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16/02/2022

Il Britannia Hospital dei partiti italiani

Lindsay Anderson è autore di “If”, il film più radicale del sessantotto inglese e forse dell’intera stagione cinematografica dedicata alla grande contestazione studentesca. All’inizio degli anni ’80 Anderson girò Britannia Hospital, black comedy sugli anni del riflusso della contestazione e della prima era Thatcher. Il film di Anderson era, ed è, tanti modi di leggere l’allegoria di un epoca risultando sempre efficace per capire una fase politica di scontro e transizione.

Di Britannia Hospital va ricordato il finale: un ospedale che collassa a causa di lotte senza fine tra diversi gruppi professionali e sociali in contemporanea alla nascita di un nuovo “prodotto”, un superumano frutto di un esperimento che si svolgeva nei locali della stessa clinica. Le due dimensioni, la lotta senza fine tra gruppi sociali, e l’esperimento in Britannia Hospital sono destinate ad incontrarsi solo nel finale.

La politica istituzionale sta vivendo oggi entrambe le dimensioni: quella della lotta senza fine per l’accaparramento di risorse scarse, da parte dei gruppi e sottogruppi politici, e quella dell’esperimento, l’implementazione del Recovery che si vuole destinato a mutare la faccia del paese. Il primo elemento che caratterizza i sottogruppi politici, nello scontro senza fine per l’accaparramento, è che la lotta per la sopravvivenza si fa sempre più aspra: minori risorse pubbliche da distribuire, scarso se non nullo peso rappresentativo, e un terreno della politica quasi del tutto eroso da altri fenomeni (politica monetaria, governance, tecnologia).

E che questo terreno della politica si sia eroso lo si vede dalla continua scissione dei gruppi politici in sottogruppi rissosi tra loro: accade nel centrosinistra, nel Movimento 5 stelle, nel centrodestra, nel centro, nella Lega. Tanto più le risorse si fanno scarse tanto più si rompono i legami di alleanza per accaparrarsi ciò che rimane. La politica ufficiale funziona tramite istituzioni materiali (i partiti) e istituzioni formali (i parlamenti, l’esecutivo, le procedure, le norme etc). In casi come questo le istituzioni formali sostengono tutto il peso della rappresentazione dell’ordine di fronte alla società. Finché dura perché poi, ad un certo punto, accade sempre qualcosa.

C’è poi la dimensione dell’esperimento, il PNRR: un gigantesco tentativo di rendere produttive, secondo i criteri dell’allocazione delle risorse della Ue, sia l’amministrazione centrale dello stato che quelle locali. Che questo tentativo riesca o meno, diversi gruppi e sottogruppi politici finiranno per essere emarginati da questa dimensione di allocazione delle risorse. Siamo in una dimensione diversa, per fare un esempio, dalla situazione dei fondi per il terremoto 1980 che rappresentò, per il ceto politico di allora, sia un’occasione di scontro per il primato nell’accaparramento delle risorse, e per la definizione della gerarchia tra gruppi, che un piatto di proporzioni tali da sanare o prolungare molte posizioni di potere. Il PNRR per molti gruppi e sottogruppi politici rischia di avere tutti gli svantaggi di un progetto di governance (pilota automatico di distribuzione delle risorse che toglie spazio discrezionale al ceto politico) e pochi vantaggi dal fatto di essere un progetto dove le risorse arrivano in modo straordinario.

Non resta quindi, per estrarre risorse materiali e simboliche, che la vecchia, ma sempre praticabile, lotta tra fazioni in parlamento, fazioni che finiscono continuamente per scomporsi e ricomporsi nel tentativo di accaparrare più risorse possibili dal rapporto tra parlamento, reti clientelari ed esecutivo. In questo caso il PNRR, che non è l’elevazione dell’Italia ad un nuovo livello di ordine ma un piano straordinario di invio risorse non si sa quanto decisivo, finisce per essere condizionato dalla lotta per la sopravvivenza della “politica” nelle aule parlamentari.

L’Italia ha già passato, dall’inizio degli anni ’90, fasi pericolose di transizione, di ristrutturazione del ruolo della politica, di caos economico-finanziario. Ognuna di queste, e quella che stiamo attraversando ne ha tutte le caratteristiche, ha comportato l’uscita di una parte di società dagli standard del vivere civile e un intreccio tra declino e innovazione che rende unico questo paese. Nel frattempo le fazioni politiche si fanno la lotta tra loro, per sopravvivere, e il nuovo “prodotto” delle tecnologie giuridiche e amministrative, il PNRR, prova ad emergere. Senza che tra i due elementi ci sia un rapporto se non distruttivo: Britannia Hospital in Italia.

L’Italia ha subito, nell’ultimo trentennio, una mutazione politica da choc sistemico abbastanza evidente: il 1992 ha generato il berlusconismo, la crisi del 2008 la riduzione del berlusconismo a fenomeno regressivo, la crisi del debito sovrano del 2011 ha generato una reazione che ha favorito l’emergere del M5S e la crescita, in alcuni momenti impressionante, della Lega di Salvini. In tutti i casi la governance multilivello continentale, amministrativa e finanziaria, ha comunque finito per imporsi. Vedremo cosa accadrà in questa edizione di Britannia Hospital, l’intreccio tra crisi covid ed evoluzioni del capitalismo nelle società tecnologiche quanto demograficamente avanzate produrrà comunque sorprese, resta da capire di quale entità tellurica.

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