“Si tratta chiaramente di un atto di protezionismo“. Così il governo cinese ha reagito il 14 settembre alle parole della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che il giorno precedente aveva annunciato un’inchiesta anti-dumping dell’Unione Europea sui veicoli elettrici cinesi.
Secondo il ministero del commercio di Pechino «la mossa interromperà e distorcerà gravemente le catene di fornitura automobilistiche globali, anche nell’Unione europea». «Monitoreremo da vicino la tendenza protezionistica dell’Ue e le prossime mosse – ha aggiunto il ministero in una nota online – e difenderemo gli interessi legittimi e i diritti delle aziende cinesi».
Presentando l’indagine anti-dumping sui veicoli elettrici importati dalla Cina nel mercato comune von der Leyen aveva dichiarato: «I mercati globali sono ora inondati di auto elettriche cinesi più economiche e i loro prezzi sono mantenuti artificialmente bassi da ingenti sussidi statali. Questo sta distorcendo il nostro mercato».
Una situazione che – secondo la presidente in cerca di un secondo mandato – ricalcherebbe quella già sperimentata per l’industria dei pannelli solari, rischiando di far perdere all’Ue un’altra battaglia in un settore innovativo e delicato per la tutela ambientale.
Sostenuta fortemente dalla Francia – che, a differenza della Germania, nel settore degli electric veichles non ha collaborazioni significative in Cina, dove Citroën, Peugeot e Renault si spartiscono un misero 3% del mercato – l’indagine potrebbe portare all’imposizione di tariffe aggiuntive sugli Ev cinesi che entrano nel mercato europeo.
Come evidenziato dal comunicato ministeriale, si tratterebbe di una mossa che, con ogni probabilità, provocherebbe una rappresaglia da parte di Pechino, in un momento in cui le tensioni commerciali sono già elevate.
Ma le difficoltà delle rispettive economie, che le inducono a proteggere un settore importante come l’automotive, sembrano spingere Cina e Unione Europea proprio verso uno scontro sulle auto elettriche.
Anche la Camera di commercio cinese presso l’Unione Europea ha espresso la sua forte preoccupazione e contrarietà all’indagine annunciata da von der Leyen, affermando che il vantaggio industriale della Cina è stato ottenuto attraverso l’innovazione e la concorrenza di mercato (e, dunque, non prevalentemente grazie a sussidi e incentivi governativi).
«È fondamentale sottolineare che questo vantaggio non è il prodotto di ciò che la Commissione ha definito “enormi sussidi statali”», ha affermato la Camera. «È interessante notare che l’industria dei veicoli elettrici in Cina gode di una solida partnership di cooperazione con le reti dell’industria automobilistica europea e globale, e la creazione di ciascun veicolo elettrico implica gli sforzi di collaborazione di decine di migliaia di fornitori da tutto il mondo».
Il mercato cinese dell’auto resta il primo del mondo e – malgrado il rallentamento dell’economia – continua a tirare. Secondo l’Associazione cinese dei produttori di automobili, le vendite di veicoli a nuova energia in Cina sono aumentate del 39,2% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 5,37 milioni nei primi otto mesi dell’anno.
Ciò equivale al 29,5% del totale delle vendite di automobili nello stesso periodo.
Quegli stessi Ev (electric veichles) hanno appena conquistato nel mercato interno uno storico primato, che Bloomberg ha giudicato “inattaccabile e irreversibile”.
Secondo i dati appena pubblicati dal China Automotive Technology and Research Center data, nel luglio scorso gli Ev made in China hanno superato per la prima volta il 50 per cento di quelli acquistati dai cinesi.
La concorrenza straniera è stata sbaragliata grazie all’ascesa degli Ev economici che – prevede un’analisi di UBS AG – rosicchieranno ancora un quinto del loro mercato globale ai produttori tedeschi, giapponesi, statunitensi e sudcoreani.
La Cina riesce a sfornare auto elettriche a prezzi imbattibili. L’ultimo esempio è la “Aito M7”, un SUV di lusso con sistemi di guida autonoma all’avanguardia e abitacolo digitalizzato, in vendita a poco più di 200.000 yuan (circa 25 mila euro).
E in Cina la macchina è ancora uno status symbol: comprarla di un brand nazionale vuol dire anche sostenere le politiche di “innovazione autoctona” di Xi Jinping. Il primato, con l’11 per cento delle vendite, spetta a Byd, acronimo di “Build your dreams”.
Per i tradizionali brand a stelle e strisce (Ford, Chevrolet, Buick) quello di luglio è stato il risultato più deludente dal 2008, e avrebbe potuto essere peggiore senza Tesla, la cui Gigafactory 3 di Shanghai ha sfornato oltre 540.824 Ev tra gennaio e luglio 2023 (+67,45 per cento rispetto all’anno precedente).
Nemmeno il partner di maggior successo dell’automotive cinese, quella Volkswagen che nel lontano 1983 iniziò a fabbricare la “Santana” in Cina – dove è presente con tre joint-venture, una quarantina di stabilimenti e 90.000 dipendenti – può dormire sonni tranquilli.
Proprio la carenza di modelli elettrici in grado di sedurre i consumatori cinesi ha costretto all’inizio dell’anno la casa di Wolfsburg a cedere il gradino più alto del podio a Byd. Per rimettersi in gioco, VW a luglio ha siglato un accordo da 700 milioni di dollari per una partecipazione del 5 per cento nella startup cinese XPeng.
Mentre altri marchi stranieri vengono letteralmente messi in fuga dall’avanzata di quelli locali. L’anno scorso, Stellantis NV ha chiuso la sua unica fabbrica Jeep in Cina, la sudcoreana Hyundai sta vendendo gli impianti di produzione, e Ford ha recentemente annunciato che taglierà oltre 1.300 posti di lavoro in Cina.
Spinto dalla guerra dei prezzi tra i produttori e dagli incentivi governativi, il mercato dell’auto cinese il mese scorso è tornato a crescere. E a luglio, la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma e altre 12 agenzie hanno varato misure congiunte per sostenere le vendite di automobili, tra cui l’aumento delle quote governative annuali di acquisto di vetture, l’ottimizzazione degli incentivi fiscali per gli acquirenti di veicoli a nuova energia (Nev) e il miglioramento delle infrastrutture di ricarica e di scambio delle batterie.
Il mese scorso, un certo numero di produttori, tra cui Tesla e XPeng, hanno aumentato gli sconti su alcuni dei loro modelli nel tentativo, scatenando una guerra dei prezzi, di difendere la loro quota di mercato
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento