Le recenti morti di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, studenti in stage aziendale, ha riportato al centro del discorso il ragionamento sull’alternanza scuola lavoro, recentemente rinominata e rivista con il nuovo nome di PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento).
In un sistema capitalista basato sullo sfruttamento del lavoro, la possibilità per le aziende di usufruire di lavoro gratuito è da considerarsi un fatto, in qualche modo, costitutivo della sua natura. I padroni hanno l’esigenza assoluta di abbassare notevolmente i costi del lavoro. Precarietà diffusa, allungamento della giornata lavorativa, dei ritmi e dei carichi di lavoro sono la norma. Il tutto favorito da una generale revisione peggiorativa delle norme sui diritti che accompagnano il modello di sviluppo economico vincente negli ultimi anni. Il costo del lavoro viene abbassato in ogni modo, anche attraverso la totale mancanza di rispetto delle norme sulla sicurezza. Il numero elevatissimo di incidenti sul lavoro ne è la dimostrazione evidente. Tali incidenti sono concentrati al più in imprese medie e piccole, laddove i controlli sono più rari e le condizioni di realizzo per i padroni sono inferiori alle attese.
L’alternanza scuola-lavoro è quindi concepita da un lato in risposta alla necessità, espressa e ripetuta in modo propagandistico dalle classi dominanti, di inserire i giovani nel mondo del lavoro, dall’altra corrisponde a una esigenza (negata nel dibattito pubblico) delle imprese con lo scopo di favorire l’aumento dei profitti. La realizzazione pratica che ne consegue è comunque influenzata dal contesto in cui gli stage di alternanza vengono realizzati: da un lato sono prerogativa di accordi tra istituzioni scolastiche che operano in regime di autonomia e imprese, dall’altro dipendono dal tipo di scuola e dal tipo di contesto in cui tali accordi vengono stipulati e monitorati. Ciò fa sì che, in alcuni casi, la loro realizzazione pratica possa anche essere una esigenza per gli studenti in cerca di conoscenze ed esperienza, oscurando la realtà maggioritaria fatta di sfruttamento della manodopera. In tal senso, la totale delega ai singoli contraenti dei progetti e la mancanza assoluta di controlli qualitativi sono decisivi nel determinare un salto di qualità: dalla propaganda su competenze e orientamento alla realtà di lavoro gratuito per i padroni.
Il dibattito attiene anche al rapporto che si dovrebbe realizzare tra il settore dell’istruzione e il mondo del lavoro. La scuola e la formazione sono settori che vengono considerati storicamente non produttivi in quanto non realizzano profitti immediati. In realtà possiamo considerare come scontato che il mondo dell’istruzione abbia anche la finalità di creare un bagaglio di conoscenze utili al futuro in ambito lavorativo. In tal senso, l’istruzione pubblica forma le conoscenze per il sistema produttivo nel suo complesso (bagaglio che costituirà in futuro una parte di capitale costante costituito dalle conoscenze acquisite, incorporato nel capitale variabile della futura merce forza lavoro). Negli ultimi anni, tuttavia, si assiste a una forzatura delle procedure con la stipula di contatti diretti tra enti padronali e comparti dell’istruzione. L’alternanza scuola-lavoro ne è un esempio, ma essa si sostanzia con tutta evidenza anche nello stretto rapporto di collaborazione tra Università e imprese. Il lavoro degli studenti non è quindi semplicemente impiegato per lo sviluppo di conoscenze generali e pubbliche, ma direttamente per lo sviluppo di conoscenze private a effettivo ed esclusivo beneficio per le imprese. Il tutto ovviamente in nome della assoluta coincidenza di interessi tra il settore dei profitti e il futuro della nazione che costituisce uno dei capisaldi culturali con i quali il capitalismo diviene un elemento naturale e immutabile. Coincidenza che ovviamente abolisce di fatto, nella propaganda, ogni conflitto di natura sociale. Gli studenti, in tal senso, attraverso il meccanismo dell’alternanza e degli stage, sono invitati da subito ad adeguarsi a questa situazione di subordinazione.
In generale è questo il principio cardine dell’alternanza scuola-lavoro. In un sistema capitalista, qualunque sia la natura dell’accordo tra gli enti scolastici e le imprese, il meccanismo di subordinazione la farà da padrone, almeno sul piano generale.
Da questa analisi si può quindi ricavare almeno una considerazione di fondo: l’alternanza scuola-lavoro non va considerata in senso generale ma va calata nel contesto nel quale si sviluppa. In un sistema in cui la ricerca del profitto a tutti i costi diviene la regola inderogabile, gli studenti non devono lavorare per nessuna impresa. La conoscenza che viene scambiata nell’istruzione deve rimanere pubblica e non deve essere considerata in nessun modo patrimonio privato dei capitalisti.
Sulla base di questo assunto concreto, l’analisi ci dice anche che, andando al cuore della questione, le condizioni di subordinazione dei lavoratori sono legate all’ambito del lavoro supersfruttato e non partono dalla scuola. I lavoratori muoiono quotidianamente in servizio e ciò può capitare a chiunque abbia un contratto più o meno in regola. Pur nell’evidenza che su ogni singolo caso agisca anche una fatalità particolare, la caratterizzazione quantitativa del fenomeno mette in luce come ogni incidente mortale sia di natura attinente al sistema di sfruttamento della forza lavoro.
Si può quindi immaginare che il sistema dell’istruzione debba essere sganciato da tale dinamica. Effettivamente il sistema scolastico è complesso; al suo interno si sperimentano infatti, in tempi abbastanza lunghi, diverse relazioni che attengono a uno sviluppo complessivo di competenze di natura tecnica ma anche di cultura generale, di affettività e di relazioni umane.
Per sua natura, il tempo scolastico, preparando la fase di maturità successiva, prepara sia ad accettare la natura del sistema che ci viene imposto ma anche a combatterlo. Pensare che il futuro lavorativo non debba interagire con il percorso scolastico è quindi inimmaginabile. Ciò non fa i conti con la realtà data: istruirsi è un costo che viene pagato con il lavoro di tutti, sia indirettamente dalla comunità, sia direttamente dalle famiglie o da studenti costretti a lavorare in proprio per poter studiare; non fa i conti con un futuro in cui lavorare sarà una necessità per chiunque non sia così fortunato per campare di rendita o per chi non sia già avviato da tradizione familiare verso la classe sfruttatrice.
Il meccanismo dell’alternanza scuola-lavoro è quindi, nel nostro sistema, uno strumento nelle mani di chi sfrutta i lavoratori cominciando dalla fase formativa. È un riflesso di una fase economica e politica in cui i lavoratori non riescono più a difendersi.
Nel nostro sistema ogni concetto generale appare stravolto dalla realtà: il lavoro è diventato sfruttamento, la cooperazione diviene un modo di produrre che serve solo ai padroni, la scuola diviene il luogo dove apprendere concetti e conoscenze che serviranno solo a chi li sfrutterà per fare profitti. Nessun rapporto è quindi possibile tra scuola e imprese in queste condizioni. L’alternanza scuola-lavoro buona non può esistere, va abolita immediatamente.
Rimane comunque la necessità di apprendere i meccanismi con i quali si attua la riproduzione di un tale sistema. Appare come una esigenza fondamentale per chi dovrà entrare nel mondo del lavoro, per chi dovrà trovare la forza di costruire un sistema di relazioni più giusto, uguale e solidale. Forza che non potrà prescindere da una conoscenza attenta della realtà lavorativa, da competenze tecniche necessarie a comprendere la natura dei cicli produttivi, da una conoscenza reale della condizione di sfruttamento che dovrà combattere. Nella costruzione di una società in cui la scuola dovrà formare a un lavoro liberato dallo sfruttamento dove sarà necessario unire in modo nuovo competenze tecniche, cultura, rapporti umani e relazionali, verso una società in cui i padroni saranno un ricordo e la cooperazione in ogni ambito sarà un tassello di un mondo di liberi e uguali.
Collettivo Comunista Genova City Strike
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