Di tanto in tanto compro il Corriere della Sera. Ha molte pagine, di carta abbastanza fine: adatta per asciugare la schiena al cane quando piove. Gli do un’occhiata, prima di destinarlo alla bisogna.
Ieri c’erano, tra gli altri, vari servizi sulla invasione russa dell’Ucraina: certa e imminente. Che sia “certa”, ormai lo sanno tutti: l’ha detto e ridetto la Tv. Che sia “imminente”, è dal 2014 che lo si dice e ora Biden garantisce che avverrà tra due giorni, all’ora del tè; cos’altro serve?
Dunque, al Corriere assicurano che «L’Ucraina non può essere considerata un pedone sulla scacchiera dell’Europa, pronto a essere sacrificato per un supposto interesse superiore. Per almeno due motivi. Primo, tutte le Nazioni hanno il diritto inalienabile di non vedersi sottrarre con la forza parti di territorio e hanno il diritto di avere la politica estera che decidono».
Almeno fino a buona parte degli anni ’80, fino a quando non andarono in porto le mosse esterne e interne per far precipitare l’URSS, l’Ucraina non era «un pedone»; era anzi tra le Repubbliche più prospere dell’Unione Sovietica.
E però, nei documenti della CIA degli anni ’50, veniva già indicata quale teatro più adatto, per un eventuale intervento contro l’Unione Sovietica: tra rigurgiti nazionalisti e focolai anti-sovietici, se ne indicavano le zone occidentali – che durante la guerra più avevano fornito uomini alle formazioni filo-naziste, e li avrebbero di nuovo forniti nel 2013-2014 – come più appropriate a incursioni diversive.
Tra fine 2013 e inizi 2014, il popolo ucraino, per dirla col Corriere, è stato più che sacrificato: pur di imporre a Kiev i dettami di FMI e Banca Mondiale e «la politica estera che decidono» Washington e Bruxelles, è stato lasciato in balia di bande terroristiche neonaziste addestrate da consigliori d’oltreoceano.
Dal 2014, un’intera popolazione, quella del Donbass, è oggetto dell’aggressione di esercito ucraino e bande mercenarie che hanno bombardato città, villaggi, scuole, ospedali, asili e continuano tutt’ora a fare morti, soprattutto tra i civili.
Quanto alle «parti di territorio» che, secondo il Corriere, sarebbero state sottratte all’Ucraina, in questi otto anni si è scritto centinaia di volte del referendum (98% dei voti) con cui la popolazione della Crimea, non volendo finire sotto il tallone nazi-golpista di Kiev, decise il ritorno (!) nella compagine russa. O forse sono validi solo i referendum – tipo Kosovo – imposti da Bruxelles e riconosciuti a via Solferino?
Ma, a detta del Corriere, «l’uomo forte del Cremlino» non mira tanto a «una fetta di Ucraina», bensì al «ritorno alle sfere d’influenza che congelarono l’Europa», al «ritorno a un mondo nel quale ci sono alcune potenze, grandi Nazioni, che possono imporre con la forza le proprie volontà e i propri interessi a Paesi più piccoli», in questo seguito da «Xi Jinping, il quale non cela l’intenzione di riportare sotto il controllo di Pechino l’isola di Taiwan».
Dunque, «la Nato ha più che mai ragione di esistere... di fronte alle ambizioni di Vladimir Putin». E se anche gli «Stati Uniti sono continuamente in campo con iniziative diplomatiche e con minacce di sanzioni possenti», rimane il rischio di «concedere a Mosca, in cambio della non invasione dell’Ucraina» – che però è “certa” e “prossima” – «ciò che il presidente russo vuole, per esempio la messa di Kiev sotto la tutela di Mosca, impedita a fare scelte autonome di alleanza e di politica internazionale».
Tipo l’Italia, per dire. Quanti sommergibili atomici USA incrociano in queste ore a largo della Sicilia? Così, per curiosità.
Chiaro: per chi da 150 anni inneggia all’impero e alle decisioni irrevocabili, è molto più lineare esaltare una monarchia mondiale, unipolare, di cui l’Italia sia fedele vassallo, che non ridursi «alle sfere d’influenza che congelarono l’Europa», impedendole di aspirare al proprio “posto al sole”. Dunque: che arrivino i nostri, a impedire «la messa di Kiev sotto la tutela di Mosca».
Da quasi cent’anni – dalla Rada antisovietica, ai pogrom banderisti degli anni ’40, al nazionalismo degli anni ’90 e ora al neo-nazismo – lavoriamo per prenderci terre, gas, foreste e quel poco d’altro che ormai c’è rimasto, e ora volete che ce le lasciamo sfuggire e le lasciamo a «l’uomo forte del Cremlino»? Non sia mai.
Le joebidenate del Corriere sono davvero istruttive: solo che andrebbero lette al rovescio, capovolgendo soggetti, oggetti e predicati, qualifiche di democratismo o autoritarismo, ruolo di pace della NATO, e rileggendo le età in cui si è creduto (al Corriere) che «i conflitti non ci sarebbero più stati, che la democrazia avrebbe trionfato», magari a suon di bombe come in Jugoslavia, Africa, Siria, Libia.
E invece, guardi che roba, signora mia: la «Russia di oggi ci dice spudoratamente che invece siamo ritornati a un’era di competizione tra potenze», a un mondo multipolare, in cui al di là dell’Atlantico, non sanno più che pesci pigliare e noi del Corriere non possiamo più magnificare un unico imperatore d’Etiopia... pardon, un unico polo supremo.
Ma basta. Né Mosca, né Pechino hanno certo bisogno delle nostre difese. Tanto più che qui non si tratta di essere “filo-russi” o “filo-cinesi”, ma di avere ben chiaro da chi vengano le minacce di guerra e quale sia la potenza declinante che potrebbe davvero ricorrere alle armi per cercare di frenare la propria caduta.
Però, spergiurano al Corriere, «nessuno minaccia la Russia, nessuno al momento pensa di aprire le porte della Nato a Kiev, i Paesi dell’Unione Europea sono tutto meno che bellicosi» – lo sanno bene specialmente in Africa – «gli Stati Uniti di Joe Biden non hanno alcuna voglia di aprire un fronte di conflitto con la Russia».
A parte l’ultima affermazione, in cui forse c’è del vero, considerato che Washington potrebbe voler “combattere fino all’ultimo soldato ucraino”, checché ne dicano gli ucraini, anche nazionalisti, senza ufficialmente impiegare soldati yankee, tutto il resto è fuffa.
E piuttosto che ripetere all’infinito, come fanno certi giornalacci, che i «centomila militari schierati da Mosca al confine con l’Ucraina, i carri armati e le minacce di invasione «tecnico-militare» espresse dal Cremlino non hanno ragione di essere», giriamo a via Solferino la domanda rivolta dal Ministro della difesa russo, Sergej Šojgù, al suo omologo britannico, Ben Wallace, durante l’incontro a Mosca di venerdì scorso: «vorremmo anche capire a che scopo la Gran Bretagna, la Corona, abbia inviato propri reparti speciali in Ucraina e fino a quando rimarranno».
La Russia, ha detto Šojgù, vorrebbe «proporre di contribuire a ridurre questa tensione e fermare questo rimpinzare l’Ucraina di armi che arrivano da tutte le parti, apertamente, dimostrativamente».
A dirla tutta, non si tratta solo di reparti speciali inglesi: la ricognizione della Repubblica popolare di Donetsk, per esempio, avrebbe rilevato la presenza di mercenari britannici e polacchi, in veste di “istruttori” delle forze ucraine, in prossimità della linea di contatto, nelle aree di Papasnaja, a nordest di Donetsk, e di Širokino, poco a est di Mariupol.
E mentre la Tass segnalava ieri la presenza di un sommergibile USA in acque territoriali russe nel Pacifico, lo scorso 10 febbraio, il direttore dell’intelligence estera russa, Sergej Naryškin, dichiarava a Moskovskij Komsomolets che i preparativi per la guerra in Ucraina procedono di gran carriera e non possono essere nascosti: «Tutti i reparti dell’esercito ucraino che in qualche misura siano in grado di combattere, sono concentrati al confine con il Donbass. C’è un massiccio trasferimento di centinaia di tonnellate di mezzi militari e munizionamento dalle basi statunitensi in Europa, dalla Gran Bretagna, dal Canada. Ci sono anche informazioni sull’apparizione di gruppi jihadisti multinazionali».
Ma il ruolo della NATO, ci informano dal Corriere, è «utile», anche «dal punto di vista della solidarietà delle democrazie». Ce lo conferma quell’alto stratega e politico di pace (Nobel nel 1983) che è l’ex madonnaro polacco Lech Walesa che, come direbbe Ettore Scola da giovane non era un granché, ma da vecchio è anche peggio, e che ora lancia l’omelia: «se Putin attacca Kiev, deve seguire una reazione immediata: attacco a Mosca».
Le previsioni per i prossimi giorni mettono pioggia qui da noi. Sono proprio contento di aver comprato il Corriere.
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