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24/09/2023

Trasferta americana frustrante per Zelensky

di Franceso Dall'Aglio

Sarebbe ingeneroso, oltre che inutile, paragonare l'accoglienza ricevuta a Washington da Zelensky a dicembre e quella di questa settimana. In questi nove mesi sono cambiate parecchie cose e se la sua presenza negli USA all'epoca rappresentava la speranza, la certezza direi, di un deciso cambio di passo verso la vittoria finale, la mesta tournée di questi giorni certifica invece che non solo la vittoria non è arrivata, ma che appare sempre più difficile che arrivi. Agli americani, del resto, piacciono gli underdog, quelli che ribaltano la situazione e vincono da sfavoriti: ma non sopportano i loser, soprattutto se devono anche pagargli il conto. Il cambio di prospettiva, che in verità andava avanti già da un po', è accompagnato da articoli abbastanza sobri, quasi depressi, come questo di Newsweek del giorno prima che Zelensky sbarcasse negli USA, o questo di ieri della CNN.

Per non parlare della copertina del nuovo Economist, che allego come illustrazione: "Time for a rethink". Ciò detto, questa serie di inconvenienti ha provocato un'ondata di entusiasmo abbastanza immotivata nel campo filorusso. Immotivata perché non c'è alcun segnale che il sostegno militare all'Ucraina verrà meno, anche se sarà ed è già stato sensibilmente ridotto. "Rethink" non significa abbandonare, significa orientare in maniera diversa il flusso di aiuti per, come si scrive ad esempio nell'articolo di Newsweek che ho citato sopra, "dare all'Ucraina la capacità di difendersi da nuove incursioni russe". Congelare il conflitto, insomma, impedendo alla Russia di vincere, qualsiasi cosa significhi, essendo ormai chiaro che è piuttosto improbabile che sia l'Ucraina a vincere, qualsiasi cosa significhi.

Non pare esserci quindi una nuova via strategica per la NATO, men che meno una via d'uscita. Le opzioni sul tavolo sono sempre tre, le stesse con le quali è (siamo) entrata in guerra. Le elenco in ordine di desiderabilità per la NATO, non in ordine di aderenza alla realtà.

Opzione 1: qualunque cosa succeda sul campo di battaglia, le sanzioni distruggeranno l'economia russa e/o gli insuccessi militari faranno crollare il consenso interno e la popolazione si ribellerà a Putin. Un colpo di stato lo farà fuori, la Russia diventerà una democrazia liberale e/o si frantumerà in una serie di stati indipendenti, anch'essi chiaramente tutti liberali e che non porranno alcun rischio di proliferazione nucleare. L'Ucraina entrerà nella NATO, la NATO prenderà il controllo del Mar Nero, del Caucaso, del Baltico e dell'Oceano Artico e saremo finalmente liberi di fare la guerra all'Iran e alla Cina, insieme o separatamente, e dopo l'Armageddon entreremo nella Gerusalemme Celeste del mercato globale e della fine della storia, non in senso politico ma teologico. Che ci crediate o no, ci sono settori piuttosto influenti dell'establishment USA che la vedono in questo modo e lo hanno abbondantemente espresso, e io non riesco a vedere troppe differenze tra la loro jihād e quella di Boko Haram se non un uso più accorto dei media e il fatto che i nostri soldati del Signore hanno le scarpe.

In caso l'opzione 1 non avesse funzionato, perché non sempre il pensiero magico ce la fa sul piano del reale, c'era l'opzione 2: con l'aiuto NATO l'Ucraina vince la guerra sul campo di battaglia, infliggendo alla Russia la famosa "sconfitta strategica" che la obbliga a ritirarsi. Questa vittoria, che ci si aspettava a giugno, porta ovviamente all'opzione 1 con tutte le conseguenze positive del caso.

Ultima, l'opzione 3: la Russia vince sul campo e occupa tutta o gran parte dell'Ucraina, la cui resistenza riceve aiuti militari e finanziari dalla NATO obbligando l'esercito russo a stornare gran parte dei suoi effettivi e delle sue risorse per fronteggiare una guerriglia al cui confronto l'Afghanistan è stato uno scherzo, con perdite umane e materiali catastrofiche che portano, manco a dirlo, alla piena realizzazione dell'opzione 1.

L'opzione 4, dunque (quella che si stanno inventando al momento) è una via di mezzo tra la 2 e la 3: una serie di negoziati, che non si capisce in base a quale criterio la Russia dovrebbe accettare, porteranno a un congelamento del conflitto più o meno sulla linea del fronte attuale. Questo congelamento non servirà ad arrivare a un accordo di pace ma a far rifiatare l'industria bellica occidentale che riprenderà a rifornire l'Ucraina di armi ed equipaggiamenti, portando o all'opzione 2 (vittoria Ucraina) o alla 3 (vittoria russa con conseguente guerriglia), dunque in ultima analisi l'opzione 1 un po' più tardi del previsto.

Questo è il grande piano strategico e altri non ce ne sono. Certo bisognerà anche vedere come la Russia ritiene di dover condurre il conflitto, cosa con la quale mi pare non si facciano mai i conti.

PS, rifacendoci alle ultime novità: no, colpire il quartier generale della flotta del Mar Nero a Sebastopoli con missili anglo-francesi diretti dall'intelligence e dagli aerei-spia NATO non accelererà l'opzione 1, serve solo a dare qualche vittoria morale all'opinione pubblica, visto che quelle reali latitano, e a soddisfare le fantasie di vendetta di Budanov e simili. Meglio sarebbero impiegati, quei missili e quell'intelligence, a colpire obiettivi militarmente significativi, a meno che naturalmente uno non creda che lo stato maggiore della flotta del Mar Nero vada in ufficio ogni mattina dalle 9 alle 17 (nel qual caso, visto che erano le 12, forse erano già in pausa pranzo).

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