz 7 invece ha taciuto sui finanziamenti al gruppo di
“intelligence” Ad Kan che, secondo l’inchiesta svolta nei mesi scorsi
dal sito d’informazione Walla, sarebbe finanziato proprio dai coloni,
forse con fondi pubblici. A inizio anno, sempre grazie ad infiltrati, Ad
Kan aveva registrato le dichiarazioni fatte da un noto attivista della
sinistra israeliana, Ezra Nawi, dell’associazione Tayyush che segue le
attività di colonizzazione in particolare nel sud della Cisgiordania.
Sulla base di quelle registrazioni, mandate in onda sempre da Canale 2,
Ezra Nawi e un altro attivista di Tayyush furono arrestati con l’accusa
di aver passato informazioni all’Autorità Nazionale di Abu Mazen sulla
vendita di terreni arabi ai coloni, mettendo a rischio la vita dei
palestinesi disposti a cedere le loro proprietà agli israeliani. La
vicenda fece scalpore, per giorni i media israeliani non parlarono
d’altro. I due arrestati però furono scarcerati poco dopo perchè non
avevano commesso alcun reato.
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