Nessun giornale italiano ne ha dato notizia, eppure la seduta svoltasi l’altro ieri a l’Aja, nella sede dell’Opcw (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons), ha preso in esame il famoso “attacco con armi chimiche” delle truppe di Assad che per poco non è diventato il casus belli di uno scontro potenzialmente catastrofico tra Usa e Russia.
Cos’è successo?
Davanti ai “giudici” sono comparsi 17 cittadini siriani di Douma, ripresi nei video che hanno fatto il giro del mondo. Tra di loro il bambino di 11 anni, Assan Diab. Che veniva investito da un getto d’acqua per “liberarlo dai gas al cloro”.
Com’è noto, abbiamo nutrito più di qualche dubbio su quel filmato girato dagli “Elmetti bianchi” (una sorta di Croce rossa legata ai jihadisti alleati degli Usa e della Turchia), proponendovi anche un’analisi informata da parte di un ex ufficiale dell’esercito italiano che aveva svolto il suo servizio proprio nei reparti Nbc (quelli che devono affrontare le conseguenze di eventuali attacchi nucleari-batteriologici-chimici). Ma quel che è venuto fuori da questa seduta olandese ha superato anche la nostra esperienza in bufale di guerra.
Il bambino ha spiegato che “Eravamo nel seminterrato e abbiamo sentito gente gridare che dovevamo andare in ospedale. Abbiamo attraversato un tunnel. All’ospedale hanno iniziato a versare acqua fredda su di me e avevo fumo negli occhi...”. Tutti i 17 testimoni hanno affermato che non c’è stato nessun attacco chimico, ma la “normale”, terribile, guerra “convenzionale” con il suo seguito di crolli, calcinacci, rifugi sotterranei, caos.
Insomma, il video era una docu-fiction dei jihadisti (un filmato montato selezionando frammenti “allusivi” e fortemente orientato dalla voce narrante). Su questa base sia Trump che Macron e Theresa May ha garantito al mondo di “avere le prove” dell’uso di armi chimiche da parte di Assad, procedendo a un attacco che avrebbe potuto scatenare – se fossero stati colpiti soldati e postazioni russe – un conflitto dalle conseguenze difficilmente immaginabili.
Siamo certi, comunque, che la prossima volta i nostri “giornalisti professionali” abboccheranno lo stesso. Li pagano per questo...
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