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07/02/2021

Francia - La crisi sanitaria e sociale si aggrava, sindacati di nuovo in piazza

Giovedì 4 febbraio i sindacati francesi (CGT, FSU, Solidaires) e le organizzazioni studentesche (UNEF e UNL) hanno fatto appello ad una giornata di mobilitazione nazionale e di sciopero intersettoriale contro i licenziamenti di massa, la crescente precarizzazione e lo smantellamento dei servizi pubblici.

Nel comunicato congiunto, le organizzazioni sindacali affermano che “il piano di rilancio presentato dal governo è pienamente in linea con le politiche di taglio dei posti di lavoro, di pressione al ribasso sui salari e sulle condizioni di lavoro e di indebolimento dell’assistenza sociale” e che “fa sprofondare una grande parte della popolazione e soprattutto dei giovani nella precarietà e nella povertà”.

La giornata ha visto migliaia di lavoratori, precari, disoccupati e studenti scendere in piazza nelle principali città francesi: 20.000 persone hanno manifestato a Parigi, 3.000 a Marsiglia, Tolosa e a Lione, 2.500 a Bordeaux e Nantes.

Dopo la mobilitazione del personale sanitario il 21 gennaio, la manifestazione nazionale contro i licenziamenti di massa il 23 e lo sciopero degli insegnanti il 26, la giornata del 4 febbraio ha segnato un’ulteriore tappa nella costruzione di un movimento di opposizione sociale contro le drammatiche conseguenze della crisi sociale e contro i suoi responsabili politici materiali.

Le successive riforme del governo francese, accelerate dall’arrivo di Emmanuel Macron all’Eliseo nel 2017 ma messe in campo già al tempo dell’ex Presidente socialista François Hollande, hanno sistematicamente mirato alla precarizzazione dei lavoratori, sia nel settore pubblico che privato, alla compressione dei diritti sociali e alla distruzione dello Stato sociale in tutte le sue forme (istruzione, sanità e pensioni), salvaguardando – ben inteso – gli interessi padronali e i profitti dei gruppi industriali e delle multinazionali.

L’emergenza sanitaria generata dalla pandemia di Covid-19 non ha fatto altro che aggravare la crisi sociale già in atto, offrendo l’occasione per un ennesimo giro di vite delle politiche neoliberiste in Francia, come in tutti i Paesi dell’Unione Europea. I piani di “ristrutturazione” aziendale non sono altro che la rappresentazione di una riorganizzazione dell’intero sistema produttivo capitalista per fronteggiare le sfide competitive internazionali.

La Francia, con i suoi giganti industriali in diversi settori strategici in cui la partecipazione azionaria dello Stato ha ancora un peso notevole e in alcuni casi rilevanti, vuole rimanere tra i primi della classe dell’UE, quelli che decidono e comandano ai tavoli che contano della Commissione europea.

Già la mobilitazione dello scorso 23 gennaio contro i licenziamenti e la soppressione dei posti di lavoro aveva visto migliaia di persone scendere in piazza a Parigi per contestare inoltre la gestione sanitaria assolutamente e decisamente pro-padronale da parte del governo. In questi mesi di seconda ondata della pandemia, il Medef (la Confindustria francese) ha sempre ottenuto quello che desiderava: garanzie da parte dello Stato dei prestiti per cifre miliardarie, prolungamento del meccanismo dello “chômage partiel” (simile alla cassa integrazione in cui però l’azienda riceve un’indennità pagata dallo Stato corrispondente all’85% dello stipendio del dipendente), esenzione delle tasse sulla produzione, ecc.

Da parte loro, molte grandi imprese, sebbene avessero ricevuto queste “agevolazioni” per far fronte allo shock economico negativo della pandemia, hanno distribuito dividendi stellari ai propri azionisti, presentando al tempo stesso una lunga serie di “piani sociali” fatti di delocalizzazioni produttive e licenziamenti massicci.

In piena pandemia, molte forze politiche della sinistra, tra cui in particolare La France Insoumise, avevano richiesto di condizionare gli aiuti statali elargiti alle imprese a precisi e puntuali impegni sul fronte della tutela dei posti di lavoro, di non distribuzione di dividendi e di rispetto di condizioni ecologiche e di protezione sanitaria dei lavoratori.

Il media indipendente online Mediapart ha elaborato una mappa dei “piani sociali” annunciati dallo scorso giugno ad oggi, in continuo aggiornamento. La gravità della situazione che ne emerge è più che allarmante: più di 85mila posti di lavoro sono stati tagliati o minacciano di esserlo, in poco più di 400 imprese.

I settori maggiormente interessati, sia per numero di aziende che di lavoratori a rischio, sono quello automobilistico, aeronautico, turistico e dei trasporti, agroalimentare e della ristorazione.Tra questi, spiccano i licenziamenti annunciati da Air France (6.560), Renault (4.600), Airbus (4.248), Michelin (2.300), ma anche Elior (1.888) e Auchan (1.475).

Risalta anche il piano di ristrutturazione della multinazionale farmaceutica francese Sanofi, la quale già lo scorso giugno aveva annunciato il taglio di 1.000 posti di lavoro. Sempre per quanto riguarda Sanofi, il vero e proprio scandalo, anche per il clamore mediatico suscitato nell’opinione pubblica nel contesto dell’attuale crisi sanitaria, è scoppiato qualche settimana fa, quando il colosso di Big Pharma ha comunicato la soppressione di 400 posti nella sua branca di ricerca e sviluppo in Francia.

Sanofi è in netto ritardo nello sviluppo di un proprio vaccino contro il Covid-19 e non è stata in grado di reggere la competizione con le altre grandi case farmaceutiche, come Pfizer e AstraZeneca, le quali invece sono riuscite ad ottenere – seppur con numerose riserve – l’approvazione da parte dell’EMA.

In 10 anni, Sanofi ha beneficiato di 1,5 miliardi di euro di Credito d’imposta per la ricerca e il 2020 è stato un anno oltremodo proficuo: il risultato netto delle sue attività è aumentato del 9,4% nel terzo trimestre, il suo volume ha raggiunto 9,5 miliardi di euro e ha versato 4 miliardi di euro di dividendi.

Mentre nel mese di gennaio qualcuno ha staccato le cedole dei titoli azionari in rialzo, sono esplose pubblicamente la difficoltà economiche e psicologiche dei giovani, studenti universitari e lavoratori ultra-precari. Diversi casi di tentati suicidi hanno acceso i riflettori sulla situazione di isolamento e precarietà già esistente tra i giovani: tra perdita di “lavoretti” e abbandono universitario, gli studenti sono tra le principali vittime della crisi economica e sanitaria.

Da qualche giorno, le lunghe code di studenti a Parigi per ritirare pacchi alimentari testimoniano una situazione che si aggrava nel silenzio sprezzante del governo francese. “Sono qui perché è assolutamente indispensabile, il mio frigorifero è vuoto da lunedì e comincia a diventare difficile, ho un lavoro, ma non è facile con il Covid mantenerlo, prima lavoravo tutti i giorni ora solo due o tre volte alla settimana”, dice Léa intervistata dal media francese Brut.

Con 1 giovane su 5 che vive sotto la soglia di povertà, alla precarietà economica si aggiunge il disagio e la sofferenza psicologica dilagante, determinata anche dalla pressione universitaria di non perdere l’anno o rimanere indietro con gli esami, nonostante i mezzi di supporto, soprattutto per gli studenti più fragili e in difficoltà, non sono stati messi a disposizione in maniera adeguata.

Il meccanismo della competizione e della selezione di anni di riforme classiste dell’università mostra tutta la sua brutalità ed infamia, escludendo ed emarginando gli studenti in condizioni precarie.

Le misure del governo adottate in questa pandemia sono del tutto palliative: qualche giorno fa è stato annunciato l’abbassamento a 1 euro del prezzo di un pasto offerto dai CROUS, l’amministrazione regionale che fornisce borse di studio per studenti, alloggi universitari e servizio ristorazione. Tuttavia, molti studenti hanno fatto notare al Ministro dell’Università che diversi ristoranti universitari sono chiusi, rendendo impossibile agli studenti beneficiare di questi pasti.

Per quanto riguarda l’evoluzione della situazione sanitaria, la terza ondata della pandemia di Covid-19 sta galoppando a ritmi sostenuti, dopo la ripresa dei contagi con il rientro dalle vacanze natalizie. Il Primo Ministro Jean Castex e il Ministro della Salute Olivier Véran hanno fatto il punto sul contesto sanitario e sulle misure restrittive già messe in atto giovedì pomeriggio in una conferenza stampa.

Tuttavia, è sempre più evidente come il governo navighi a vista e cerchi di prendere tempo nella speranza di poter scongiurare un nuovo lockdown e quindi un ulteriore crollo del PIL, dopo lo storico -8,3% registrato nel 2020.

Rémi Salomon, presidente della commissione medica dell’istituto Assistance Publique – Hôpitaux de Paris, ha presentato risultati estremamente allarmanti sulla presenza delle varianti più contagiose, in particolare quella inglese, nella regione dell’Île-de-France.

La presenza di queste varianti più contagiose tra le contaminazioni della scorsa settimana è passata dal 15 al 20%, rispetto al 6% di inizio gennaio: “Questa è una crescita esponenziale. La variante inglese diventerà dominante nei prossimi 15 giorni o 4 settimane. Poiché è dal 40 al 70% più contagiosa, ci sarà un’accelerazione dell’epidemia se non si fa nulla”, ha affermato.

Di fronte al rischio di una nuova e più contagiosa epidemia, il governo francese ancora una volta si mostra responsabile di una grave mancanza di previsione e di capacità di azione, decidendo di posticipare qualunque decisione sulle misure sanitarie di contrasto alla diffusione dei contagi. Nel frattempo, rafforza i controlli effettuati dalle forze dell’ordine per imporre il rispetto del coprifuoco alle ore 18 valido sull’intero territorio nazionale.

Non senza episodi che hanno del paradossale: domenica scorsa, si sono registrati più di 400km complessivi di code sulle strade dell’Île-de-France, in particolare sul “boulevard périphérique” che circonda Parigi, causati prevalentemente dai controlli della polizia la quale, scoccate le lancette alle ore 18, non ha esitato a multare gli automobilisti fermi in macchina per mancato rispetto del coprifuoco. La chiamano “tolleranza zero”, in realtà è “stupidità massima”.

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