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03/02/2021

L’Impero europeo prepara i propri “campioni”

Dalle pagine di questo giornale sono stati approfonditamente analizzati tutti gli aspetti che caratterizzano il Next Generation EU (NGEU): l’entità modesta delle risorse rispetto alla gravità dell’emergenza, la vera natura dei contributi c.d. a fondo perduto che, in realtà, non costituiscono una gentile concessione perché non ci sono “pasti gratis” all’interno della costruzione europeista, e le condizionalità evidenti e stringenti che caratterizzano questo strumento tanto osannato.

Fermo restando gli elementi sopra rappresentati, il punto centrale da cogliere è la vera logica all’interno della quale si inscrive il NGEU, ovvero accelerare quella tendenza, preesistente all’esplosione della pandemia, a delineare l’Unione europea come uno dei soggetti in campo nella competizione interimperialista.

Ed allora qui si pone un interrogativo: quelle risorse che saranno indirizzate soprattutto verso la digitalizzazione e la cd green economy serviranno per migliorare le condizioni di vita di milioni di lavoratori e mettere finalmente mano alla fragilità di un sistema che è letteralmente esploso con il manifestarsi della pandemia?

O, diversamente, la destinazione delle risorse obbedisce ad un'altra logica, tutta interna alla feroce competizione che si gioca a livello mondiale e all’interno della quale il polo imperialista europeo gioca la sua partita e, per la sua quota parte, anche il nostro paese se pur con un ruolo subalterno rispetto al modello mercantilista tedesco?

Siamo a febbraio 2019 e dinanzi ad una delle tante crisi che da un decennio colpiscono il modello europeo, il Ministro dell’Industria tedesco Altmaier pubblica un Rapporto per la strategia a medio termine della Germania (e quindi dell’UE), nel quale emerge un riposizionamento ideologico e strategico importante da parte di quello che è il paese guida dell’UE.

In questo documento di circa 20 pagine Altmaier riscopre la necessità dell’intervento pubblico in economia, certo non nella direzione da noi auspicata, e mette l’accento su alcune questioni:

1) ribadisce la superiorità dell’economia sociale di mercato rispetto alla economia pianificata;

2) riconosce che l’equilibrio di potere mondiale si trova in una fase delicata nella quale ci saranno vincitori e perdenti. E qui si avverte il timore verso quel terzo mondo che che cresce a ritmi impensabili rispetto al modello europeo ma anche la preoccupazione per l’attacco di Cina e Usa sul piano dell'innovazione tecnologica, che si riproduce anche nell’erosione di vantaggi competitivi in settori tradizionali (industria automobilistica);

3) delinea in questo contesto il ruolo dello Stato: certo non per garantire welfare, ma per sostenere le imprese nella loro capacità innovativa e competitiva ed in particolare per innalzare la quota dell’industria al Pil dice Altamier dal 23 al 25 percento in Germania e dal 16 al 20 nell’UE.

I campi di intervento sono quelli dell’intelligenza artificiale, dell’economia digitale, dell’industria automobilistica, dell’ambiente, cioè troviamo già allora quegli assi strategici (green economy e digitalizzazione) ai quali il NGEU vincola oggi i piani dei singoli paesi.

E come si fa a reggere il passo nella competizione con gli USA e la Cina? Secondo Altmaier promuovendo i campioni europei perché, scrive nel documento, le dimensioni contano.

Di qui, quindi, la necessità di cambiare le politiche antitrust che precludono le fusioni e mettere mano al divieto degli aiuti di Stato la cui sospensione, avviata con lo scoppio della pandemia, è stata recentemente prorogata al 31 dicembre 2021.

Sempre nello stesso periodo viene poi siglato tra Francia e Germania il trattato di Aquisgrana che persegue l’obbiettivo dell’indipendenza dagli USA in materia tecnologica e militare e delinea un Europa “core” con gli altri Stati ridotti più o meno al rango di colonie da tenere in riga.

La sortita di Altmaier oltre a fornire l’ennesima prova che la Germania può arrogarsi tranquillamente il diritto di mettere in discussione alcune regole auree dell’architettura europeista, dimostra che già prima della pandemia la Germania ovvero il dominus dell’UE (ma anche la Francia) poneva il problema di allineare l’UE sul fronte della competizione globale per dare all’UE quel “ruolo di attore geopolitico nello scacchiere globale”. E lo strumento individuato è, appunto, quello dei campioni europei.

L’arrivo della pandemia ha impresso una potente accelerazione a tendenze in atto e già avvertite negli ambienti franco tedeschi.

Quali sono queste tendenze?

In primo luogo il ruolo e il crescente peso della Cina: il collasso economico e sociale, oltre che sanitario naturalmente, che attraversa i paesi dell’UE stride con l’oggettivo successo della Cina nel fronteggiare l’emergenza sanitaria e con la sua rapida ripartenza economica.

In secondo luogo quel riposizionamento che aveva spinto Germania e Francia nella direzione di un intervento pubblico a sostegno dei campioni europei segnando il passaggio dalla concorrenza alla competizione, diventa un quadro condiviso: le dichiarazioni di Draghi sulla necessità dell’intervento pubblico a sostegno delle grandi imprese e quindi in un ruolo subalterno rispetto all’interesse privato, segnano in realtà il passaggio dalla formula “Meno stato più mercato” alla più attuale formula “Più stato per il mercato” anche nel nostro paese.

È in questo quadro, quindi, che si colloca la risposta europea con lo strumento del NGEU e il nostro Piano nazionale di rilancio e resilienza (PNRR).

Al di la di quello che sarà il testo definitivo del PNRR, la riconfigurazione che richiede ed impone al sistema produttivo rafforza da un lato il ruolo ancillare dello Stato rispetto alle grandi aziende private e, dall’altro, segna un balzo in avanti rispetto ad un modello economico orientato alla esportazione e capace di competere nel quadro internazionale. Gli effetti dal punto di vista degli assetti produttivi, quindi, riproducono ed accentuano nel nostro paese il dualismo tra quel mondo dell’impresa agganciato ai processi di integrazione europea, certo in condizione di subalternità, e quel mondo delle microaziende, destinato ad uscire sconfitto dai processi di centralizzazione dei capitali.

D’altronde, quale sia il ruolo dell’industria del nostro paese in questo scenario, ce lo indica nitidamente la vicenda Stellantis, un esempio di campione europeo frutto di una vera e propria acquisizione di FCA da parte di Peugeot, con tutto quello che ne conseguirà anche dal punto di vista occupazionale per il nostro paese.

E allora se noi interpretiamo con questa lente e questo approccio il PNRR abbiamo una chiave di lettura importante. Al di la della fumosità e della indefinitezza degli interventi previsti nell’attuale testo che risente inevitabilmente dello scontro interno alla ex (o ancora attuale?) compagine governativa, cogliamo la ratio del modello sotteso, tutta orientata a favorire quei campioni europei dei quali parlava Altamaier e non certo a fornire una risposta utile alla fragilità strutturale del nostro paese, venuta palesemente alla luce per effetto della diffusione del fenomeno pandemico.

D’altronde lo stesso PNRR non fa certo mistero del modello che si persegue.

Sono già le prime pagine del testo a disvelare la vera ragione economica e politica di questo strumento laddove testualmente è specificato che “Sta emergendo un’idea europea della società del futuro, che darà concretezza al progetto di una Europa geopolitica lanciata dalla Commissione Von der Lyen, per affermare l’autonomia strategica europea”. Sempre nelle prime pagine del testo, le trasformazioni digitali sono indicate come centrali nella competizione geopolitica, in quanto il digitale caratterizzerà sempre più le filiere industriali della manifattura italiana.

Se guardiamo infatti alla prima missione del PNRR, quella relativa alla digitalizzazione, innovazione e competitività è interessare vedere come è stata declinata nella PA e nel sistema produttivo.

Per quanto concerne la PA il Piano elude tutti i problemi oramai cronicizzati nel settore pubblico. Lo dimostra l’irrisorietà delle risorse destinate alle nuove assunzioni (210 milioni) e alla valorizzazione del “capitale umano” (750 milioni): queste ultime, tra l’altro, dirette ad introdurre un nuovo modello di lavoro pubblico orientato alla valutazione della performance anche attraverso il potenziamento della “citizen satisfaction”. Sul fronte dell’implementazione delle infrastrutture tecnologiche lo schema appare sempre lo stesso: risorse pubbliche da indirizzare ai privati sotto forma di aziende.

Per quanto concerne la digitalizzazione del sistema produttivo alcuni passaggi contenuti nel Piano sono interessanti “Rafforzare il Paese, infatti, significa sostenere la crescita e la resilienza delle PMI, vero motore propulsivo del sistema Italia, potenziando la capacità delle filiere, in particolare di quelle tecnologicamente avanzate, di competere sui mercati internazionali e di rispondere alla crisi in atto”. O ancora, “Il progetto prevede di sostenere le filiere industriali (...) favorendone il rafforzamento anche al fine di migliorare il posizionamento nelle catene del valore europee e globali...”.

Nella competizione con le altre aree macro economiche va quindi favorito anche nel nostro paese un modello di impresa inserito nell’ambito delle catene del valore europee.

Ed è rispetto a questo modello che interviene la funzione di supporto e sostegno dello Stato, mentre i capitali più piccoli, che si rivolgono principalmente al mercato interno e quindi non sono inseriti nel processo di integrazione europeo, sono destinati a soccombere.

E così abbiamo finalmente risposto all’interrogativo che ponevo all’inizio dell’articolo: il NGEU e il PNRR del nostro paese, sono funzionali a rafforzare quella tendenza dell’UE a divenire un polo imperialista che gioca la sua partita con gli altri player sul versante della competizione economica. E, se necessario, anche militare. D’altronde come interpretare la recentissima sortita del Ministro dell’Economia francese Le Maire il quale candidamente, in una intervista al Sole 24 ore, fa espresso riferimento alla necessità di costruire un potente impero europeo?

Il cerchio si chiude pericolosamente...

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