Nuovo anno, vecchi problemi e gli studenti sono tornati in mobilitazione dentro e fuori le università italiane per protestare contro il caroaffitti. L’impossibilità per la maggior parte degli studenti di trovare una stanza – una casa non se ne parla proprio – o, per chi ce l’ha, di continuare a sostenerne le spese è cosa nota. E il problema, nella totale assenza, di governo in governo, di interventi strutturali da parte delle istituzioni, si ripresenta amplificato ad ogni ripresa dell’anno accademico.
Un tema, quello della casa, che è “solo” uno dei lati di una condizione di immiserimento crescente e sempre più generalizzata che pesa come un macigno sulle classi popolari e, va da sé, su larga parte degli studenti di questo paese.
Niente di nuovo quindi, ma con l’attuale contesto di crisi – tra economia di guerra, inflazione, carovita, attacchi ai salari e al reddito – le contraddizioni si accumulano e da qualche parte rischiano di esplodere.
Un segnale incoraggiante in questo senso era già arrivato la scorsa primavera proprio dagli studenti e sul tema diritto all’abitare con le tendate di protesta diffusesi a macchia d’olio in tutto il paese, giornate di mobilitazione nazionale e iniziative sotto al MUR, catalizzando per settimane l’attenzione dei media e, soprattutto, imponendo il tema nel dibattito politico e alle istituzioni fino alla ministra Bernini e alle stanze di governo. Tanto da costringerlo – mentre intanto si disinnescavano i maldestri tentativi di strumentalizzazione da parte delle opposizioni con la Schlein e Landini duramente contestati alle tendate universitarie di Roma e Milano – a ricevere gli studenti e a metterci la faccia pubblicamente per farsi carico della questione.
Promesse fumose e inconsistenti, come denunciato fin da subito dagli studenti: nessun piano di investimento pubblico sugli studentati e di regolamentazione del mercato degli affitti è stato messo in campo. Senza contare che, a fronte di tanti proclama, i fantomatici 660 milioni del PNRR sono stati sbloccati, pare, soltanto due giorni fa con il via libera dalla Commissione Europea alla quarta rata del PNRR, tra errori tecnici di una classe politica incapace, oltre che in malafede, e giochini delle tre carte per bluffare sugli obiettivi a cui erano vincolati i fondi e soprattutto sugli effettivi nuovi posti letto realizzati, rivendicandone la realizzazione di 7500 di cui solo la metà però davvero aggiuntivi.
Sbloccati ora i fondi e finanziati ulteriori 300 milioni – ma visti i precedenti la prudenza è d’obbligo – qualcosa finalmente si è mosso? Tutt’altro, ci troviamo, anzi, di fronte l’ennesimo regalo ai privati, com’è di prassi per l’intera impalcatura del PNRR.
Le risorse vengono infatti dirottate tutte verso il profitto privato: o direttamente nelle tasche dei grandi fondi immobiliari, sì per calmierare – e “a tempo determinato” – porzioni di mercato degli affitti, ma a spese quindi della collettività, oppure con l’apertura alla compartecipazione privata sui bandi pubblici per la costruzione degli studentati, con l’obiettivo di 52.500 posti letto in balia di nuovo del libero mercato, se non direttamente in studentati di lusso.
Come e peggio di prima, insomma, implementando le stesse identiche logiche che hanno portato alla situazione attuale.
Che (anche) questo governo non fosse un interlocutore credibile, ma garante degli interessi privati, era in ogni caso già chiaro agli studenti che con la ripresa dell’anno accademico hanno ridato vita con forza e determinazione alle proteste, piantando nuovamente le loro tende in tante università italiane.
E costruendo importanti momenti di mobilitazione con la giornata di agitazione nazionale promossa da Cambiare Rotta il 14 settembre e poi con la due giorni milanese il successivo fine settimana organizzata da “Tende in piazza”, animata da diverse realtà, e culminata con l’occupazione dell’ex cinema Splendor di viale Gran Sasso a Milano – occupazione subito sgomberata tra camionette e denunce, con la mobilitazione che ha rilanciato accampandosi davanti al Comune e guardando già a nuovi appuntamenti di mobilitazione nelle prossime settimane.
Mentre tutt’ora proseguono nelle università le tendate, tra momenti di agitazione e l’organizzazione di liste per la casa, emergono dalle mobilitazioni anche rivendicazioni radicali e di netta rottura con le politiche fin qui attuate: l’esclusione dei privati dai bandi pubblici per la costruzione degli studentati, la reintroduzione dell’equo canone per calmierare i prezzi e l’abolizione della 431\98 che ha liberalizzato il mercato degli affitti.
E qui casca l’asino, oltre che rispetto al governo, sulle operazioni che sta provando a mettere in campo il “centro-sinistra” cercando di cogliere gli spazi, verso il passaggio delle europee del prossimo anno, che potrebbero lasciargli le politiche portate avanti dalla Meloni, pugno duro sul piano repressivo compreso.
Perché se non bastasse a ridurre a zero la credibilità di Partito Democratico, e stampelle varie, il fatto che siano stati proprio loro, nelle precedenti vesti, a varare con il governo D’Alema la 431\98 – ma pensiamo in generale tutte le politiche antipopolari di questi anni – anche le opposizioni tutto vanno millantando tranne che mettere in discussione, ovviamente, i dogmi del libero mercato e del profitto privato.
Dato questo perimetro blindato di compatibilità, sentiamo poi rimbalzare proposte farsa di ogni tipo che hanno toccato l’apice con quella di Maran, assessore alla “Casa e piano quartieri” della giunta Sala, di “risolvere” il problema mettendo a disposizione degli studenti le case popolari.
Una proposta che, mentre ammicca ipocritamente agli studenti, denota il classismo e il disprezzo di questi soggetti verso le fasce popolari di questo paese che proprio i comuni a guida PD sbattono in strada un giorno sì e l’altro pure, come hanno ricordato gli studenti di Cambiare Rotta proprio in faccia a Maran e ai suoi omologhi di Bologna e Torino Clancy e Mazzoleni durante l’incontro “Cooperare per abitare. Tre conversazioni” di pochi giorni fa a Cinisello Balsamo (Mi).
All’attuale livello di contraddizioni e malessere sociale, però, i margini di manovra per questi ben noti tentativi di strumentalizzazione risultano decisamente ridotti rispetto al passato. E loro per primi, come d’altronde il governo, sanno di giocare col fuoco perché quello della casa è un tema che rischia sempre più di esplodere e generalizzarsi anche fuori dallo specifico studentesco.
Anche in questo senso dagli studenti sono arrivati e continuano ad arrivare segnali interessanti di saldatura con i movimenti e le organizzazioni sociali e sindacali per la casa, per unire gli interessi di giovani studenti e classi popolari.
Pensiamo solo ai contenuti e alle indicazioni emerse dalla recente tre giorni romana del Movimento per il Diritto all’Abitare – che ha già rilanciato su nuove giornate di mobilitazione il prossimo mese – o alla tendata fuori dal Comune di Milano, lo scorso giugno, del sindacato ASIA USB a difesa di una famiglia sotto sfratto insieme ai giovani di Cambiare Rotta, mentre Sala e i suoi passarellisti di professione – tra questi manco a dirlo sempre Maran – cercavano senza successo di accreditarsi davanti agli studenti accampati nelle università.
Assistiamo quindi a segnali di fermento e mobilitazione interessanti e per certi versi inediti, se paragonati al contesto di passività sociale degli ultimi anni, che proprio nella saldatura delle lotte tra studenti e classi popolari potrebbero trovare la chiave per indicare una prospettiva concreta di generalizzazione del conflitto e rottura della compatibilità.
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