E’ triste vedere giornalisti di chiara fama abbassare il proprio dire fin sull'orlo della demenza pur di compiacere il proprio editore.
La grande manifestazione No Tav di Torino – che ha “doppiato”, se non di più, quella dei favorevoli alla “grande opera inutile” – ha segnato i media mainstream. Ma in modo diverso. Il Corriere della Sera, per esempio, ha nascosto sotto una coltre di aplomb semi-britannico il proprio disappunto (e quello dei suoi azionisti di riferimento). Repubblica, invece, l’ha presa malissimo. E trascende spesso nella sguaiatezza.
Senza scriverci su un “pezzo”, anche Vittorio Zucconi ha voluto portare la sua brava pietra a secco per il muretto di contenimento imprenditoriale che vuole schiacciare i NoTav.
Il suo post, però, in poche parole ha toccato profondità insondabili.
“Non c’è modo di stabilire niente prima. Le piramidi – per fare un esempio estremo – non servivano a niente e hanno generato miliardi di turismo. L’opposizione al Tav, abitanti della zona a parte, è puramente ideologica e lo sappiamo”.
Diciamo la verità: stavolta non si è dimostrato all’altezza dello stipendio...
L’incipit è generico, ma esatto. Prevedere le conseguenze delle azioni umane è abbastanza difficile, tanto che Napoleone – che pure di strategia ne masticava abbastanza – sintetizzava il suo stile nella battuta “ci si batte e poi si vede”.
Ma se questo principio vale sicuramente per la politica e la guerra (sono la stessa cosa, con strumenti un po’ diversi), risulta un po’ assurdo applicarlo alle grandi opere infrastrutturali. Che, ci dicono gli ingegneri e gli economisti, vengono decise in base a una valutazione costi/benefici (pur sempre un po’ aleatoria e fondata su stime) e a molto più precisi calcoli su struttura dei terreni, materiali, carichi di lavoro, ecc.
Insomma: una grande opera si fa se serve a qualcosa. Altrimenti no.
Ma dove l’ex grande giornalista sbatte duro è l’esempio delle piramidi.
In primo luogo perché è semplicemente falso che le piramidi “non servivano a niente”. Tombe di faraoni, ossia semi-dei secondo le credenze dell’epoca, avevano un senso che forse noi “moderni” fatichiamo a condividere – e ci mancherebbe – ma che archeologi e storici ci spiegano abbastanza tranquillamente.
Di sicuro, ci vien da dire, non pensavano ai turisti di 3.000 anni dopo...
Ma è proprio il paragone a non reggere. Se dovessimo accettare il “ragionamento” di Zucconi dovremmo concludere che: la Tav non serve a un cazzo, è vero; ma facciamola lo stesso che magari tra mille anni diventa un’attrazione turistica.
E’ possibile, certamente. Ma nel frattempo, a noi che stiamo qui, forse interessa spendere le nostre poche risorse per qualcosa che ci serve davvero e subito. Magari non attirerà i turisti futuri, ma permetterà di generare una discendenza che può sopravvivere in un mondo adatto.
Se proprio ci si vuol divertire a progettare potenziali “attrazioni turistiche per il futuro”, qualcuno potrebbe suggerire di chiudere i “sì tav” dentro il buco già scavato. Così, un giorno, potremmo esibire mummie italiane doc.
Costerebbe anche molto meno...
P.s. Ringraziamo ovviamente tutti coloro che hanno seminato lazzi e frizzi sui social a proposito del post in copertina...
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