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03/02/2021

Il dramma occupazionale e la farsa del potere

La fotografia dell’ISTAT sullo stato dell’occupazione nel Paese non consente dubbi. Siamo in piena crisi economica, sociale, occupazionale anche in presenza del blocco dei licenziamenti, della CIG Covid, del reddito di cittadinanza, di quota 100, figuriamoci senza.

Nel 2020 hanno perso il lavoro 444.000 persone, 312.000 delle quali donne; 101.000 posti persi nel solo gennaio 2021, 99.000 dei quali di donne. Probabilmente questi dati drammatici, numeri dietro a cui stanno uomini e donne in carne ed ossa – soprattutto donne, a conferma che fin qui si sono fatte soltanto grandi chiacchiere – sfuggono completamente a chi sta discutendo da un paio di giorni di poltrone, di spartizione dei soldi del Recovery Fund, di cacciare questo o quel ministro, questo o quel grand commis di Stato che in questi mesi hanno ricoperto importanti posizioni, certamente con alterne fortune ed errori.

C’è come la sensazione che a questa gente non gliene freghi proprio un bel niente di quello che accade nel Paese reale, c’è solo da dar soddisfazione (o non dargliela), ad appetiti economici, di potere, di posizionamento personale. E sul tavolo si giocano anche parecchi punti che pure hanno fatto sì che la crisi da drammatica non divenisse immediatamente tragica ed ingestibile.

Sotto attacco, infatti, ci sono anche quei provvedimenti, e coloro che li hanno voluti e sostenuti, che hanno consentito a milioni di persone di resistere al disastro che la pandemia ha intensificato, intervenendo su un tessuto sociale già ampiamente in balia delle disuguaglianze.

L’endorsement del presidente di Confindustria Bonomi a favore del ministro dell’Economia e delle finanze Gualtieri, uomo catapultato su quella poltrona direttamente dall’Unione Europea, è la ciliegina sulla torta di una crisi di governo che si vuole affrontare e risolvere chiudendo qualsiasi rubinetto a salvaguardia delle condizioni economiche dei ceti popolari e dei lavoratori e rispondere positivamente ad ogni richiesta di garanzia economica provenga dall’Europa.

In questa partita non c’è uno più irresponsabile dell’altro, tutti mettono al centro i propri interessi economici e di potere in questa battaglia tra nani politici; chi rischia di rimanere stritolato sono ancora una volta quelli che non hanno di che sostenersi.

Non vanno cambiati i ministri o i presidenti di questo o quell’apparato amministrativo, vanno cambiati modello e organizzazione sociali.

Quello che sta accadendo sui vaccini è l’ennesima cartina di tornasole: questo modello di società può sopravvivere solo producendo macerie.

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