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04/12/2018

La crescita silenziosa di Potere al Popolo: “Se l’Europa è questa, meglio uscirne. La sinistra? Deve seppellirsi”

Alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 la lista Potere al Popolo ha ottenuto l’1,13 per cento di voti alla Camera e l’1,06 al Senato, non superando la soglia di sbarramento. Da allora il movimento non si è spento, ma anzi è cresciuto e oggi, nove mesi dopo, i sondaggi lo stimano tra il 2,1 e il 2,5 per cento (qui gli ultimi sondaggi).

In pochi lo avrebbero previsto: non era facile sopravvivere al nuovo bipolarismo M5S-Lega. Eppure, il caso di Potere al Popolo ci suggerisce che qualcosa sta continuando a succedere lì fuori, qualcosa che sarebbe sbagliato ignorare, soprattutto per quello che potrebbe significare dopo.

“È stata una sorpresa anche per noi. Avevamo l’augurio di poter durare nel tempo, ma ammetto che non ce lo aspettavamo. Le elezioni però da sempre erano concepite da noi solo come un passaggio, sapevamo di non voler evaporare via dopo”, osserva Viola Carofalo, la portavoce del movimento. Movimento: è lei stessa a chiamarlo così, e non lo fa per caso. “Partito è una parola che non mi piace”, dice.

Sinistra, invece, che parola è?

“Neanche per la parola sinistra ho una passione”.

Comunismo è una parola che va bene?

“Neanche. Se mi definisco comunista io, non posso comunque dire che tutti in Potere al Popolo lo siano”.

Qual è allora la definizione politica che va bene per Potere al Popolo?

“Equità sociale, siamo per l’equità sociale”.

Ricercatrice all’Orientale di Napoli, due dottorati alle spalle, uno in Filosofia Moderna e Contemporanea e l’altro in Filosofia e Politica, Carofalo sul braccio ha tatuato un verso scritto in greco antico: “Preferirei cento volte combattere che partorire sola”, tratto dalla Medea di Euripide.

Nell’immaginario collettivo siete quelli dei “centri sociali”, quelli della rivolta violenta.

“So che esiste questo pregiudizio e penso che possa ferire ogni tanto, ma non l’ho mai vissuto sulla mia pelle. Faccio politica da sempre: prima nei collettivi, poi nei centri sociali, fino all’ex Opg (ex ospedale psichiatrico) di Napoli”.

Il 20 e 21 ottobre a Roma Potere al Popolo ha tenuto l’assemblea nazionale per l’elezione del coordinamento. Oggi la lista nelle intenzioni di voto degli italiani si trova immediatamente sotto a +Europa, stimata al 2,2 per cento, e a Liberi e Uguali, al 2,3 per cento, entrambi partiti che però, a differenza di PaP, hanno già una loro rappresentanza parlamentare. A questo punto per il movimento la soglia di sbarramento del 3 per cento potrebbe essere un obiettivo sempre più raggiungibile per la prossima chiamata alle urne.

C’è stato un cambiamento di profilo tra l’elettore che vi avvicinava nel pre-elezioni e quello che invece riuscite ad attrarre adesso?

“Più che un cambiamento, c’è stato un allargamento. Il nostro obiettivo era parlare a tutti quelli che non avevano più una casa. Una casa politica, un posto dove poter ritrovare un’identità senza la conseguenza di sentirsi spaesati, senza temi in cui riconoscersi. Ma, se dovessi fare una sintesi, dentro PaP c’è soprattutto gente normale, che non ha per forza un passato da attivista, gente che si è sentita accolta”.

Oltre ad avere con voi gente normale, fate anche iniziative normali? Perché, sempre quella legge dell’immaginario porta a pensarvi come rivoluzionari al fronte, come i ribelli a prescindere. Qual è la vostra agenda giornaliera concreta?

“Portiamo pasti alla gente che fatica a provvedere al proprio cibo, offriamo un servizio di doposcuola e di ambulatorio nei centri che abbiamo creato e, a dispetto di quello che si possa pensare, per fare questo collaboriamo anche con realtà di formazione cattolica come gli scout. Diciamo che da noi viene prima quello che facciamo e poi la spiegazione di chi siamo”.

Nella vostra agenda c’è molta difesa dei diritti civili. Cresce tuttavia nel Paese il clima di xenofobia. Questo è da imputare a scelte politiche, ai leader che le incarnano o c’è qualcosa di più profondo, che ha a che fare con questo periodo e con la nostra umanità?

“Salvini rappresenta il nostro inconscio e ha fatto uscire il peggio di noi. È come se in ognuno di noi prima la maggior parte degli istinti peggiori fosse chiuso a chiave in un recinto, Salvini ha aperto i cancelli di questi recinti e ci ha detto ‘via, liberateli, fateli uscire’.

Vedere in una posizione di potere chi incarna questi istinti li ha legittimati anche dentro di noi, dandogli una dignità, un diritto di esistere. Lui è riuscito a darci in poco tempo la sensazione di una catastrofe imminente, di un palazzo in fiamme da cui scappare”.

Ci sono delle realtà o dei diritti che corrono di più il pericolo di essere sacrificati in nome di questi istinti?

“Da donna posso dire che il decreto Pillon mi mette paura e mi imbarazza. E fa sembrare ipocrita anche la presenza dello Stato in giornate come quella contro la violenza di genere il 25 novembre. Se introduci l’obbligo di mediazione familiare, rallentando così il procedimento di separazione, anche per donne abusate e maltrattate è ovvio che poi non credo più agli spot che dicono ‘lo Stato è con te, denuncia’”.

Tornare indietro sarà impossibile?

Non è detto. Non vogliamo fare l’errore di credere di essere superiori gli altri. Le persone non vanno “istruite” ai valori in cui crediamo. Credere di potere “istruire gli altri” è un errore che hanno fatto gli altri. Noi vogliamo metterci in dialogo, creare un confronto, questo potrà portare un’atmosfera nuova”.

Quando parla di altri, parla degli altri a sinistra? È ipotizzabile una coalizione tra di voi?

“No, la sinistra per quello che ha fatto si deve seppellire”

Le elezioni europee saranno il primo palco dove testare la vostra resistenza politica o la vostra evoluzione. Ma anche l’Europa è un valore che volete mettere in discussione.

“Noi non siamo anti-europeisti tout court , ma se l’Europa dovesse rimanere quella di adesso meglio restarne fuori. L’Europa non è un monolite che non può essere messo in discussione, è per questo motivo che non rifiutiamo a priori l’idea di un referendum”.

Mettere in discussione i valori precostituiti, partire dal basso, portare al potere gente comune. Seppur la base politica di provenienza fosse diversa, questi erano e sono anche i comandamenti del M5S, che da quando è arrivato in cima viene spesso tacciato di essere diventato a tutti gli effetti sistema. Una volta al governo, cedereste anche voi alla tentazione?

“Vista la fine che hanno fatto i 5 stelle bisogna stare attenti, ma sui i miei posso metterci la mano sul fuoco”.

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