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23/03/2016

Strage Bruxelles: quasi non fa più notizia. E’ solo la riprova degli errori che ci stanno portando alla sconfitta

E’ orribile dirlo, ma ormai gli attentati con qualche decina di morti, quasi non fanno più notizia se avvengono in Europa, mentre non fanno per nulla notizia se avvengono in Turchia, Libia, Indonesia, Mali: quelli sono sotto-uomini e non meritano l’aristocratica attenzione dei media europei ed americani; fa più notizia una partita di calcio. Ma anche qui in Europa, ormai ci stiamo assuefacendo nonostante i media ci scarichino addosso valanghe di carta stampata e speciali televisivi.

E questo è decisamente peggio: serve solo a farci misurare la nostra impotenza di fronte al fenomeno con il quale, ormai, ci stiamo acconciando a convivere. In altri tempi, per un episodio del genere, sarebbero saltate teste in serie nell’intelligence e nella polizia. Qui invece non succede niente: già dopo l’11 settembre negli Usa tutti restarono al loro posto e così a Madrid nel marzo 2004 ed a Londra nel luglio 2005. Il colmo è stato il caso francese: a distanza di 11 mesi si ripetono due episodi della gravità di Charlie Hebdo e del Bataclan ed il Presidente non convoca i capi dell’intelligence per ruzzolarli dalle scale a pedate, ma si affida loro per il prosieguo, mentre inizia a blaterare frasi senza senso del tipo “siamo in guerra”.

Anche questa, diciamocelo, era una strage annunciata: venerdì era stato arrestato Salah, uno del commando della strage del 13 novembre, fra le proteste della gente del quartiere che lo difendeva. Già questo doveva mettere tutti in allarme: per di più il giovanotto si è dimostrato di stoffa molto diversa dei suoi amici che si fanno saltare in aria (e, infatti, lui si è guardato bene dal farlo) e si è dichiarato immediatamente disponibile a collaborare pur di non essere estradato in Francia. A quel punto, una reazione islamista diventava più che probabile: sia per colpire chi ha condotto l’arresto, sia come avvertimento al giovanotto che deve pensare che un attentato suicida può anche avvenire nelle carceri o in tribunale e, comunque, è piatto che va bene anche freddo. Nonostante l’evidenza del pericolo si è aspettato l’attentato per far scattare l’emergenza. Questa storia di Bruxelles è l’ennesima riprova dell’incredibile serie di errori che stiamo inanellando da 25 anni e che ci porteranno alla sconfitta contro gli Jhiadisti.

In primo luogo è il sintomo di una perfetta incapacità previsionale lo stesso fatto che esista un quartiere come Molenbeek (ed altrettanto potremmo dire di “Londonistan”): va benissimo accogliere gli immigrati islamici, ma è una bestialità concentrarli, assicurando così agli Jhiadiisti il controllo su tutti. Un minimo di razionalità dovrebbe indurre a governare questi flussi distribuendoli sul territorio. Vi ricordate come è andata negli Usa un secolo fa? Se non ci fosse stato l’aggregato di Little Italy ci sarebbe stata Cosa Nostra? In ogni caso, se un simile aggregato si forma, sarebbe doveroso che fosse adeguatamente presidiato con telecamere, informatori, posti di polizia ecc. Diversamente, succede quello che è successo: che quel rione diventa il quartier generale della Jihad in Europa, la retrovia dove si progettano ed organizzano stragi come quelle parigine. E, fossi nei panni delle autorità belghe, mi darei da fare per smantellare Molenbeek nel minor tempo possibile, pur avendo cura di non fare un pogrom contro i tanti islamici che non c’entrano nulla e si trovano ad abitare in quella zona.

In secondo luogo, questo episodio conferma, se ce ne fosse bisogno, l’assoluta inefficacia dell’azione di intelligence dei servizi occidentali. L’ho scritto e lo ripeto: è sbagliata tutta l’impostazione di fondo, dal come infiltrare le fila dell’Isis, alla questione dell’oscuramento dei siti, dalle tracce monetarie (mai seriamente seguite), al modo di individuare lo Jihadista insospettabile e risalire lungo tutta la catena. Io lascerei perdere, per ora i teatri di Libia, Siria e Califfato (dove il problema si pone in termini di politica delle alleanze con i paesi della zona, più che in termini militari) e mi concentrerei sulla difesa del territorio europeo. Capisco che i servizi vivano per farsi concorrenza ed è inimmaginabile una leale collaborazione, per cui non si farà mai l’Euro intelligence che, invece, sarebbe indispensabile. Ma, almeno, si possono costituire coordinamenti mirati per singole campagne? Si può concordare l’azione su alcuni obiettivi precisi? Va bene, le rivalità sono invincibili, ma ci stiamo accorgendo di quanto la situazione sia grave: possiamo, almeno per un momento, fare sul serio?

Il guaio è l’assenza dei governi, che hanno delegato in toto la questione ai servizi senza nessuna direttiva o controllo e proprio il fatto che non salti nessuna testa, nonostante queste catastrofi, è la conferma di questa irresponsabilità del potere politico. Una cosa è certa: se continuiamo così è sicura la sconfitta.


La parte su Molenbeek è un una discreta supercazzola che Giannuli ha certamente messo insieme per semplificare, ma in questo caso non andava fatto, per il resto ci prende. 

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