Mi sono iscritto alle news del Corriere della Sera, alla rubrica del capoluogo regionale. Così evito di comprare il giornale (salvo quando piove).
Ieri, il messaggio evangelico riportato in quelle cronache riferiva del presidio istituzionale svoltosi in un grande centro urbano «contro l’invasione» – russa, ovviamente. Parlava delle persone «strette intorno al popolo ucraino nella manifestazione» indetta da Amministrazioni locali e realtà associative, «accanto ai vessilli dell’Anpi e alle bandiere della pace e dei sindacati».
L’obiettivo: «dire no alla guerra». Nobile e doveroso obiettivo. Tanto più che si tratta di una «guerra che non è lontana», come ha spiegato una studentessa locale, col pensiero rivolto «ai ragazzi della mia età che nello stesso momento stavano correndo verso i tunnel della metropolitana per rifugiarsi dalle bombe», ha detto, «mentre attorno tutti piangevano, anche chi scrive», cioè il cronista del Corriere.
Hanno preso la parola anche altri, per denunciare «la guerra, le distruzioni» e poi «i carri armati russi nelle strade» e anche «gli otto anni di guerra che subiamo ed i 16mila morti che abbiamo».
A far da coro al presidio, «una decina di sindaci, con la fascia tricolore... il governatore» regionale.
«Nella notte si è compiuta una frattura storica nella storia dell’Europa», ha esordito il Sindaco di quel grosso centro, una frattura «nel sogno europeo. Dobbiamo come cittadini e come Europa farci sentire».
E un altro Sindaco: «Siamo qui anche per la paura, nostra e per quel popolo, per la pace». Quindi la parola definitiva del Governatore: «Le parole di Putin nascondono l’ipocrisia, parla di pace, mentre vediamo immagini di guerra, carri armati e bombardamenti che creano morti e portano il conflitto nel cuore dell’Europa. L’Ucraina è il cuore dell’Europa. Putin sta tenendo un comportamento nazista e vedo la necessità di pace, che vuol dire l’autodeterminazione dei popoli. Vorrei essere a Kiev per dire loro che la battaglia per la democrazia e la liberà è anche la nostra battaglia».
La lotta contro la guerra è tra gli obiettivi principali, basilari dei comunisti. E non si può che lottare contro le cause e le fonti delle guerre: cioè gli interessi contrapposti degli imperialismi, per la supremazia, per il controllo delle fonti energetiche, dei mercati, ecc.
Detto questo – non è necessario specificare di quale capoluogo, o centro urbano o di quale regione riferisse il Corriere: non dubitiamo che presidi istituzionali come quello di cui abbiamo letto, si siano svolti e si svolgeranno nei prossimi giorni un po’ dappertutto – le prime due domande che vengono alla mente, riguardano la cronaca dell’evento e le esternazioni istituzionali.
Per quanto riguarda la cronaca: il redattore che non nasconde le lacrime, riportando le parole della persona ucraina su «la guerra, le distruzioni», su «gli otto anni di guerra che subiamo ed i 16 mila morti che abbiamo», era o no cosciente di diffondere, non una falsa informazione, ma una informazione fuorviante?
Perché, detta così, è quasi sicuro che 999 persone su 1.000, in Italia, tenute all’oscuro per otto anni da una martellante evangelizzazione atlantista, su cosa stia accadendo nel sudest ucraino, si convinceranno facilmente che siano gli ucraini a subire una guerra che va avanti da otto anni.
Ora, la popolazione ucraina sta certamente subendo da otto anni le conseguenze di un golpe imposto da Washington, Bruxelles, NATO e in questi anni è stata costretta – dai dettami di FMI e Banca Mondiale – a dover scegliere tra il vestirsi o il mangiare, tra accendere il riscaldamento o subire le angherie dei battaglioni neonazisti che imperversano nelle stesse città ucraine.
Ma, fino a prova contraria, a meno che quella persona di cui riferisce il cronista non sia originaria di una delle Repubbliche popolari del Donbass, a subire una guerra d’aggressione che ha causato sedicimila morti (compresi miliziani del Donbass e certamente anche soldati ucraini, ma principalmente civili di centri come Gorlovka, dove ancora ieri, tra l’altro, due insegnanti sono morte sotto le macerie di una scuola colpita dai tiri ucraini, Staromikhailovka, Volnovakha, Alčevsk, Stakhanov e tanti, tanti altri) non è stata l’Ucraina del regime nazi-golpista di Kiev, bensì il Donbass,
Che otto anni fa si era sollevato contro il golpe di “majdan” così caro al PD (Pittella, Boldrini, Quartapelle e via dicendo), aveva votato a stragrande maggioranza un referendum per l’autodeterminazione dal regime fascista di Kiev e poi si era visto costretto a prendere le armi quando i primi caccia ucraini hanno bombardato Lugansk, Donetsk, le miniere e gli stabilimenti sul territorio delle Repubbliche popolari.
Non che le fasce tricolori costituiscano un viatico naturale per distinguersi dai cronisti, in fatto di chiarezza storica e politica! E infatti, ecco che apprendiamo che solo in questa notte del febbraio 2022 «si è compiuta una frattura storica nella storia dell’Europa... nel sogno europeo».
Non vogliamo parlare della tarda serata del 24 marzo del 1999 e del «sogno europeo» interrotto di soprassalto sopra Belgrado? Bene; questa volta non ne parliamo. Però, visto che siamo certamente solidali con quei giovani che «stavano correndo verso i tunnel della metropolitana per rifugiarsi dalle bombe», vogliamo ricordare – fascia o non fascia tricolore – gli oltre cento bambini, alcuni anche di pochi mesi, che non sono mai riusciti ad arrivare a nessun tunnel, perché i razzi ucraini li hanno assassinati negli asili, nei campetti giochi dinanzi alla scuola, nei vialetti, insieme alle mamme o alle nonne?
Vogliamo ricordare le centinaia di bambini rimasti sordi (per sempre) per lo scoppio di mine ucraine; di quelli che hanno perso gambe o braccia?
Vogliamo ricordare le centinaia di civili i cui resti sono stati rinvenuti in fosse comuni, in alcuni casi decapitati, con le mani legate dietro la schiena, trucidati dai nazisti dei battaglioni “Ajdar”, “Donbas”, “Pravij sektor”, “Azov”?
Vogliamo dire che anche ieri arrivavano notizie su episodi di linciaggio e eliminazione di soldati di leva ucraini che si rifiutavano di combattere, da parte di quei battaglioni nazisti che agiscono per lo più in qualità di reparti punitivi nei confronti dei soldati di leva di Kiev?
Se «Dobbiamo come cittadini e come Europa farci sentire», viene da chiedersi come mai in questi otto anni non vi siate mai fatti sentire e siate anzi andati – voi del PD – prima a Kiev ad arringare la folla che plaudiva al golpe nazista, poi abbiate ricevuto con tutti gli onor, speaker della Rada golpista fanatici di quel «Adolf Alojsovic», che qui conosciamo come Hitler.
A concludere l’omelia, il Verbo governatoriale: «vediamo immagini di guerra, carri armati e bombardamenti che creano morti e portano il conflitto nel cuore dell’Europa. L’Ucraina è il cuore dell’Europa. Putin sta tenendo un comportamento nazista e vedo la necessità di pace, che vuol dire l’autodeterminazione dei popoli. Vorrei essere a Kiev per dire loro che la battaglia per la democrazia e la liberà è anche la nostra battaglia».
Bene; e quante volte, in otto anni, i fieri combattenti «per la democrazia e la liberà», che «è anche la nostra battaglia», hanno visto «immagini di guerra, carri armati e bombardamenti che creano morti e portano il conflitto nel cuore dell’Europa» nel sudest dell’Ucraina martoriato dall’aprile del 2014 dai razzi, dai carri armati, dai mortai ucraini, i cui colpi sono stati spesso guidati dai droni che partono anche dal territorio italiano?
Quante volte, in otto anni, hanno visto «la necessità di pace» per le popolazioni del Donbass?
Se l’Ucraina è «il cuore dell’Europa», da che parte stava quel cuore il 2 maggio del 2014, quando decine di antifascisti venivano bruciati vivi nella Casa dei sindacati di Odessa, oppure finiti a colpi di spranga se erano riusciti a sottrarsi all’incendio appiccato dai nazisti?
Lasci stare per un attimo Putin, il fiero governatore: quanto a deliri e spropositi su Rivoluzione d’Ottobre, “dittatura stalinista”, o “bolscevichi sanguinari”, pensiamo che si troverebbero perfettamente d’accordo.
Dica piuttosto se pensa che il principio dell’autodeterminazione dei popoli possa applicarsi a discrezione, in base a quanto proclamato da Washington e Bruxelles: ad esempio al Kosovo dei tagliagole del UCK, ma non agli antifascisti del Donbass.
Dica piuttosto se la sua «battaglia per la democrazia e la libertà» sono solamente le solite frasi liberal-demagogiche per continuare a sottrarre soldi alla sanità della “sua” regione, ai trasporti, ai servizi sociali, ecc.
Cosa si intende, dalle parti del PD, parlando di «democrazia e libertà»? Da comunisti, rammentiamo solo che non esiste la democrazia assoluta, pura, eterna. Esistono solo diversi stadi storici della democrazia.
Ecco, la democrazia borghese, cui certo si riferisce il fiero Governatore, è democrazia per la borghesia e schiavitù per gli operai (ora, il Governatore, si faccia pure il segno della croce, per questa citazione stiracchiata da Lenin); ed è anche otto anni di nazismo contro il popolo del Donbass. Che ora, forse, è arrivato al termine.
PS: oggi avevo comprato il manifesto; ma, dopo aver letto l’editoriale, in cui la junta golpista ucraina viene definita «legittimo governo», ho ripiegato sul Corriere. Almeno, lì, non pretendono di qualificarsi con aggettivi che non gli si addicono...
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