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05/12/2018

Cinque stati europei “saccheggiano” i conti libici. L’Onu ne contesta la legittimità

Una recente inchiesta del webmagazine Politico.eu ha raccolto nuove prove sul fatto che il fondo sovrano libico LIA (Lybia Africa Investment), teoricamente congelato dall’Onu, abbia distribuito indisturbato dividendi azionari, reddito da obbligazioni e pagamenti di interessi dopo l’aggressione Nato alla Libia e la violenta deposizione di Gheddafi.

Nel marzo 2011, una risoluzione Onu, consentì ad una serie di paesi, tra cui quelli dell’Unione Europea e gli Usa, di sanzionare il regime di Gheddafi congelando 67 miliardi di asset detenuti dal governo libico in diversi paesi del mondo, Italia inclusa. Una parte di queste risorse, spiegano a Politico.eu, si trova in Belgio, in almeno quattro conti bancari gestiti da Euroclear, un’istituzione finanziaria con sede a Bruxelles. Si tratta di circa 16 miliardi, che sulla carta appartengono alla “Libyan Investment Authority (LIA), il fondo sovrano del paese”.

“Sei anni dopo la morte di Muammar Gheddafi – scrive il sito – i fondi congelati del regime a Bruxelles stanno generando decine di milioni di euro di interesse, nonostante le sanzioni internazionali”.

Ma l’intrigo si fa più rognoso perché il fondo sovrano libico ha dichiarato al sito Politico che cinque Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno distribuito denaro – interessi e dividendi – dai conti congelati in Europa appartenenti al defunto leader libico, Muammar Gheddafi, nonostante le sanzioni Onu del 2011. I cinque Paesi Ue indicati dalla Lia sono Regno Unito, Germania, Italia, Lussemburgo e Belgio.

La Lia ha risposto ad una richiesta di Politico.eu sui misteriosi pagamenti effettuati dai conti formalmente accreditati a Gheddafi (in realtà dello Stato libico), congelati in Europa, e che sono già diventati una questione politica di primo piano in Belgio, perché risulterebbero grosse somme di denaro uscite dai conti di Bruxelles.

Lo scorso anno, in una inchiesta del giornale tedesco Süddeutsche Zeitung si citavano i famosi Panama Papers, nei quali ci sarebbero prove del fatto che buona parte di quei soldi, almeno quelli contenuti nel fondo sovrano istituito da Gheddafi stesso nel 2006, il LIA (Libya Africa Investment) appunto, sarebbero stati investiti in fondi petroliferi in giro in Africa, permettendone la loro circolazione. E si tratterebbe di una cifra assai considerevole: circa 60 miliardi.

Il Belgio si è difeso sostenendo che le sanzioni riguardano il capitale ma non gli interessi accumulati dal fondo sovrano. “In molte giurisdizioni (Regno Unito, Belgio, Germania, Italia e Lussemburgo per esempio) gli interessi e i dividendi sulle proprietà congelate sotto sanzioni Onu non sono congelati”, ha scritto la Lia.

Un gruppo di esperti sostenuto dall’Onu ha però contestato tale versione e lo scorso settembre ha definito illegali questi pagamenti, che si sospetta possano aver contribuito all’instabilità del Paese. Un portavoce dell’Onu, José Luis Díaz, ha detto che le conclusioni del gruppo di esperti dello scorso settembre sono state inviate al Consiglio di sicurezza dell’Onu, che potrebbe adottare misure appropriate.

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