di Stefano Mauro
Martedì 17 aprile si è
celebrata in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza l’annuale giornata di
sostegno ai palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Alcune
migliaia di manifestanti hanno sfilato a Gaza fino ad arrivare davanti
alla sede della Croce Rossa dove numerose bambine mostravano le foto dei
principali detenuti, diventati simboli della resistenza
all’occupazione.
Stesse immagini, anche se in tono minore, in Cisgiordania dove le
manifestazioni maggiori si sono tenute a Betlemme e Ramallah. Al
contrario dello scorso anno non si sono registrati scontri con le forze
di sicurezza dell’Autorità Palestinese, spesso accusate dalla
popolazione di essere complici dei numerosi arresti di questi ultimi
anni.
Dopo le dichiarazioni di Trump, riguardo alla città di Gerusalemme
come capitale dello stato ebraico, e la reazione da parte del presidente
Abu Mazen nei confronti degli ormai defunti “accordi di Oslo”, gli
apparati di sicurezza palestinesi hanno, almeno temporaneamente, sospeso
molte attività di collaborazione con i militari di Tel Aviv.
Secondo Addameer, ong palestinese per i diritti dei detenuti
palestinesi, sono circa 6.500 i prigionieri nelle carceri israeliane, di
cui circa 350 minorenni, 62 donne e 26 giornalisti. Tra i
detenuti una cinquantina hanno passato oltre 30 anni in prigione e circa
700 necessitano di cure mediche urgenti, negate dalle autorità
carcerarie di Tel Aviv. L’ultimo dato riportato da Addameer riguarda gli
oltre 500 prigionieri palestinesi incarcerati in regime di detenzione
amministrativa.
Secondo il diritto internazionale, la detenzione amministrativa può
essere usata solo per “ragioni imperative di sicurezza” in una
situazione di emergenza, decidendo caso per caso. L’utilizzo
della detenzione amministrativa da parte di Israele, al contrario, è
spesso una pratica di massa, ordinaria, come alternativa al tribunale
militare soprattutto quando i palestinesi arrestati rifiutano di
confessare durante l’interrogatorio. In un recente comunicato
il segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina (sinistra radicale), Ahmed Sa’adat, incarcerato da oltre 12
anni, ha affermato che “Israele si professa uno stato di diritto, anche
se continua a uccidere civili indifesi nei Territori Occupati e
all’interno delle sue prigioni si è incarcerati, senza un’accusa
precisa, e si può rimanere in detenzione per anni senza un processo,
visto che la detenzione amministrativa è utilizzata come forma illegale
di repressione politica contro la resistenza”.
Tra le foto dei detenuti portate in corteo spiccavano
numerosi simboli della lotta contro l’occupazione e la violenta
repressione sionista. Quella di Ahed Tamimi, ragazzina 17enne
di Nabih Saleh, arrestata per aver schiaffeggiato due militari
israeliani davanti alla sua abitazione. Ahed è diventata, infatti, il
simbolo della rivolta nei Territori Occupati e della determinazione
palestinese a resistere anche per il coraggio dimostrato durante i
feroci interrogatori – resi visibili recentemente – alla quale è stata
sottoposta dalle autorità di Tel Aviv.
Per quanto riguarda gli esponenti politici primeggiavano, invece, le immagini di Marwan Barghouti,
l’esponente di Fatah incarcerato durante la Seconda Intifada e leader
della protesta dello scorso anno contro i soprusi israeliani nei
confronti dei prigionieri politici. Quella di Khalida Jarrar, esponente politica del Fplp in detenzione amministrativa, senza una precisa accusa, dallo scorso luglio o quella di Salah Hamouri, attivista e militante franco-palestinese del Fplp, arrestato dalle forze israeliane ad agosto.
Il caso di Hamouri ha avuto una maggiore eco in Francia, con numerose
proteste da parte di esponenti politici della sinistra d’oltralpe,
visto che il giovane avvocato è stato fermato per il semplice fatto di
aver contestato il governo Netanyahu per l’utilizzo indiscriminato della
detenzione amministrativa e per la negazione dei fondamentali diritti
civili nei confronti dei prigionieri politici palestinesi.
Numerose sono le manifestazioni di sostegno in tutta Europa e in
diverse città italiane per tutta la settimana. Lo scorso sabato, ad
esempio, si è tenuto a Roma un convegno sui prigionieri politici con
esponenti palestinesi, giuristi ed associazioni solidali alla causa
palestinese. Un incontro organizzato per “rivendicare l’assoluta
illegalità portata avanti da Israele” e per manifestare la solidarietà
al popolo palestinese in un momento di lotta come quello della “Marcia
del Ritorno” a Gaza con una trentina di civili uccisi e oltre 4mila
feriti durante le proteste pacifiche di questo mese.
Senza risposta, da parte del governo israeliano, le accuse di
Amnesty International e della sua responsabile per il Medio Oriente,
Magdalena Mughrabi, che ha affermato come “la detenzione arbitraria di
esponenti politici e attivisti sia un vergognoso esempio dell’abuso da
parte delle autorità israeliane della detenzione amministrativa
per incarcerare sospetti indefinitamente senza accusa né processo, in
uno stato che, dal 1948, ha imprigionato circa un milione di
palestinesi”.
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