I colpi di Stato in America Latina sono il risultato di decisioni strategiche dell’imperialismo statunitense per difendere i propri interessi economici e geopolitici nel continente, così come quelli della borghesia e dell’oligarchia locale.
Di solito i colpi di Stato sono caratterizzati da spargimenti di sangue, invasione di truppe, bombardamenti dei palazzi governativi (La Moneda, Cile, 1973), dichiarazione dello stato d’assedio, repressione dell’opposizione, sparizioni (si stima che siano stati 30.000 gli scomparsi durante la dittatura in Argentina) e fucilazioni.
È così che si sono svolti i colpi di Stato (1950-1980) contro presidenti democraticamente eletti che hanno deciso di adottare una politica economica sovrana e indipendente. Il denominatore comune dei colpi di Stato è stata la lotta contro il comunismo. A questo argomento si sono aggiunti ora la corruzione, la perdita della “libertà” e la cattiva gestione dell’economia, tra gli altri.
Questo è successo a Jacobo Árbenz in Guatemala, rovesciato nel 1954 da un colpo di Stato orchestrato dagli Stati Uniti e dalla multinazionale United Fruit Company a causa della sua decisione di rendere il Guatemala, da paese in ritardo economico e dipendente dall'estero, a paese economicamente autosufficiente e di promuovere una riforma agraria democratica a favore dei contadini spossessati, che si scontrava con gli interessi degli oligopoli agricoli nazionali e delle multinazionali yankee.
Anche in Brasile, quando fu instaurata la dittatura militare (1964-1985) con il rovesciamento del presidente João Goulart, il golpe si basò su una campagna mediatica e una guerra sporca che consisteva nel vendere all’opinione pubblica l’immagine che il suo governo fosse inefficiente, corrotto e infiltrato dai comunisti.
Allo stesso modo in Cile contro Salvador Allende, dove un’allegra alleanza tra gli Stati Uniti e la borghesia cilena perpetrò il colpo militare guidato dal generale fascista Augusto Pinochet, che bombardò La Moneda e assassinò il presidente l’11 settembre 1973, imponendo una dittatura militare che durò 17 anni.
E così via, attraverso il cosiddetto Plan Cóndor, fu impostata una strategia politico-militare della CIA e delle oligarchie del continente per compiere colpi di Stato e imporre dittature militari in Uruguay (1973-1985) e in Argentina (1976-1983), per citare solo alcuni esempi di colpi di Stato violenti.
A differenza dei colpi “duri e violenti”, da oltre due decenni si sta verificando la modalità del “golpe blando” contro i governi eletti nelle urne con un’agenda antineoliberale, ambientalista e di pace con giustizia sociale con l’obiettivo di cambiare il ruolo dello Stato e metterlo al servizio delle classi più bisognose.
Il “golpe blando” o giuridico viene preparato in anticipo e la sua esecuzione avviene attraverso montaggi giudiziari basati su false accuse di corruzione o violazione delle norme giuridiche, presuntamente commesse dai governi oggetto del colpo di Stato.
Questo è il caso della Colombia oggi, il cui governo vive la costante minaccia e assedio di un colpo di Stato “blando“, guidato da settori estremisti dell’oligarchia, in alleanza con il grande capitale, le mafie del narcotraffico, partiti di estrema destra (Centro Democratico) e grandi mezzi di disinformazione di massa.
Coloro che promuovono il colpo di Stato sostengono che in Colombia vi è una rottura dell’ordinamento giuridico perché il governo ha violato le norme giuridiche. Con questo intendono giustificare la rimozione dall’incarico o l’arresto del presidente.
Come sappiamo, il colpo è preceduto da una lunga campagna di guerra sporca, notizie e false accuse perpetrate dai grandi media, il cui scopo è delegittimare il presidente e il suo governo, creando una cattiva immagine per guadagnare il sostegno dell’opinione pubblica.
Una volta creato un clima di instabilità e caos (organizzano marce e sollevazioni delle forze dell’ordine), generando malcontento nell’opinione pubblica nei confronti del governo, ricorrono all’argomento che siamo di fronte a un governo illegittimo, una “rottura del filo costituzionale”, per portare il presidente a un processo politico e poterlo allontanare dalla carica o imprigionare.
È in questo momento che si configura il colpo di Stato. In Colombia lo stanno pianificando da quando Gustavo Petro ha vinto le elezioni presidenziali nel giugno del 2022, con più di 11 milioni di voti.
È ancora vivo nella memoria di milioni di cittadini del continente come diedero il colpo di Stato in Bolivia contro Evo Morales nel 2019, in cui l’OEA con Luis Almagro giocò il ruolo di agente degli interessi dell’ala golpista dell’estrema destra e come pedina dell’imperialismo statunitense.
Una volta che Evo fu costretto ad abbandonare il paese, assunse la carica la presidente del Senato, Jeanine Áñez, consumando così il golpe contro un presidente legittimamente eletto dalla maggioranza.
La stessa sorte ebbe Pedro Castillo, presidente legittimo del Perù, che fu rovesciato con una messinscena giuridica, accusato di colpo di Stato, che avrebbe violato la costituzione per aver proposto di sciogliere il Congresso e indire nuove elezioni in base a una norma costituzionale che autorizza il presidente a sciogliere il Congresso.
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