di Michele Giorgio – Il Manifesto
«Questa legge colpisce i cittadini non ebrei di Israele. Mi sento discriminato, perciò lascio le Forze armate». Safa Mansour, druso e medico militare della 91esima divisione dell’esercito, ai microfoni della radio statale ha condannato pubblicamente la
legge approvata lo scorso 19 luglio dalla Knesset che definisce Israele
come ”Stato nazione del popolo ebraico” e descrive la biblica “Eretz
Israel”, la Palestina storica, come una terra appartenente agli ebrei.
Il testo peraltro non contiene riferimenti espliciti all’uguaglianza
tra ebrei e non ebrei e ha declassato l’arabo, fino a qualche giorno fa
lingua ufficiale di Israele come l’ebraico. Per un milione e mezzo di arabo israeliani, i palestinesi cittadini d’Israele, la legge non è una sorpresa. La contestano con forza, ne comprendono i suoi pericolosi risvolti futuri ma allo stesso tempo la
vedono come un atto nero su bianco che ufficializza le discriminazioni
alle quali sono soggetti sin dalla fondazione di Israele, 70 anni fa.
Per 130mila drusi, o gran parte di essi, invece è stato uno choc. Si
sentono traditi, ingannati, messi sullo stesso piano degli arabo
israeliani. Sono l’unica minoranza non ebraica che fa il servizio
militare obbligatorio. I drusi combattono e talvolta muoiono
per Israele. Nei Territori palestinesi occupati reprimono con violenza,
arrestano, fanno il lavoro sporco e adesso scoprono di essere cittadini
di serie B. Il brit damim, il “patto di sangue” che dal 1948 li legherebbe agli israeliani ebrei, si è rivelato una frase su un foglio di carta. Gli “arabi modello” a conti fatti sono soltanto degli arabi.
Un colpo al quale Safa Mansour e altri due ufficiali drusi hanno
risposto annunciando di non voler più far parte delle Forze armate.
Altri potrebbero seguire il loro gesto. Uno dei tre, Amir Jamal, è stato
sospeso per 15 giorni e il capo di stato maggiore Eisenkot ha
fatto la voce grossa esortando i militari drusi a mettere da parte la
politica e a credere nella piena uguaglianza nei ranghi dell’esercito
dove, a suo dire, non esisterebbero differenze tra fedi ed etnie
diverse. Un appello analogo è giunto anche dal generale di brigata
Ghassan Alian, l’ufficiale druso più alto in grado.
Parole che
forse non basteranno, è probabile che la legge approvata dalla Knesset
favorisca l’aumento del numero degli obiettori tra i giovani drusi già
in atto da alcuni anni. «Sono convinto che tanti nostri giovani adesso
sceglieranno di non fare il servizio di leva, nonostante le sanzioni
previste dalla legge – dice al manifesto Samer Sweid, un attivista della compagna per l’obiezione di coscienza –
Da anni lavoriamo per questo e la nuova legge appena spingerà tanti
ragazzi a ripensare al proprio status nella società israeliana e al loro
ruolo nelle forze armate di Israele».
L’alleanza tra Israele e i drusi – fede religiosa di origine
sciita-ismailita divenuta nel corso dei secoli di fatto anche una etnia,
in ragione della spiccata tendenza nella comunità all’endogamia –
risale a prima della nascita dello Stato ebraico. Il movimento
sionista e i più importanti leader religiosi drusi in Galilea avviarono
rapporti stretti a danno del nazionalismo palestinese. Rapporti
che dopo la fondazione di Israele sfociarono nella definizione di uno
status speciale per i cittadini drusi, molti dei quali rimarcano la
“differenza” dai palestinesi. Oggi diverse migliaia di drusi si proclamano “sionisti”. Un loro rappresentante, il ministro Ayoub Kara, è noto per i suoi toni sempre accesi contro gli arabi. Allo
stesso tempo non tutta la minoranza drusa appoggia l’integrazione
totale nel sistema israeliano e la partecipazione alle Forze armate. Due celebri intellettuali drusi, entrambi scomparsi qualche anno fa, come il poeta Samih al Qassem e lo scrittore Salman Natour,
si sono sempre dichiarati parte della nazione palestinese. I drusi del
Golan, territorio occupato da Israele nel 1967, a differenza dei loro
fratelli in Galilea si proclamano con orgoglio cittadini siriani.
Sabato migliaia di drusi israeliani parteciperanno a Tel Aviv
a una manifestazione in cui invocheranno un emendamento a loro favore
della legge su Israele Stato nazionale del popolo ebraico che dovrebbe
essere ripresa in esame l’8 agosto dalla Knesset. Il governo
comunque resta compatto nella difesa della legge malgrado le critiche
espresse dal capo dello stato Rivlin e da decine di artisti,
intellettuali e scrittori ebrei. La giornalista di Haifa Nahed Dirbas
crede che la protesta drusa sia destinata a scemare nelle prossime
settimane. «Aumenteranno gli obiettori ma alla fine a decidere per
tutta la comunità drusa saranno come sempre i capi religiosi» ci dice «e
con ogni probabilità si accontenteranno delle rassicurazioni del
governo».
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