Vladimir Putin ha risposto all’ipotesi dell’uso da parte di Kiev di missili forniti da Paesi Nato per colpire in profondità il territorio russo. E lo ha fatto con la massima chiarezza. Le conseguenze saranno “serie”, ha avvertito, sottolineando che comunque Mosca riterrà la Nato direttamente responsabile degli attacchi, valutando che vettori a lungo raggio come gli Atacms americani non potrebbero essere impiegati “senza dati d’intelligence satellitari” elaborati da tecnici dell’Alleanza.
Putin è intervenuto al termine di una visita in Uzbekistan, prendendo di mira in particolare il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.
“Quando era primo ministro norvegese abbiamo discusso di varie questioni, e a quei tempi sono sicuro che non soffriva di demenza”, ha osservato il presidente russo. Ma ora “non può non sapere” che l’impiego di missili come gli Atacms contro il territorio russo necessiterebbe un ruolo diretto di tecnici Nato. Con tutte le conseguenze del caso.
Il problema, enorme, è come risponderebbe Mosca a questi attacchi. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è limitato a far sapere che i vertici militari “stanno adottando contromisure adeguate e si stanno preparando”.
Ma le parole di Putin indicano anche uno scenario inquietante ma, a quanto pare, volutamente cercato dai governi europei: quello di una guerra tra Russia e Nato.
Mette decisamente i brividi un passaggio del discorso di Putin quando ha messo in guardia quei Paesi europei “con un piccolo territorio ma con un’alta densità di popolazione che subirebbero le conseguenze più devastanti”.
Un riferimento neanche troppo velato agli Stati baltici, sostenitori della linea guerrafondaia contro Mosca. Sono loro che dovrebbero prendere in considerazione questi fattori di rischio “prima di parlare di attacchi nel profondo del territorio russo”.
Non solo. L’invio di truppe sul terreno in Ucraina, secondo Putin, sarebbe “un altro passo” verso “un conflitto globale”, avvertendo che questi soldati “si troverebbero nella zona di tiro delle forze armate russe”.
A Bruxelles intanto va avanti la discussione se permettere o meno all’Ucraina di colpire obiettivi militari in territorio russo con le armi fornite dai paesi Nato.
Se ne è parlato alla riunione dei 27 ministri della Difesa, riuniti dall’alto rappresentante Ue Josep Borrell, il quale giudica sostanzialmente lecito “rimuovere le restrizioni”, tant’è vero che “alcuni Stati membri” lo hanno fatto, cambiando dunque posizione “rispetto a poche settimane fa”.
Le posizioni di Borrell – le stesse peraltro del segretario Nato Jens Stoltenberg, che ha preso parte al Consiglio Difesa dei 27 membri della Ue – si sono incrociate con il clima pre-elettorale in Europa.
In Italia, ad esempio, ci sono state reazioni negative da parte della maggioranza di governo e dell’opposizione. Se il ministro Matteo Salvini ha bollato Borrell come “un bombarolo”, Giuseppe Conte l’ha accusato di voler portare l’Europa “verso la Terza Guerra Mondiale, come Macron”, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ricordato che la posizione dell’Italia “è diversa”, non prevede “l’uso di materiale militare italiano fuori dai confini dell’Ucraina”.
L’Italia, al momento, appare più vicina alla Germania che è tra i più cauti, la Francia invece pende verso il bellicismo della Polonia e dei paesi baltici. Olanda e Danimarca hanno posizioni più simili alla Gran Bretagna – la quale ha già dato il via libera a usare i suoi missili contro la Russia – mentre si attende, con una certa apprensione, la decisione degli Usa anch’essi in fase pre-elettorale.
Ma le posizioni di oggi possono cambiare repentinamente domani. “Gli Stati membri, anche quando cambiano idea, non sono inclini a farlo sapere apertamente, per varie ragioni, sia di sicurezza che di natura politica”, commenta all’Ansa una fonte diplomatica della Ue. La campagna elettorale per le europee è in pieno svolgimento e in certi Paesi – come il Belgio – si vota anche per le politiche. I governi sanno benissimo che larga parte delle proprie opinioni pubbliche non sono favorevoli ad un maggior coinvolgimento nel conflitto in Ucraina.
Il problema è che, passate le elezioni, le dichiarazioni e le posizioni prese prima potrebbero rovesciarsi nel loro contrario. Con la guerra alle porte.
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