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22/11/2021

Il futuro del lavoro di McKinsey e il governo italiano

L’agenzia di consulenza McKinsey ha una consolidata tradizione di collaborazione con il governo italiano. Basti ricordare che, durante gli anni ’10, McKinsey ha “accompagnato”, come società di consulenza, diversi progetti di riforma di differenti governi italiani tra cui quello, poi arenatosi, della portualità. Stiamo parlando di una notissima agenzia di consulenza, che sostanzialmente vende strategie per il futuro, il cui operato in Italia non è mai stato messo in discussione. Eppure proprio nel mondo angloamericano da cui proviene, quello dell’intreccio tra borse di Londra e di New York, McKinsey è conosciuta, a partire da un libro di due giornalisti dell’Economist, anche per i suoi fallimenti storici. Come, uno tra tutti, il giudizio, dei primi anni ’90, dell’industria della telefonia cellulare come nicchia di mercato non adatta per i grandi numeri del business globale.

All’inizio di quest’anno è emerso come McKinsey, con il governo Draghi, avesse un contratto di consulenza legato alla stesura del Recovery Plan italiano, legato alla richiesta di fondi dell’Italia per il PNRR dedicato alla ricostruzione post-covid. Naturalmente, quando si tratta di Draghi, i media italiani prendono semplicemente atto delle sue decisioni senza fare analisi o inchiesta. In caso contrario avrebbero scoperto che, nello stesso periodo, erano riemersi una serie di scandali legati all’agenzia di consulenza tra i quali il fallimento delle aziende consigliate e la corruzione. In questo scenario, fatto di chiaroscuri nel migliore dei casi, McKinsey propone da tempo la sua visione del mondo del lavoro postcovid ed è su questa che dobbiamo concentrarci chiedendoci se, quando il governo Draghi si confronta con le parti sociali, questo scenario strategico sta nella testa dell’esecutivo. Non dimentichiamo poi che un famoso consulente McKinsey è ministro del governo Draghi: si tratta del ministro dell’innovazione tecnologica Vittorio Colao che, abitando a Londra, è fisicamente più vicino al mondo in cui si elaborano queste strategie che al paese che è chiamato a governare.

Va considerato che McKinsey suggerisce ai propri partner, tra i quali il governo italiano, che a partire dall’accelerazione tecnologica dovuta all’emergenza Covid, almeno un quarto dei lavoratori in più, rispetto a quelli stimati precedentemente, saranno costretti alla mobilità lavorativa. Già, ma di quale tipo di lavoratori stiamo parlando? Ecco la mappa di McKinsey dedicata ai lavori con alto impiego di manodopera sul luogo di lavoro.


Come si vede i settori medici e dell’assistenza alla persona sono in testa a questo genere di valutazione. Per tutti questi settori, a partire dai prossimi anni, sono previste, per McKinsey, una mobilità e una ristrutturazione tecnologica, portato della rivoluzione industriale 4.0, che porteranno a una forte mobilità del lavoro intesa, non c’è da dubitarne, come anticamera della riduzione complessiva della platea dei lavoratori (come da trend storico dei paesi economicamente maturi tra l’altro).

Qualche domanda viene spontanea. L’esecutivo, il governo Draghi, che esprime un ministro McKinsey, condivide questa visione di ineluttabile ristrutturazione del lavoro, mobilità e riduzione complessiva degli organici? La fa sua quando tratta con i sindacati?

In caso positivo siamo al governo di un banchiere che si muove secondo la direzione strategica di una agenzia di consulting. In caso negativo siamo nella situazione di un governo che non sa cosa sta facendo e con chi. È chiaro che una risposta a questa situazione, comunque alla vigilia di nuovi cambiamenti del lavoro, non deve arrivare dall’esecutivo ma dalle forze sociali e sindacali.

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