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20/04/2018

Siria - Salta l'accordo a Yarmouk, ISIS ancora dentro

di Chiara Cruciati

Nella notte raid aerei governativi hanno colpito la zona sud di Damasco. Dopo la ripresa di Ghouta est, l’esercito aveva annunciato la controffensiva sui sobborghi meridionali, il campo profughi palestinese di Yarmouk, Hajar al-Aswad e Babila. Ieri, dopo alcuni bombardamenti e un ultimatum all’Isis e al Fronte al-Nusra, le due fazioni islamiste presenti, sembrava che il governo avesse ottenuto la resa delle migliaia di miliziani che da anni assediano le tre località.

A darlo per certo era stata anche al-Mayadeen, tv legata a Hezbollah, il movimento sciita libanese, che aveva indicato anche i termini dell’accordo: «L’uscita di tutti i combattenti di Daesh, Fronte al-Nusra e altre fazioni più piccole dalla Ghouta occidentale», come viene chiamata l’area. «I miliziani di Daesh, circa 1.200, lasceranno la cittadina di Hajar al-Assuad e il campo di Yarmouk verso la provincia orientale», ha aggiunto l’emittente.

Dunque verso Deir Ezzor, città del nord-est siriano, in parte ripresa dal governo ma dove sono ancora presenti sacche legate allo Stato Islamico. Ovvero al confine con l’Iraq, per anni poroso punto di transito di armi e uomini, che ieri il governo di Baghdad ha bombardato: dietro coordinamento con Damasco l’aviazione irachena ha compiuto alcuni raid aerei contro postazioni dell’Isis in territorio siriano. Al contrario i miliziani qaedisti di al-Nusra sarebbero stati trasferiti a Idlib, provincia nord-occidentale, dove da tempo vengono evacuati gli islamisti a seguito di accordi di evacuazione, facendo diventare la zona un concentrato di gruppi jihadisti e salafiti di cui al-Nusra è leader – quasi – indiscusso.

Ma l’accodo è collassato e ieri notte l’aviazione siriana ha colpito più volte le postazioni islamiste a Yarmouk e Hajar al-Aswad. Aree sotto assedio da anni, con Yarmouk dal 2015 in mano allo Stato Islamico, ridotto letteralmente alla fame e spopolato: quello che è sempre stata considerata la “capitale” della diaspora palestinese, nel campo oggi vivono solo 5mila persone delle 180mila di prima della guerra, rifugiati palestinesi, ma anche siriani poveri, libanesi, profughi iracheni.

Sono invece diretti a Jarabulus (cittadina di confine tra Siria e Turchia, nella regione a maggioranza curda di Rojava, probabilmente a sostegno delle operazioni turche contro le unità di difesa popolare curde Ypg/Ypj) i 1.500 miliziani di Jaysh al-Islam che ieri hanno lasciato a bordo di 21 autobus la cittadina di al-Dumayr, est di Damasco. Uscita in sicurezza in cambio di armi pesanti, veicoli militari, cannoni e sistemi lancia-missile, un equipaggiamento significativo che si spiega con i ricchi finanziamenti da parte dell’Arabia Saudita, primo sponsor di Jaysh al-Islam.

Il gruppo, fino a due settimane fa leader di Douma, la principale città di Ghouta est, nel sobborgo damasceno aveva messo in piedi un articolato sistema militare. Lo mostrano in questi giorni i reportage, i video e le foto dei giornalisti occidentali ammessi in Siria, tra cui Robert Fisk. Una rete di tunnel, laboratori e magazzini di armi. A seguire un video inviato a Nena News da un giornalista siriano mostra il sofisticato sistema di tunnel sotterranei degli islamisti a Ghouta est.

Video

Non è invece ancora partita la missione dell’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, che dovrebbe investigare l’utilizzo o meno di armi chimiche a Ghouta est attraverso analisi biometriche, raccolta di campioni e interviste ai feriti. Arrivata a Damasco una settimana fa, sarebbe dovuta entrare nel sobborgo sabato ma da allora sta ancora aspettando. Secondo Mosca mancava all’inizio il via libera del segretario generale dell’Onu, poi – una volta entrati – gli esperti sono stati oggetto di colpi di arma da fuoco. Nessun ferito ma un nuovo ritardo.

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