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20/04/2018

Yemen - I miliziani di Saleh passano coi Saud, Rete Disarmo denuncia il governo italiano

Ordigno prodotto in Italia dalla società Rwm,
ritrovato in Yemen dopo un raid che ha ucciso 6 persone, di cui 4 bambini
A meno di cinque mesi dall’uccisione dell’ex dittatore yemenita Saleh e a meno di un anno dai primi scontri interni all’alleanza di comodo tra movimento Ansar Allah dei ribelli Houthi e forze fedeli all’ex presidente, ieri la faida è ripresa. Scontri si sono registrati a est del porto di al-Mokha, sul Mar Rosso, lungo la strada che porta a Taiz: principale città del centro del paese, terza dello Yemen, è da tempo campo di battaglia tra i ribelli Houthi e la coalizione pro-governativa a guida saudita che da marzo 2015 bombarda lo Yemen.

A cambiare rispetto agli scontri precedenti è la presenza, al fianco delle unità legate alla famiglia Saleh, di truppe di élite appoggiate dall’Arabia Saudita e una nuova formazione – le Guardie repubblicane – guidata dal nipote dell’ex dittatore, Tareq Mohammed Saleh. Ci sarebbero morti su entrambi i fronti, ormai radicalmente modificati: secondo fonti locali, gli uomini dei Saleh ora sostengono il governo del presidente Hadi, alleato saudita.

Riportano fonti del partito dell’ex presidente, il Congresso Generale del Popolo, all’agenzia Asharq al-Awsat, che le forze pro-Saleh hanno rotto le linee del fronte Houthi sulla costa occidentale, nei pressi del campo di Khalid bin al-Walid e Jabal al-Nar, e attaccato la principale base della città di al-Mokha, raggiunta nei giorni scorsi da Aden, a sud. E ne hanno assunto il controllo, grazie al sostegno aereo della coalizione saudita.

La guerra si radica e a ben poco servono gli appelli delle Nazioni Unite: pochi giorni fa il nuovo inviato speciale dell’Onu per lo Yemen, Martin Griffith, ha annunciato il lancio di un nuovo piano di pace entro due mesi, da presentare al Consiglio di Sicurezza dopo una serie di incontri nella regione, a partire dall’Oman.

Il fronte Houthi-Saleh, matrimonio di comodo emerso dopo il 2015 e l’inizio dell’operazione saudita “Tempesta decisiva”, è collassato la prima volta ad agosto 2017: scontri durissimi erano seguiti ad una serie di dichiarazioni di fuoco tra le due parti, violenze che raggiunsero l’apice all’inizio di dicembre con l’uccisione da parte Houthi dell’ex dittatore Ali Abdullah Saleh. Trentatré anni al potere, prima da presidente dello Yemen del nord e poi dello Yemen unito, accumulatore di ricchezze a spese della popolazione (secondo l’Onu, tra i 32 e i 60 miliardi di dollari in tre decenni), abile stratega capace di tenere insieme le diverse tribù yemenite – sul modello Gheddafi, con favori e reti clientelari – era stato costretto a dimettersi nel 2012 dopo le proteste di piazza e la loro brutale repressione.

Abbandonato dagli alleati storici, a partire dall’Arabia Saudita che ha nello Yemen il corridoio per il transito di greggio verso l’Europa, aveva scelto la via Houthi per risollevare le proprie sorti: la forza militare ribelle in cambio dell’influenza politica di Saleh sulle tribù nel nord del paese. Un’alleanza di comodo, dopo decenni di discriminazione della minoranza sciita, che si è conclusa a dicembre scorso con oltre 120 morti negli scontri e l’uccisione di Saleh. A monte della rottura i negoziati segreti tra l’ex presidente e l’Arabia Saudita, un tentativo per uscire dal conflitto e gestire la transizione politica senza gli Houthi, di nuovo marginalizzati.

Intanto in Italia la società civile si muove contro le complicità occidentali nel massacro del paese da parte di Riyadh: Rete Disarmo, insieme alle ong Ecchr e Mwatana e all’Osservatorio permanente sulle armi leggere, hanno presentato un esposto alla Procura di Roma contro i vertici della società Rwm Italia, compagnia controllata dalla tedesca Rheinmetall e con sede in Sardegna, e contro l’Uama – l’Unità nazionale per le autorizzazioni dei materiali d’armamento –, ovvero il comitato che per conto del governo italiano assegna licenze di export di armi. Secondo la denuncia penale, corredata di prove di ritrovamenti di armi italiane su luoghi di stragi di civili, le autorità italiane e l’azienda sono “complici di un attacco aereo dall’esito mortale sferrato nello Yemen dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita”.

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