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24/04/2018

A chi abbiamo affidato le nostre telecomunicazioni? Fermato Bolloré

Il finanziere francese Vincent Bollorè è in stato di fermo per la corruzione di funzionari pubblici stranieri in una vicenda legata a concessioni portuali in Togo e Guinea. Lo riporta ‘Le Monde’ nella sua versione online.

Il gruppo Bolloré naturalmente “smentisce formalmente” di aver commesso “irregolarità” in Africa attraverso la sua filiale africana SDV Afrique. Le “prestazioni” oggetto dell’inchiesta della giustizia francese sarebbero state “realizzate in completa trasparenza” e l’odierna audizione di Vincent Bolloré “permetterà di chiarire in modo utile alla giustizia queste questioni già oggetto di una expertise indipendente che ha concluso la perfetta regolarità delle operazioni”.

E’ una notizia bomba, sia a Parigi che a Roma, perché Vincent Bollorè è attualmente a capo della cordata che controlla Telecom, l’ex compagnia telefonica pubblica privatizzata da quel genio “di sinistra” chiamato Massimo D’Alema, nella sua breve stagione da premier a Palazzo Chigi.

Per ricordare qualche dettaglio, la Telecom era stata trasformata da società a controllo statale a public company al momento della chiusura dell’Iri (opera di quell’altro genio “democratico” chiamato Roma Prodi); insomma, nessun azionista avrebbe potuto diventare azionista di riferimento, visto che nessuno avrebbe dovuto superare il 2%. D’Alema tolse questo vincolo e di fatto regalò le nostre telecomunicazioni – comprese quelle giudiziarie! – a Matteo Colaninno, il cui figlio nel frattempo diventava una delle giovani promesse... del Pd (o come si chiamava allora).

Colaninno la rivendette ben presto a Marco Tronchetti Provera, debiti compresi, guadagnandoci parecchio. Da Tronchetti Provera, anche tramite qualche “spezzatino”, Telecom passò agli spagnoli di Telefonica e da questi, infine, al gruppo Vivendi, controllato da Bollorè.

Le ultime notizie danno appunto Bolloré interrogato negli uffici della polizia giudiziaria a Nanterre, nel dipartimento degli Hauts-de-Seine, alle porte di Parigi.

La vicenda riguarda le concessioni di ottenimento della gestione dei terminal di navi container. I giudici si chiedono se il gruppo Bolloré non abbia usato Havas, la sua filiale pubblicitaria, per ottenere nel 2010 la gestione dei porti di Conakry, in Guinea e Lomé, in Togo. L’ipotesi è che Havas abbia fornito consulenze e consigli per sostenere l’arrivo al potere di alcuni dirigenti africani in cambio delle concessioni sui porti. Già nel 2016, la sede del gruppo Bolloré Africa Logistics era stata oggetto di una perquisizione nell’ambito dell’inchiesta aperta nel luglio 2012.

Una sordida storia di neocolonialismo alla francese, che anche in altre forme si va dispiegando nell’ex Africa francofona (Mali, Senegal, Niger, Ciad, ecc), ed è tra le concause dell’impoverimento estremo di quell’area (i dirigenti locali sono corrotti per decisione europea, oltre che per tornaconto personale; quelli che non sono disposti a farsi compare e magari contrastano efficacemente le mire delle multinazionali, vengono brutalmente soppressi; vedi Tomas Sankara, presidente del Burkina Faso).

Tornando in casa, c’è davvero da chiedersi “a chi diavolo mai abbiamo dato il controllo delle nostre vite e delle nostre imprese pubbliche” (con le telecomunicazioni, sembra inutile ricordarlo, si controlla Internet, si intercettano telefonate, mail, ecc)?

Per saperne di più vedi http://contropiano.org/news/lavoro-conflitto-news/2018/04/23/tim-dopo-20-anni-ancora-scorribande-finanziarie-0103213

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