di Michele Giorgio – Il Manifesto
La missione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) è giunta ieri a Douma.
I suoi membri indagheranno sul presunto raid con armi chimiche del 7-8
aprile che avrebbe fatto decine di morti. Raid al quale Usa, Francia e
Gb il 14 aprile hanno risposto con il lancio di oltre 100 missili contro
la Siria.
Appena entrata a Douma la delegazione dell’Opac si è diretta
verso l’ospedale dove si trovano ricoverate alcune delle “vittime”.
Nelle stesse ore mentre si aspettavano gli esiti dell’audizione al
Congresso del segretario alla difesa Usa, James Mattis, e del capo degli
stati maggiori riuniti Joseph Dunford, sui raid americani contro
Damasco, i sauditi hanno accreditato un articolo del Wall Street Journal
sull’intenzione degli Stati Uniti di rimpiazzare la propria presenza
nel nord della Siria (almeno 2mila uomini) con una forza militare
congiunta composta da diversi Paesi arabi: Egitto, Arabia Saudita,
Emirati e forse il Qatar. Riyadh, per bocca del ministro degli esteri
Adel Jubeir, si è detta disponibile a inviare proprie truppe in Siria,
con altri paesi, al fine di «stabilizzare la situazione nel Paese».
Questa “soluzione” – sarebbe l’inizio della partizione della Siria di
cui si parla da tempo – darebbe il via a una guerra devastante. La Siria
e l’Iran, e probabilmente anche la Russia, non la accetteranno mai.
Si spera che la missione Opac possa operare senza ostacoli.
Il rischio di pressioni è enorme perché se l’Opac dovesse confermare ciò
che ripetono Mosca e Damasco, ossia che a Douma non sono mai state
usate armi chimiche, l’aggressione alla Siria ordinata sabato da Trump,
Macron e May risulterebbe ancora più grave e illegittima. Washington nel frattempo già sostiene che russi e siriani hanno fatto sparire le prove.
Sui fatti di Douma ha scritto sull’Independent
il famoso giornalista britannico e vincitore di premi internazionali
Robert Fisk. A Douma, Fisk ha intervistato medici e abitanti testimoni
di quanto avvenuto tra il 7 e 8 aprile. La sua conclusione è netta: sono
vere le immagini che mostrano medici e volontari impegnati nei soccorsi
ma le “vittime” non erano state attaccate dal cloro o da gas velenosi
ma soffrivano di ipossia, mancanza di ossigeno. Fisk riporta la
testimonianza di un medico, Assim Rahaibani, dal luogo del presunto
attacco chimico. Rahaibani spiega che le persone nei filmati hanno
rischiato di rimanere asfissiate dopo un bombardamento che aveva fatto
crollare numerosi edifici sui ricoveri e tunnel sotterranei in cui la
popolazione di Douma trovava rifugio durante i combattimenti tra
jihadisti e forze governative. «La gente è arrivata qui
soffrendo di ipossia – ha raccontato il dottor Rahaibani – poi qualcuno
alla porta, un membro degli ‘Elmetti Bianchi’, ha gridato ‘Gas’ ed è
stato il panico. Le persone hanno iniziato a gettarsi acqua addosso. Sì,
il video è stato girato qui, è autentico, ma quello che si vede sono
persone che soffrono di ipossia, non di avvelenamento da gas». Altri abitanti di Douma intervistati da Fisk non hanno confermato l’attacco chimico.
Intanto in Siria continua la guerra. Riconquistata la Ghouta
orientale e ottenuta la resa dei miliziani di Jaysh al Islam ad al
Dumair, ieri l’esercito siriano ha dato il via alla fase preliminare di
una nuova grande offensiva a sud Damasco. L’area interessata è quella del più grande dei campi profughi palestinesi, Yarmouk,
e di alcune zone limitrofe – Hajar al Aswad e Tadamon – dal 2015 sotto
il controllo dell’Isis che a marzo ha occupato anche Qadam. Da Yarmouk
la popolazione è in gran parte fuggita ma alcune migliaia di rifugiati
restano nel campo. Una riconquista da parte del governo di quest’area
libererebbe Damasco da qualsiasi pressione. Inoltre aprirebbe la strada
ad una nuova offensiva, nel sud del Paese contro altre formazioni
islamiste armate e per il controllo pieno del territorio a ridosso delle
linee israeliane sul Golan occupato. In quel caso il rischio già
elevato di un conflitto tra gli alleati Siria-Iran-Hezbollah e Israele
si farebbe ancora più alto.
Ieri i media israeliani hanno ripetuto per tutto il giorno che Lo
Stato ebraico è pronto ad affrontare un possibile attacco, con missili
terra terra o droni armati, da parte dei Guardiani della Rivoluzione
dell’Iran in risposta al recente raid di Israele sulla base siriana T4
che ha ucciso sette consiglieri militari iraniani. Se sia un rischio
reale o solo allarmismo per guadagnare appoggi internazionali in vista
di un conflitto ampio, nessuno sa dirlo. Solo i comandi militari delle
parti coinvolte conoscono la verità. I media, questa volta siriani, ieri
mattina avevano riferito di un attacco, lasciando intendere da parte di
Israele, contro la base di Shiryat poi risultato un falso allarme. A
quanto pare sarebbe stato un attacco hacker a far attivare i sistemi di
difesa missilistica siriana senza che vi fosse una reale minaccia.
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