Ursula von der Leyen, a nome della UE, e Jens Stoltenberg per la NATO hanno assunto i toni della libertà e della democrazia minacciate, pronte a difendersi con le sanzioni oggi e magari con i bombardieri umanitari domani. Questo perché ai confini tra Bielorussia e Polonia poche migliaia di migranti cercano di entrare nell’Europa più ricca.
Non è il governo di Lukashenko che li usa come armi improprie, come invece hanno affermato le autorità euro-atlantiche e polacche, per le quali le persone sono “cose”.
Quelle persone non sono scudi umani di una nuova guerra per la libertà, ma sono semplicemente poveri e rifugiati che cercano un futuro migliore; e che la Bielorussia non trattiene.
Praticamente la UE, la NATO e la Polonia accusano Lukaschenko di non fare gratis, ai confini della UE, quello che Erdogan fa in Turchia in cambio di 9 miliardi di euro all’anno.
Il tiranno turco respinge e imprigiona i migranti per conto della ricca Europa, che per questo lo finanzia, lo arma e lo legittima, come ha spiegato anche Draghi. D’altra parte la Bielorussia è anche “colpevole” di non collaborare a sufficienza con l’agenzia europea Frontex, ossia quell’organizzazione che consegna i migranti ai tagliagole e ai lager libici e che per questo è duramente criticata dall’ONU e accusata di crimini contro l’umanità.
Insomma UE e NATO minacciano nuove sanzioni a quella che definiscono “dittatura”, perché non fa lager sufficientemente vasti ed efficienti per i migranti. E intanto affidano la difesa dei confini a quelli che fino a ieri erano i fascisti polacchi. Nel nome della democrazia.
Non c’è limite allo schifo.
Non è il governo di Lukashenko che li usa come armi improprie, come invece hanno affermato le autorità euro-atlantiche e polacche, per le quali le persone sono “cose”.
Quelle persone non sono scudi umani di una nuova guerra per la libertà, ma sono semplicemente poveri e rifugiati che cercano un futuro migliore; e che la Bielorussia non trattiene.
Praticamente la UE, la NATO e la Polonia accusano Lukaschenko di non fare gratis, ai confini della UE, quello che Erdogan fa in Turchia in cambio di 9 miliardi di euro all’anno.
Il tiranno turco respinge e imprigiona i migranti per conto della ricca Europa, che per questo lo finanzia, lo arma e lo legittima, come ha spiegato anche Draghi. D’altra parte la Bielorussia è anche “colpevole” di non collaborare a sufficienza con l’agenzia europea Frontex, ossia quell’organizzazione che consegna i migranti ai tagliagole e ai lager libici e che per questo è duramente criticata dall’ONU e accusata di crimini contro l’umanità.
Insomma UE e NATO minacciano nuove sanzioni a quella che definiscono “dittatura”, perché non fa lager sufficientemente vasti ed efficienti per i migranti. E intanto affidano la difesa dei confini a quelli che fino a ieri erano i fascisti polacchi. Nel nome della democrazia.
Non c’è limite allo schifo.
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Sulle vere molle di una crisi diplomatica dai toni sempre più duri, oltre alle note registrate più sopra, sembra il caso di aggiungere anche alcune considerazioni di politica”interna” all’Unione Europea. Vi proponiamo queste, registrate da un lancio dell’agenzia giornalistica Agi.
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La crisi dei migranti è stata provvidenziale per Varsavia
L’acme con la Bielorussia arriva dopo le tensioni con Bruxelles sullo stato di diritto
A volte le crisi possono aiutare, e la crisi alla frontiera con la Bielorussia arriva in un momento quanto mai opportuno per il partito polacco al governo, Legge e Giustizia (PiS).
Migliaia di migranti, di origine per lo più mediorientale, sono ammassati al confine e stanno cercando di oltrepassare la barriera di filo spinato che separa il territorio tra Polonia e Bielorussia.
La crisi va avanti da inizio estate, ma in questi giorni ha raggiunto l’acme: è stata creata artificialmente dal regime di Lukashenko che ha architettato la rappresaglia per le sanzioni imposte dall’Ue alle politiche illiberali e liberticide varate a Minsk dopo le proteste per i risultati delle elezioni presidenziali dello scorso anno.
Crisi opportuna dopo le tensioni con l’Ue
Eppure questa crisi è quanto mai opportuna per il partito nazionalista al governo in Polonia, un governo sotto pressione tanto sul fronte interno ed esterno: è una boccata d’ossigeno che serve a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica.
Non a caso gli sforzi di Varsavia di difendere il confine che separa l’Unione europea dall’ultima dittatura del Vecchio Continente stanno ottenendo il sostegno anche di governi e istituzioni con cui la Polonia è stata letteralmente ai ferri corti, perchè accusata di esser arretrata sul fronte della democrazia e dello Stato di diritto.
Approccio morbido
Non solo: la Polonia, membro dell’Ue e della Nato, negli ultimi tempi è stata anche duramente criticata per la sua retorica sulla migrazione.
Ma le ultime ore suggeriscono un ammorbidimento dell’approccio: dalla Commissione europea alla Nato, dai Paesi Bassi alla Germania, tutti hanno espresso solidarietà a Varsavia. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha voluto parlare con il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki per esprimergli sostegno.
La Germania ha esortato l’Ue ad “agire”: “La Polonia o la Germania non possono farcela da sole”, ha detto il ministro dell’Interno ad interim Horst Seehofer, aggiungendo che “i polacchi stanno svolgendo un servizio molto importante per tutta l’Europa”. Persino la Nato, con il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha voluto telefonare al presidente polacco, Andrej Duda, per esprimergli “solidarietà”.
Il fronte interno
E non basta: perché la crisi aiuta il PiS anche sul fronte interno. Solo sabato migliaia di persone hanno marciato nelle strade di tutto il Paese per protestare contro l’inasprimento delle leggi sull’aborto (proteste seguite alla morte di una giovane donna a cui i medici avevano volontariamente ritardato l’aborto). La crisi dunque serve a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica.
Anche perché i partiti di opposizione si trovano in una difficile situazione, quella di non sapere quale linea scegliere: alcuni esponenti, preoccupati dalla situazione umanitaria delle persone intrappolate al confine, hanno chiesto più generosità, altri si sono persino spinti fino alla zona di confine chiusa per cercare di aiutare i migranti.
È stato gioco facile, dunque, per i media di Stato polacchi, diventati essenzialmente un megafono del PiS, accusarli di “sostenere i migranti e Lukashenko”.
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