di Chiara Cruciati – Il Manifesto
La frenetica attività della Russia in Libia continua nonostante le false partenze:
mentre all’Onu il segretario generale Guterres si disperava per la
bocciatura Usa del nuovo inviato in Libia, il palestinese Fayyad, Mosca e
Il Cairo insistevano su un’intesa parallela. Lasciando indietro
l’Italia, primo sponsor del governo di unità (Gna).
Nell’hotel egiziano Nile Carlton, a pochi passi dalla Lega Araba, si
sono incontrati – su pressione della Russia come riportato nelle scorse
settimane dai media locali – il premier al-Sarraj e il generale Haftar, capo dell’esercito in Cirenaica. Secondo Agenzia Nova,
i due lunedì si sarebbero solo stretti la mano rimandando la
discussione alla giornata di ieri. Ma il tavolo è saltato: tutto
rinviato ad un prossimo meeting, previsto in Algeria tra due settimane.
Sul tavolo resta la proposta di al-Sarraj, a cui per ora Haftar non vuole dare l’ok: revisione
del consiglio presidenziale e creazione di un governo di crisi e di un
consiglio militare che metta insieme milizie occidentali e orientali. Un nuovo esercito, nazionale, che avrebbe alla sua guida Haftar.
La proposta di accordo prevederebbe la nomina di due vice presidenti
che rappresentino la Cirenaica e il Fezzan. Il primo potrebbe essere Fathi al-Majbiri, vicino a Ibrahim Jadran,
signore della guerra e leader delle Petroleum Facilities Guards,
milizia che controllava i terminal petroliferi prima dell’avvento di
Haftar e alleata a singhiozzo del governo di unità in cambio di milioni
di dollari. E il secondo Abdul Majid Sayf al-Nasr, membro dell’influente tribù Awlad Suleiman, ufficiale del Consiglio di Transizione dopo il 2011.
Ieri aleggiava l’impressione che l’intesa fosse vicina, visto
l’arrivo del presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, per
partecipare al previsto incontro tra il suo generale Haftar e il rivale
al-Sarraj. Tutto rinviato. Ma non le pressioni egiziane.
Per una serie di necessità: la consistente presenza di cittadini
egiziani in Libia (foriera di rimesse da 300 milioni di dollari l’anno);
il sostegno finanziario e logistico fornito dai jihadisti in Libia a
quelli in Egitto, a partire da Ansar Beit al-Maqdis, braccio egiziano
dell’Isis; il contrabbando di armi e la tratta di esseri umani alle
frontiere.
Elementi che accreditano il golpista al-Sisi a caposaldo della lotta
al terrorismo di matrice islamista agli occhi dell’Occidente, che finge
di non vedere né le violazioni dei diritti da parte dell’Egitto né la
circumnavigazione dell’embargo militare sulla Libia (armi che dal Cairo
arrivano ad Haftar).
L’Italia rincorre. Estromessa dal negoziato
nonostante gli sforzi per afferrare Haftar prima facendogli visita a
Tobruk e poi proponendo l’apertura di un consolato in Cirenaica, ieri ha
parlato per bocca dell’ambasciatore Perrone: Haftar «è parte della
soluzione della crisi», ha detto, aggiungendo di apprezzare «gli sforzi
dell’Esercito nazionale [quello del generale ribelle, ndr] nella lotta
al terrorismo».
A dettare i tempi sono, però, altri soggetti. Non più l’Onu che
impose il Gna un anno fa, né gli Stati uniti, ritiratisi dal caos
libico. Sono i russi e il tandem Egitto-Emirati Arabi. Sullo sfondo c’è
la Ue, interessata a definire interessi energetici (con differenze tra
la visione “unitaria” italiana e quella “divisiva” francese, focalizzata
solo sulla Cirenaica) e questione migranti.
Ieri a Tripoli si è riunita la commissione congiunta italo-libica,
chiamata a gestire l’accordo del 2 febbraio (di cui non si conosce il
destino nel caso di un’unione Gna-Haftar). Nelle stesse ore il portavoce
di al-Sarraj precisava che il memorandum non prevede la stabilizzazione
dei migranti su territorio libico, ma «un ritorno degli irregolari nei
loro paesi».
Una precisazione importante che lascia nude Italia e Ue: i migranti saranno bloccati in mare dai cani da guardia libici,
spediti in centri detentivi dove nessuno si occuperà di verificarne
l’eventuale diritto d’asilo, per poi essere rimandati ai paesi di
origine. Senza dimenticare un altro elemento centrale di instabilità: le
condizioni socio-economiche. Il Gna non gode di consenso in un periodo
di crisi economica, svalutazione della lira, blackout elettrici,
scarsità d’acqua. Secondo l’Onu 2,4 milioni di persone su un totale di 6
hanno bisogno immediato di assistenza.
È su questo malcontento diffuso che fa leva Ghwell, l’autore di
presunti golpe a Tripoli. Riferimento islamista, è lasciato impunito
dall’attuale esecutivo, consapevole del controllo che esercita su parte
della capitale.
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