Siamo in un periodo di pre-guerra. Le notizie e i tentativi di analisi che produciamo ogni giorno, purtroppo, vanno piuttosto univocamente in questa direzione.
Tralasciamo per una volta i dati strutturali – quelli economici, e i tentativi di uscire dalla crisi aumentando la “competizione” globale – e prestiamo attenzione agli atteggiamenti politici e al linguaggio.
I morti ammazzati in luoghi di preghiera o di divertimento, fin qui, hanno sollevato condanne unanimi e parole di cordoglio molto simili. Abbiamo infatti vissuto per 30 anni – dalla caduta del Muro in poi – in un mondo teoricamente omogeneo, sul piano dei “valori professati”, per cui ogni omicidio doveva provocare uguale orrore, contro chiunque fosse stato commesso e chiunque fosse stato l’assassino. Figuriamoci per le stragi...
Sappiamo benissimo che questa vernice ideologica copriva una realtà molto diversa, anzi opposta, che ogni tanto veniva fuori con nazista brutalità (la “democratica” Madeleine Albright, segretario di Stato Usa con Bill Clinton, definì “accettabile” che fossero stati fatti morire mezzo milione di bambini iracheni pur di abbattere Saddam Hussein). Ma almeno la narrazione ufficiale dei governi dell’Occidente – tutti – si sforzava di diffondere il discorso per cui “tutte le morti sono eguali” e tutti gli assassini da condannare.
A Christchurch, nella civilissima e pacificissima Nuova Zelanda, lontana dal resto del mondo e mai toccata da attentati, un commando di quattro “suprematisti bianchi” – un miscuglio molto anglosassone di nazismo, ku klux klan e integralismo cristiano – ha fatto strage in due moschee cittadine, uccidendo ben 49 persone.
L’orrore è stato molto relativo, anche sui media “democratici”, e soprattutto di breve durata. Altre notizie, considerate più “intriganti” (come il mistero sulla morte di una delle “olgettine” berlusconiane, una delle poche peraltro ad aver raccontato molti dettagli agli inquirenti), hanno dopo poche ore preso il sopravvento e il primo posto.
A fare la differenza, ancora una volta, Matteo Salvini.
“L’unico estremismo che merita di essere attenzionato è quello islamico. Quello di estrema destra è rappresentato da nostalgici fuori dal mondo e fuori dal tempo che, stando ai servizi di informazione e sicurezza, meritano una condanna morale, come ogni episodio di violenza, ma se c’è estremismo riguardo al quale firmo la metà dei miei atti è quello di matrice islamica“.
Una strage nazista (magari una appena tentata e non riuscita, come quella di Macerata ad opera di un nazileghista “per Salvini”, peraltro ricordato come “esempio” dagli stragisti neozelandesi) meriterebbe insomma una “condanna solo morale”, ma non desta la preoccupazione del ministro dell’interno.
Perché? C’è una sola risposta logica: quei morti sono “degli altri”, gli assassini sono “dei nostri”.
La logica di guerra è tutta dentro questa distinzione.
C’è comunque qualcosa di peggio. Nella guerra propriamente detta, in linea teorica, ci si spara tra combattenti (le morti civili vengono classificate come “effetti collaterali” anche quando sono il risultato di bombardamenti sulle città). Dunque la possibilità di essere uccisi o di uccidere sta nel conto, è “la normalità” della guerra.
Nella realtà di questi tempi, invece, si spara tranquillamente sui civili della “parte avversa”.
Lo fanno i jihadisti nelle città occidentali, lo fanno i nazisti-suprematisti nelle stesse città. Cambia solo il bersaglio, non la logica (“ripulire il mondo da chi non ha la mia fede o il mio colore di pelle”).
Ci si attenderebbe dunque, da un ministro responsabile, un atteggiamento che non lascia spazio all’escalation dei giustizieri-fai-da-te o dei vendicatori autoproclamati.
Salvini fa l’opposto. Si dispiace dei morti, ma la sua preoccupazione è rivolta solo al “nemico”. Di fatto è un via libera, limitato soltanto dalla funzione istituzionale, che lo costringe a rivendicare per sé – ossia per le “forze dell’ordine” che dirige – il ruolo principale in questa guerra. Il “monopolio dell’uso della forza”.
Ma i “volenterosi” che hanno voglia di imbracciare le armi possono star tranquilli. Almeno fin quando non le usano sul serio, il ministro non chiederà alle polizie di indagare su di loro. E anche quando dovessero usarle, in qualche modo si darà da fare per far loro applicare il massimo possibile delle “attenuanti”.
Per le medaglie, bisogna attendere ancora un poco...
Ma attenzione. Non è che il portavoce leghista sia uno “fuori come un poggiolo”, un estremista arrivato lì per caso... Se guardiamo a tutta la politica dell’Occidente – in Ucraina, nei paesi baltici, all’interno delle metropoli stesse – vediamo che ovunque i “nostalgici” del reich o del fascismo sono coccolati, coltivati, foraggiati, stipendiati. E nessun capitalista “investe” solo per simpatia. Vengono “tenuti da conto”, possibilmente al guinzaglio e senza troppa libertà d’azione.
Ma se li tengono cari, che ti chiami Salvini o Minniti, Le Pen o Macron, Merkel o vattelapesca.
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