Il 14 maggio il parlamento georgiano ha approvato in terza lettura la tanto contestata legge sulle influenze straniere, che impone la registrazione in un’apposita lista dei media e delle associazioni no profit che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero. Il 18 maggio la presidente Zourabichvili ha deciso di porre il veto sul provvedimento.
Ad ogni modo, questa è una mossa che, stando ai numeri e alle norme del paese, serviva solo a prendere tempo: la maggioranza è saldamente in mano al partito Sogno Georgiano e tramite un ulteriore voto può oltrepassare il veto stesso. Un tempo diventato utile a tentare una mediazione, con il pesante intervento diretto di Washington.
Infatti, il giornale statunitense Politico ha rivelato di aver visionato la bozza per una proposta di legge, presentata dal repubblicano Joe Wilson al Congresso, che garantirebbe a Tbilisi “un robusto regime commerciale preferenziale”. Accanto a questo, vi sarebbe anche una certa liberalizzazione nella concessione dei visti dalla Georgia.
Inoltre, col provvedimento si darebbe mandato agli ufficiali di competenza di approntare la “fornitura di equipaggiamenti di sicurezza e di difesa idealmente adatti alla difesa territoriale contro l’aggressione russa e di concomitanti elementi di addestramento, manutenzione e supporto alle operazioni”. Ma c’è ovviamente una contropartita.
Questi programmi saranno implementati una volta che “la Georgia avrà mostrato progressi significativi e sostenuti verso il rinvigorimento della sua democrazia, testimoniati almeno da elezioni sostanzialmente eque e libere e da un ambiente pre-elettorale equilibrato”. E, sottinteso, avrà fatto un passo indietro sulla legge sulle “influenze straniere”.
Con il solito metodo, gli USA stilano “una proposta che non si può rifiutare”, nel caso in cui ciò non avvenisse la legge di Wilson prevede già sanzioni individuali ai vertici di Sogno Georgiano e ad altri funzionari governativi. Il comunicato del partito al governo di Tblisi dice che questo “ricatto” non fermerà l’approvazione della legge, e anche altre cose molto utili a capire la situazione.
Lì infatti si afferma che se fosse concessa la liberalizzazione dei visti, se Washington investisse nell’economia del paese e assicurasse un cambiamento nell’atteggiamento delle ONG, imponendogli di riconoscere la legittimità del governo, e se infine l’adesione all’UE non fosse usata come arma di ricatto, non ci sarebbe nessuna necessità di adottare questa contestata legge.
Quel che preoccupa il partito di governo sono innanzitutto i tentativi di destabilizzazione a cui molte sedicenti ONG hanno partecipato, dal 2020 a oggi. Ed è significativo che chieda agli Usa di far cambiare l’atteggiamento a queste associazioni: conferma implicitamente che su questo sistema “informale” Washington ha abbastanza influenza da poterlo indirizzare.
Queste organizzazioni, che distribuiscono fondi e gestiscono servizi, formano una rete su cui si appoggia la politica nazionale, e su cui anche Sogno Georgiano ha fatto affidamento in passato. Ma ora, di fronte alle pressioni interne e alle prossime elezioni di fine ottobre, quest’ultimo vuole provare per lo meno a porre loro un freno.
Ma l’Occidente, col suo fare ricattatorio, sta proprio guardando alle ormai prossime elezioni politiche per assicurarsi un alleato che, a differenza dell’attuale primo ministro Irak’li K’obakhidze, non si opponga al “partito globale della guerra” che vorrebbe la Georgia riaccendere lo scontro con Mosca. È per questo che nel pacchetto statunitense sono considerati anche aiuti militari.
Il braccio di ferro, con le proteste che continuano a Tbilisi, si fa ogni giorno più delicato. Nonostante i frequenti paragoni la situazione non sembra al livello di Kiev nel 2014, anche perché la Georgia ha portato avanti per anni un processo di avvicinamento al blocco euroatlantico piuttosto lineare, che fondamentalmente non sarebbe comunque messo in discussione dalle scelte attuali.
Ma la Georgia vive il risultato delle contraddizioni che i meccanismi del mercato occidentale e la deriva bellicista imposta dalla NATO producono. In questa fase convulsa, la situazione può facilmente sfuggire di mano, e perciò la Georgia è un altro punto di attrito che si deve continuare ad osservare da vicino.
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