Proprio stamane sul Corriere un “anonimo” ufficiale militare
italiano smentiva definitivamente la fake news sulle armi chimiche:
«Dire che siamo preoccupati non rende bene l’idea. In verità siamo
sconcertati da quello che sta succedendo in Siria. […] Prima di
proseguire vorrei sottolineare una cosa: l’attacco dovrebbe essere una
rappresaglia per l’uso di armi chimiche da parte della Siria. Ma
francamente non si sono mai viste armi chimiche che colpiscono solo
donne e bambini e che poi vengono lavate via con l’acqua». Fatta questa
premessa, sempre l’ufficiale ricorda la situazione paradossale che sta
vivendo la Siria, paese “sovrano” – nel senso di formalmente
indipendente da altri Stati – invaso da anni da un paese Nato: «Nel caos
siriano la Turchia ci sguazza. Non vede l’ora che la tensione salga in
modo che possa continuare a fare i suoi comodi senza che nessuno fiati.
In pratica la Turchia è un paese invasore della Siria del nord e adesso anche del nord dell’Iraq, e nessuno dice nulla».
Di fronte all’invasione conclamata, si decide oggi di bombardare il paese invaso e non l’invasore. Questa
la legalità internazionale che tutti i paesi europei stanno avallando,
chi direttamente – come Francia e Gran Bretagna – chi indirettamente,
come Germania e Italia. Che, ripetendo il consueto schema, evitano la
diretta implicazione nei bombardamenti salvo poi presentarsi con lo
stuolo di medici, intelligence e imprese petrolifere a raccogliere i
frutti dell’ennesimo paese invaso. Grazie al cielo (per la Siria), c’è
la Russia. Se i bombardamenti di questa notte si sono risolti nel solito
bluff mediatico trumpiano è unicamente per la presenza della Russia
nella regione, a difesa della sovranità siriana. Certo i motivi di
questa presenza sono tutto fuorché nobili e dettati da solidarietà
internazionale. Sono, va da sé, interessi geopolitici contrapposti a
quelli occidentali. Interessi, peraltro, che in questo anno hanno
consentito proprio alla Turchia di coprirsi le spalle con la Russia per
agire indisturbata nel Rojava. Ma bisognerebbe anche uscire dall’ignavia
dirittoumanista che colloca i due interessi (quelli angloamericani e
quelli russi) su di uno speculare piatto della bilancia: se non ci fosse
la Russia e il suo sistema antimissile, Assad da tempo avrebbe fatto la
fine di Gheddafi e la Siria la fine della Somalia: un failed state in
parte controllato dall’Isis, in parte da proxy governments
anglo-sauditi. Difficile inquadrare questo scenario nella prospettiva
del “miglioramento” delle “condizioni di vita” della popolazione
siriana. La critica ad Assad, pure doverosa, non può coincidere col
ritorno del mandato occidentale in Medioriente, superando il
conservatorismo alauita col neocolonialismo post-Prima guerra mondiale. E
così il pagliaccio Trump con una mano assicura l’opinione pubblica
liberale, dall’altra si muove con estrema cautela con la Russia. Questo
lo scenario che ha portato all’operazione mediatica di questa notte. Uno
show, in perfetto stile trumpiano.
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