Non così in altri paesi, dove la parola “democrazia” – per una questione di storia e di rivoluzioni liberali – è ancora considerata qualcosa di più che non elezioni truccabili e truccate ogni tot anni.
A titolo di esempio, e di monito, ecco qui l’editoriale dedicato all’accordo da Wolfgang Munchau, sul Financial Times. Da sottolineare, oltre a un’indignazione morale di cui qui da noi si son perse anche le tracce, l’impietosa previsione sul futuro di una Unione Europea la cui necessità, agli occhi della maggior parte della popolazione europea, non è più evidente. Né condivisa.
E, nella Storia, ciò che non ha necessità né consenso è destinato a implodere. O ad essere travolto.
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L’Unione Europea possedeva due beni che ho sempre considerato inattaccabili, per quanto io possa aver messo in discussione varie sue decisioni. La prima è una mancanza di alternative. In quale altro modo gli europei possono affrontare il cambiamento climatico, una crisi dei rifugiati o un presidente russo molto determinato, se non attraverso l’UE?
La seconda è la superiorità morale. Rispetto alla maggior parte dei suoi Stati membri, l’Unione europea è meno corrotta, più guidata da principi e regole. Mentre il mondo delle politiche nazionali è pieno di tatticismi alla ricerca di guadagni a breve termine, il blocco gestisce un migliore mix di politica e scelte politiche. Esso si basa su ampie coalizioni e formula obiettivi strategici. Il suo orizzonte si estende oltre la vita di un parlamento.
Nel giro di pochi anni sono stati demoliti tali beni. La cattiva gestione della crisi della zona euro ha permesso di formulare un argomento economico razionale per un’uscita.
Poi, venerdì scorso, la Ue ha perso l’altro suo bene chiave. L’accordo con la Turchia è la cosa più sordida a cui io abbia mai assistito nella moderna politica europea. Il giorno in cui i leader dell’Unione europea hanno firmato l’accordo, Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, ha scoperto il proprio gioco: “La democrazia, la libertà e lo stato di diritto… Per noi, queste parole non hanno assolutamente più alcun valore.” A quel punto, il Consiglio europeo avrebbe dovuto chiudere la conversazione con Ahmet Davutoglu, il primo ministro turco, e mandarlo a casa. E invece hanno fatto un accordo con lui – denaro e molto altro ancora – in cambio dell’aiuto nella crisi dei rifugiati.
La Turchia si occuperà di ritrasferire circa 72.000 rifugiati arrivati nella UE – uno swap uno-ad-uno per ogni clandestino che i turchi fanno salire sui barconi nel Mar Egeo. In cambio, l’UE pagherà alla Turchia 6 miliardi di € e aprirà un nuovo capitolo nei negoziati di adesione all’UE – questo con un paese la cui leadership ha appena abrogato la democrazia. L’UE inoltre è pronta a consentire l’esenzione dal visto per 75 milioni di residenti in Turchia. L’Unione europea non solo ha venduto la sua anima, quel giorno, ma in realtà ha anche concluso un affare piuttosto scadente.
Io non sono in grado di giudicare se questo accordo è conforme alla Convenzione di Ginevra e al diritto internazionale. Presumo che il Consiglio europeo abbia fatto in modo di poter sostenere un’azione in tribunale. Ma anche se può essere considerato legale, ho dei dubbi che possa essere attuato. Sarà interessante vedere se l’UE si rimangerà le promesse fatte alla Turchia nel caso che Ankara non riuscisse a mantenere l’impegno.
Anche se l’operazione fosse pienamente attuata, non alleggerirebbe la pressione di molto. Il numero atteso di rifugiati che si fanno strada verso l’UE sarà molto superiore ai 72.000 concordati con la Turchia. Un think-tank tedesco ha fatto i conti sui flussi di profughi per quest’anno e ha messo a punto una stima che va da di 1,8 milioni a 6,4 milioni di persone. Quest’ultima cifra corrisponde allo scenario peggiore, che potrebbe includere un gran numero di immigrati dal Nord Africa.
La chiusura della rotta dei Balcani occidentali per i rifugiati – dalla Grecia attraverso la Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e poi in Austria e Germania – ha procurato un sollievo a breve termine per gli europei del nord, ma ci sono numerosi percorsi alternativi che i rifugiati possono prendere. Possono passare attraverso il Caucaso e l’Ucraina, o attraverso il Mediterraneo verso l’Italia e la Spagna. Se i paesi chiudono i loro confini, non riducono il flusso di profughi, ma semplicemente lo deviano. Si tratta di un classico esempio di una politica beggar-thy-neighbor. Questo dimostra che una politica dei rifugiati a livello UE è inevitabile.
Uno dei casi più eclatanti di azione unilaterale è la chiusura delle frontiere in Austria. Ora il paese sta ripristinando i controlli alla principale frontiera verso l’Italia – l’autostrada del Brennero. Questa è una delle rotte più trafficate tra Europa meridionale e settentrionale. Una volta che i rifugiati arrivano in Italia, ci si aspetta molto movimento ai confini settentrionali. A quel punto è probabile che Francia, Svizzera e Slovenia decidano di ripristinare i controlli. L’Italia potrebbe essere tagliata fuori dall’area Schengen per i movimenti senza passaporto, di cui ora fa parte, e Schengen diventerebbe un piccolo club di paesi del Nord Europa – forse un modello per il futuro dell’eurozona. Questo sarebbe il primo passo verso la frammentazione della UE.
L’accordo con la Turchia avrà anche un impatto sul dibattito referendario nel Regno Unito. Il campo a favore di un’uscita dall’Unione europea non avrebbe forse qualcosa da dire sull’esenzione dal visto per 75 milioni di turchi? Chiunque abbia a cuore la democrazia e i diritti umani odierà questo accordo. Come anche chiunque tema il dominio tedesco dell’UE, avviato da Angela Merkel. Il cancelliere tedesco non ne aveva certo bisogno, per uscire dalla trappola in cui si era cacciata. E’ stata la sua decisione unilaterale di aprire le frontiere della Germania che ha trasformato una crisi dei rifugiati gestibile in un un disastro ingestibile.
Non è facile trattare in modo puramente razionale l’ipotesi di un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Ma ormai l’UE ha perduto la sua superiorità morale, non dovremmo essere sorpresi se la gente comincia a mettere in discussione ciò che essa rappresenta, e che sia un’istituzione necessaria.
da http://www.ft.com/cms/s/0/ff442fb6-ecfc-11e5-bb79-2303682345c8.html#axzz43XM1n300
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