Anche se oramai, dopo mesi, rischiamo di abituarci all’orrore, cosa ampiamente voluta da Israele e dai suoi alleati, oggi siamo di nuovo in piazza al culmine di una serie di mobilitazioni. A sostegno della Palestina e della sua lotta di resistenza.
La scintilla del 7 ottobre, pur con il suo corollario di sofferenze e vittime, ha avuto il merito di riportare al centro dell’attenzione il dramma palestinese. Ovviamente non abbiamo dubbi, consideriamo legittimo il diritto alla Resistenza, anche armata, del popolo palestinese. Non è mai esistito un processo di autodeterminazione e decolonizzazione pacifico. Le trattative, gli accordi, in una situazione di grande disparità politica e militare non si strappano con le parole, non è mai stato così. Lo sappiamo, non ci piace la violenza ma non viviamo in un mondo totalmente ideale e staccato dalla realtà.
Sulla lotta del popolo palestinese si possono dire tante cose. Da un lato la specificità di questa lotta ultra decennale, contro il regime colonialista e di apartheid che il genocidio non lo ha pianificato da qualche mese ma da parecchi anni, senza che nessuno a livello internazionale o in occidente lo abbia mai denunciato e conseguentemente colpito. Ma la specificità di questa lotta non fa si che la si possa isolare dal contesto internazionale, caratterizzato da una tendenza all’allargamento dei conflitti in tutto il globo. Tendenza causata non da qualche stato o da qualche dittatore, ma dalla crisi del sistema di accumulazione capitalista mondiale che, dalla fine degli anni 80 del secolo scorso a oggi, è totalmente centrato sulla pretesa di un ristretto numero di stati occidentali di governare il mondo imponendo la propria legge.
Badate, è una questione complessa, ma la si può anche semplificare. Il dominio del grande capitale, anche se si ammanta di universalismo, non può esistere senza sfruttare la stragrande maggioranza del pianeta. La disuguaglianza globale, che in Palestina assume i tratti grotteschi che sappiamo, altro non è che l’alimento del dominio capitalista.
Chiunque può avanzare dubbi su come il popolo palestinese conduce la sua lotta. Tutto legittimo, per carità ma a ben vedere risulta tutto più chiaro se sappiamo che in Palestina non esiste alcuna guerra di religione, non si fanno sogni fuori tempo legati allo sviluppo di odiosi nazionalismi ma è in atto una lotta di un popolo oppresso contro uno Stato, questo si, oppressore, armato fino ai denti, dotato di un apparato repressivo e militare feroce e spietato.
Sulla sfondo di questa lotta vi è il riflesso della lotta di classe, che si svolge in qualsiasi parte del mondo dalla più piccola officina alla più grande multinazionale. Che si trasforma in lotta fra popoli, tra Stati, tra blocchi politici.
Stare dalla parte dei palestinesi è quindi stare dalla parte degli sfruttati del pianeta, nella loro lotta contro lo sfruttamento e il dominio atto a giustificarlo.
Non vi è dubbio che il popolo palestinese, prima o poi vincerà. Non vi è dubbio che le mobilitazioni in tutto il mondo servano a costruire la solidarietà internazionale affinché ciò accada al più presto.
Ma non vi è neppure alcun dubbio che la lotta che mettiamo in campo è anche una lotta per noi stessi, per chi è sfruttato in ogni angolo del pianeta. Perché è una lotta che scava nel profondo delle contraddizioni globali, che si risolveranno se i passaggi intermedi che vanno fatti costruiscono la coscienza, l’organizzazione e la forza per un ribaltamento dei rapporti di forza a livello globale.
La Palestina deve essere innanzitutto libera con un popolo in grado di ritornare a vivere e ad autodeterminarsi. Ma sarà libera veramente se non solo la Palestina, ma tutto il pianeta sarà in grado di imporre il governo degli sfruttati, dei lavoratori. La Palestina, sarà pienamente libera se sarà rossa, in mondo dove a farla da padrone sarà il concetto di eguaglianza, giustizia e pace fra i lavoratori.
Su questi temi, vi invitiamo sabato 2 marzo: convegno e formazione pubblica su “La questione palestinese in un contesto globale”. Dalle 15 presso Music for peace. (Luogo e ora da confermare, seguirà locandina). Con Genova City Strike e Rete dei Comunisti.
Genova City Strike
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