La conferma di quanto era già emerso a novembre dello scorso anno, e di cui avevamo fornito resoconto, questa volta viene da uno studio delle università Ca’ Foscari di Venezia e di Padova: l’aspettativa di vita in Italia è diminuita e continuerà a diminuire. Lo studio è stato realizzato e coordinato da due docenti: Stefano Campostrini e Stefano Mazzucco e pubblicato sulla rivista internazionale Plos-One.
I ricercatori delle due università stanno ora analizzando i dati del 2021 che presto saranno pubblicati in un successivo lavoro. Dalle prime analisi sembra che alcuni Paesi, tra cui l’Italia, abbiano recuperato in parte quanto perso nel 2020, altri paesi invece sembrano aver marcatamente peggiorato la situazione (tra questi i paesi dell’est Europa), altri confermano invece di non aver subito cambiamenti significativi (tra questi diversi paesi del Nord Europa, asiatici e dell’Oceania).
Ma il dato più rilevante è che questa inversione di tendenza sull’aumento della aspettativa di vita, non è dipesa dalla pandemia di Covid, ma era già visibile dall’anno precedente. A rilevarlo era stato anche uno studio sulla salute dell’Ocse, il quale certificava che in Italia l’aspettativa di vita era diminuita da 83,6 anni nel 2019 a 82,4 anni nel 2020, cioè 1,2 anni in meno. Non solo. Questa tendenza alla diminuzione si è era manifestata già a partire dal 2016.
Nel 2012, con la riforma Fornero, i tagli alla sanità dal governo Monti e i diktat della Commissione europea, le misure di austerity sono entrate nella carne viva della struttura sociale del nostro paese. Inevitabile che negli anni successivi si arrivasse allo stop e poi alla discesa della curva dell’aspettativa di vita in Italia. Se, come abbiamo visto e come è stato documentato, non è dipeso dalla pandemia di Covid, va da se che questo è dovuto principalmente all’aumento dell’età pensionabile e alla diminuzione degli standard sanitari. Se si lavora più a lungo e ci si cura di meno, è ovvio che la salute e la longevità ne risentano.
L’orrore, più che l’errore, in tutto questo è che sulla base di previsioni sulla crescita esponenziale dell’aspettativa di vita sono state fatte le peggiori controriforme pensionistiche: da Dini a Fornero. Per anni hanno terrorizzato il paese e manipolato la discussione pubblica evocando lo spettro della “gobba pensionistica” che avrebbe mandato a scatafascio la spesa pubblica.
L’aspettativa di vita è un particolare indice che prevede, in maniera automatica, l’aggiornamento continuo dei requisiti per il pensionamento.
Sulla base di tale indice, viene istituito un legame tra l’accesso ai trattamenti pensionistici e la probabilità di vita e di morte (questa probabilità è appunto la “speranza di vita”) misurando, statisticamente, la probabilità che un uomo e una donna di 65 anni hanno di vivere ancora (e quanto a lungo). In caso di crescita della probabilità (se cioè aumentano gli anni ancora attesi di vita), parallelamente anche l’età di pensionamento si sposta in avanti nel tempo della stessa misura. Diversamente, in caso di abbassamento dell'aspettativa di vita, l’età di pensionamento resta “allungata” e stabile e non c’è analoga diminuzione.
Come vediamo questo indice viene utilizzato piuttosto strumentalmente. Quindi anche se l’aspettativa di vita si va riducendo, i governi, i padroni e i tecnocrati non intendono affatto riabbassare l’età pensionabile, anche se questo appare l’esito più giusto e conseguente.
Su questa tendenza alla regressione dell’aspettativa di vita nel nostro paese si andranno ad aggiungere, aggravandola, le conseguenze della alta mortalità dovuta alla pandemia di Covid. Si tratta ormai di ben 150.000 morti in soli due anni, i cui effetti sono già visibili sul calo delle prestazioni pensionistiche nel 2021 rispetto al 2020.
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