Nella metà degli anni Ottanta ero segretario della FIOM di Brescia e impegnato in una durissima lotta nelle fabbriche di Luigi Lucchini, industriale siderurgico e presidente della Confindustria.
Lucchini era un uomo potente, controllava una parte della finanza e della politica bresciana e aveva come principio la politica antisindacale in funzione del più brutale autoritarismo e sfruttamento.
Lucchini era un finanziere che acquisiva fabbriche da proprietà in difficoltà, private o pubbliche, e le consumava fino all’osso, per poi abbandonarle. Diverse aziende di Brescia e le acciaierie di Piombino e di Potenza hanno subito questa sorte.
Lucchini si presentava come padrone moderno e spregiudicato, aperto al confronto con tutti in politica, tanto quanto nelle sue fabbriche vigeva il più feroce fascismo aziendale. Contro il quale noi lottavamo sapendo di avere di fronte non solo un padrone, ma un sistema di potere.
Il segretario della federazione del PCI di allora, Piero Borghini, migliorista che negli Novanta sarebbe passato a Forza Italia, invitò Giorgio Napolitano a Brescia e combinò un suo incontro con Lucchini.
Fu un incontro caloroso e pieno di attestati reciproci di stima, come raccontò con dovizia di particolari la stampa locale. Che naturalmente sottolineò in tutti i modi che il dirigente del PCI elogiava la capacità imprenditoriale di Lucchini, mentre ignorava le proteste dei cattivi della FIOM.
E questo in effetti avvenne, Napolitano esaltò la modernità di Lucchini e rifiutò di incontrare gli operai delle fabbriche in lotta contro quella modernità di stampo medioevale.
Dopo di che in una riunione del PCI bresciano, Napolitano si lanciò in un panegirico dei tempi nuovi, dell’impresa e di quello che poi sarebbe stato chiamato neoliberismo.
Fu un danno per la dura lotta in corso, ma gli operai ed il sindacato di allora avevano uno spirito sufficiente per fregarsene e tirare avanti. E nonostante l’appoggio di Napolitano, Lucchini allora non riuscì a piegare gli operai della Bisider, della Eredi Gnutti, e più in generale la classe operaia bresciana.
Ho molti ricordi politici di Napolitano, sempre negativi, ma questo è il più personale.
Per me Napolitano è stato colui che abbracciava Lucchini mentre nelle sue fabbriche gli operai della FIOM venivano puniti e mandati nei reparti confino. E questo, oltre al totale disaccordo politico, non riesco proprio a perdonarglielo.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento