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22/03/2016

Corte Suprema USA: arriva Garland

di Michele Paris

Nonostante la ferma opposizione della maggioranza Repubblicana al Senato, qualche giorno fa il presidente americano Obama ha nominato ufficialmente il proprio candidato per la sostituzione alla Corte Suprema del giudice ultra-conservatore Antonin Scalia, morto improvvisamente il 13 febbraio scorso. La scelta del giudice capo della Corte d’Appello del District of Columbia, Merrick Garland, è stata dettata in larga misura da un calcolo politico ben studiato, il quale potrebbe però non essere sufficiente a superare le manovre che cercano di modellare gli equilibri del più alto tribunale degli Stati Uniti.

Secondo la Costituzione americana, il Senato deve confermare i giudici della Corte Suprema nominati dal presidente. Le tradizionali audizioni dei candidati di fronte ai senatori dovrebbero assodare le loro competenze oppure eventuali motivi di gravità tale da impedirne l’insediamento. Il voto al Senato dovrebbe essere perciò influenzato soltanto da questi fattori, essendo la scelta dell’orientamento ideologico dei giudici a discrezione del presidente in carica.

L’imminenza delle elezioni presidenziali, lo scontro in atto tra Repubblicani e Democratici, ma soprattutto la natura e la rilevanza politica del ruolo dei giudici della Corte Suprema hanno però avvelenato il clima dopo la morte di Scalia, tanto che le probabilità che il suo successore riesca ad assumere l’incarico entro il 2016 sono ad oggi pochissime.

I leader del Partito Repubblicano avevano fatto sapere da subito che il nono giudice della Corte scelto da Obama non sarebbe stato nemmeno preso in considerazione. Sul sostituto di Scalia, a loro dire, dovrebbe piuttosto esprimere il proprio parere il popolo americano. Per questa ragione, malgrado la Costituzione assegni unicamente al Presidente la facoltà di nomina e in passato ci siano stati esempi di giudici insediati alla vigilia di un’elezione, per i Repubblicani sarà necessario attendere la scelta di un candidato da parte del prossimo inquilino della Casa Bianca a partire dal gennaio 2017.

Di fronte a questa resistenza, Obama e il suo entourage hanno deciso di procedere ugualmente con la nomina, optando prevedibilmente per un giudice con un curriculum pressoché inattaccabile, dalle posizioni generalmente moderate e ampiamente gradito ai membri Repubblicani del Congresso.

La scelta è finita così sul giudice Garland, secondo la stampa USA già preso seriamente in considerazione nel 2009 e nel 2010, quando Obama fu chiamato a scegliere due nuovi membri della Corte Suprema. In entrambe le occasioni, a Garland erano stati preferiti altri candidati, rispettivamente Sonya Sotomayor ed Elena Kagan, le quali, in quanto donne e, la prima, ispanica, garantivano quel rispetto della “diversità” di genere e di razza che non poteva offrire un giudice maschio e bianco.

La posta in palio con il seggio vacante alla Corte Suprema è dunque enorme, non soltanto per i poteri di questo tribunale e la delicatezza delle cause su cui dovrà esprimersi nel prossimo futuro. Soprattutto, con la morte di Scalia, Obama e i Democratici si ritrovano a portata di mano l’occasione di alterare l’equilibrio tra giudici conservatori e “liberal” che è stato per anni sostanzialmente favorevole ai primi.

Il percorso verso la conferma di Merrick Garland, come già spiegato, appare però molto complicato. Secondo la maggior parte dei commentatori d’oltreoceano, quella di Obama sarebbe allora una mossa prevalentemente politica volta a favorire i Democratici nelle elezioni presidenziali e, soprattutto, per il Senato, mettendo in risalto l’ostruzionismo Repubblicano.

Il mero calcolo politico di Obama è apparso chiaro nel corso della presentazione pubblica di Garland alla Casa Bianca la settimana scorsa. Il presidente non ha fatto alcun riferimento alla possibilità che la nomina del suo candidato possa mettere in minoranza la maggioranza conservatrice alla Corte Suprema e quindi favorire la difesa dei diritti democratici, esposti a un processo di erosione in questi anni proprio per mano di questo stesso tribunale. Al contrario, Obama ha insistito nel ricordare come svariati membri del Congresso Repubblicani avessero in passato espresso pareri molto lusinghieri per Garland, facendo apparire perciò la loro opposizione di natura esclusivamente politica.

Merrick Garland era stato ad esempio confermato giudice della Corte d’Appello di Washington a larga maggioranza dal Senato nel 1997 e con gli elogi di alcuni Repubblicani che siedono oggi nella commissione Giustizia, di fronte alla quale devono testimoniare i candidati alla Corte Suprema.

Uno di questi ultimi è il veterano senatore dello Utah, Orrin Hatch, tra i pochi Repubblicani disposti finora ad appoggiare l’idea che Garland sia almeno preso in considerazione dalla commissione. I senatori Repubblicani possibilisti risultano essere più che altro quelli che a novembre saranno impegnati in un voto molto competitivo per la loro rielezione. Alcuni di essi settimana scorsa avevano ipotizzato anche un possibile voto sulla nomina di Garland dopo le elezioni di novembre in caso di vittoria del Partito Democratico.

Quest’ultima proposta è stata avanzata per evitare che il prossimo eventuale presidente Democratico possa finire col nominare un nuovo giudice di orientamento più “liberal” rispetto a quello scelto da Obama. Il leader di maggioranza al Senato, Mitch McConnell, ha però escluso un voto su Garland, prima o dopo le elezioni, ribadendo che il nono giudice della Corte Suprema dovrà essere scelto dal 45esimo presidente degli Stati Uniti, ovvero il successore di Obama.

In maniera significativa, McConnell ha anche denunciato apertamente le presunte posizioni ideologiche del giudice Garland, ritenuto a suo giudizio troppo “di sinistra”. Questo parere conferma ancora una volta il drastico spostamento a destra del baricentro politico americano negli ultimi anni, tanto da far apparire, almeno agli occhi del Partito Repubblicano, un giudice del tutto moderato e con alcuni precedenti di sentenze poco meno che reazionarie come una sorta di attivista “liberal”.

In effetti, la carriera giudiziaria di Merrick Garland, a detta di molti, sembra riflettere precisamente la sua ambizione di ascendere alla Corte Suprema, visto che quasi mai il giudice 63enne ha assunto posizioni che potessero far riconoscere un suo netto posizionamento ideologico e, di conseguenza, favorire critiche e accuse da parte della parte politica opposta nel corso di un possibile processo di conferma.

Pur tenendo un atteggiamento cauto per decenni, il passato di Garland è ben noto e include alcuni anni di praticantato prima al fianco di un noto giudice della Corte d’Appello di New York e del giudice della Corte Suprema, William Brennan, poi come assistente dell’ultimo ministro della Giustizia del presidente Carter, Benjamin Civiletti.

Con l’arrivo di Reagan alla Casa Bianca nel 1981, Garland si dedicò alla pratica privata, entrando in uno studio legale di Washington che rappresentava gli interessi di varie grandi aziende, tra cui Philip Morris. In seguito, durante l’amministrazione Clinton, diventò pubblico ministero, occupandosi di casi di grande impatto mediatico, come quello di “Unabomber” e l’attentato contro un edificio federale di Oklahoma City per mano di Timothy McVeigh che nel 1995 fece 168 vittime.

Da 19 anni, infine, Garland siede nell’influente Corte d’Appello del District of Columbia, tradizionalmente chiamata a valutare numerose cause che coinvolgono il governo e le sue agenzie. Gli esperti legali americani citati dai media riconoscono una sua tendenza a favorire queste ultime, mentre vi sarebbero poche tracce di servilismo nei confronti del mondo degli affari.

Garland viene anche talvolta elogiato per avere emesso sentenze favorevoli alle regolamentazioni relative al rispetto dell’ambiente. Allo stesso tempo, però, ha mostrato maggiore simpatia per l’accusa nei casi in cui sono in gioco i diritti degli accusati di un qualche crimine. Una delle cause di maggiore rilievo che ha presieduto si era conclusa inoltre con un verdetto favorevole all’amministrazione Bush in merito alla legittimità della detenzione di alcuni prigionieri del lager di Guantánamo.

Le vicende attorno alla nomina di Merrick Garland alla Corte Suprema, in ogni caso, accompagneranno tutta la stagione elettorale 2016 negli Stati Uniti. A riprova degli interessi in gioco e del livello di politicizzazione del tribunale costituzionale americano, i favorevoli e i contrari alla conferma del nuovo giudice stanno già affilando le armi e organizzando campagne pubbliche, durante le quali – come in un’elezione a una carica di spicco – saranno raccolti e spesi parecchi milioni di dollari.

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