Con le bombe di Bruxelles è arrivato anche il momento delle Brigate Rosse.
Sono passate alcune ore dagli attentati in Belgio e si comincia a parlare di loro. La lotta armata in Italia è un capitolo che molti hanno voluto chiudere in una scatola appiccicandoci sopra la parola “anni di piombo” per derubricarne la storia con una frase tanto condivisibile quanto inutile: condanna del terrorismo e solidarietà con le vittime. Inutile non nel senso, ma nell’uso che se ne fa per non parlare di quel che è realmente accaduto soprattutto alle vittime, tutte.
E allora ecco che la vulgata sulla lotta armata in Italia serve a mescolare le carte anche tra i fatti di Bruxelles. Maroni se la prende con Saviano quando dice “che l’unica risposta al terrorismo e’ accogliere” e la commenta con “Gia’, magari anche farci saltare in aria da soli, cosi non li disturbiamo” e aggiunge che “serve un intervento urgente e di emergenza democratica, come si fece contro il terrorismo delle brigate rosse”.
Hanif Kureishi, intervistato da Repubblica, sostiene che i jihadisti gli “ricordano le Brigate Rosse e l’ideologia dei rivoluzionari bolscevichi”.
La Stampa chiede lumi al “luminare dell’università di Louvain Felice Dassetto” che anche lui si ricorda degli anni ’70 perché la “gente è soprattutto spaesata, come nell’Italia delle Brigate Rosse”.
Achille Serra, una vita per la polizia, ma poi anche per la politica visto che è passato da Forza Italia al PD e poi all’UDC, dichiara che “non dobbiamo farci vincere dalla paura e rintanarci dentro le case. Non lo facemmo durante il periodo delle brigate rosse e non dobbiamo farlo adesso”, e dunque anche lui con un occhio guarda alla guerra santa e con l’altro alle BR.
Flavia Perina, giornalista che nasce nell’ambiente della militanza di destra, parla direttamente di Renato Curcio, tralasciando il fatto che le stragi le facevano proprio quelli di destra (non lei, ma nemmeno i comunisti). Il tempo passa e la polvere aiuta a confondere il rosso col nero.
Il più lucido e interessante è Gian Carlo Caselli. Forse l’unico con un minimo di memoria.
Anche lui si riferisce agli anni nei quali è stato un protagonista dalla parte delle istituzioni. Davanti ai morti del Belgio ricorda la sua esperienza, ma con qualche fondamentale differenza. “Il terrorismo brigatista era diverso, selettivo, non colpiva nel mucchio” ci ricorda. “Nel nostro Paese la macelleria che colpiva nel mucchio era di matrice fascista, quella delle stragi, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna. I responsabili erano pochi e ben protetti dagli apparati”.
Ed ecco il primo intervento interessante. Parlare di terrorismo significa alzare un gran polverone per non mostrare nulla e nascondere quel che accade davvero. Le differenze ci sono e non puoi non vederle. Se gli 85 morti di Bologna sono vittime del terrorismo come Aldo Moro siamo accecati dalla polvere che mescolerà anche le persone uccise a Bruxelles e Parigi.
Ma c’è un’altra frase interessante in quella breve intervista per il Fatto Quotidiano. “Il solo contatto che vedo con la storia italiana è il favore di cui le Br del primo periodo hanno goduto”. E questo mi fa pensare all’arresto di Salah Abdeslam. Ci dicono che un centinaio di persone hanno manifestato contro la polizia. Ci danno tante spiegazioni. Ma se davvero dobbiamo inseguire questo fantasma delle BR in quest’altra storia, cerchiamo di ricordarci quel “favore di cui le Br del primo periodo hanno goduto”. Nel bene e nel male. Ragioniamoci prima di andare a bombardare qualche sito strategico in giro per il mondo.
SEGUE…
Ascanio Celestini da Facebook
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