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22/05/2024

L’Unione Europea spalanca le porte ai neofascisti “ripuliti”

L’Unione Europea si prepara a sdoganare istituzionalmente l’ultra-destra neofascista, e quest’ultima – “giudiziosamente” – provvede a “risciacquare i panni a Bruxelles” per rendersi più presentabile.

Il segnale era partito forte e chiaro. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, al Forum per la democrazia di Copenaghen, rispondendo alla domanda se sarà possibile collaborare con le forze di estrema destra dopo le elezioni europee aveva chiarito: “Al Consiglio Europeo c’erano dubbi e preoccupazioni prima delle elezioni di Stati membri e poi abbiamo visto che era possibile lavorare con i governi di quei Paesi anche se nella coalizione c’era un partito di estrema destra“.

La discriminate che la UE utilizza, infatti, non è più – se mai lo è stata – l’ideologia fascista o nazista professata da questo o quel partito, ma al “Parlamento Europeo la questione sarà quali saranno i partiti politici pronti a cooperare per sostenere l’Ucraina, difendere i principi democratici e rendere l’Ue più forte“.

Insomma, puoi essere fascista quanto ti pare ma, se obbedisci alla Nato sulla guerra in Ucraina e rispetti i diktat della Commissione europea in materia di bilancio pubblico, diventi automaticamente “democratico e affidabile”.

In vista delle ormai imminenti elezioni continentali, e delle possibili nuove maggioranze necessarie a nominare il prossimo presidente della Commissione (al posto di Ursula von der Leyen), nell’estrema destra è partito alla grande il risiko del posizionamento “giusto”.

Gli effetti sono immediati. Il gruppo parlamentare più chiaramente fascista era “Identità e democrazia”, che metteva insieme Afd tedesca, Rassemblement national di Marine Le Pen, la Lega di Salvini (e ora anche Vannacci...) e qualche altra frattaglia minore.

Proprio Marine Le Pen ha rotto le esitazioni decidendo di rompere con Alternative fur Deutschland, addirittura su un tema molto “identitario”. Ha colto infatti al volo l’occasione fornita da Maximilian Krah, capolista di AfD alle europee, che in una intervista ad un quotidiano italiano si era spinto ad affermare: “Non dirò mai che chi aveva un’uniforme delle SS era automaticamente un criminale“.

Neanche il tempo di leggere il tweet e pure Salvini si è accodato: “Come sempre, Matteo Salvini e Marine Le Pen sono perfettamente allineati e concordi“.

Et voilà, in meno di un fiato l’erede dei collaborazionisti di Vichy e il tronfio leader ex padano si sono ribattezzati “democratici”, raggiungendo quel porto che da alcuni mesi si era delineato all’orizzonte.

A gennaio, infatti, Le Pen aveva pubblicamente messo in discussione la collaborazione con AfD dopo l’inchiesta giornalistica che aveva rivelato come alcuni membri del partito tedesco avessero partecipato a una riunione segreta a Potsdam, per discutere di come gli stranieri e i cittadini tedeschi di minoranza etnica potessero essere spinti a lasciare il Paese.

Ad aprile, la Procura di Dresda aveva poi avviato due indagini preliminari, per sospetti di finanziamenti russi e cinesi, nei confronti di Krah (indagine che aveva portato all’arresto del suo collaboratore Jian Guo). Come si vede, l’ideologia non è un problema, i soldi che ti arrivano dall’estero sì (se la stessa regola diventa legge in Georgia, però, si tratta di una “legge russa” contro cui si deve insorgere...).

Anche Salvini aveva capito l’aria che tirava. Ancora a dicembre, in Toscana, aveva accolto come “un fratello” Tino Chrupalla, uno dei leader dell’AfD, che sbraitava contro i vaccini, il sostegno all’Ucraina (“non può vincere la guerra”) e ovviamente contro von der Leyen “la persona più pericolosa dell’Europa“.

Ma già a marzo di quest’anno, a Roma, nessun esponente dell’AfD era stato invitato alla convention della Lega con i “partner europei”. Restano da collocare ancora i nostalgici franchisti spagnoli di Vox, ma su quel fronte sta attivamente lavorando da tempo la Meloni, alternando sparate “identitarie” e “pragmatismo” anti-popolare.

Ciliegina sulla torta, anche L’AfD ha finito per prendere le distanze dal suo stesso candidato alle europee, escludendolo dai dibattiti pubblici...

Il quadro che uscirà dalle elezioni europee è ovviamente ancora incerto, ma i sondaggi più attendibili danno il Ppe (il “centro democristiano”) come il pilastro attorno a cui legare una maggioranza qualsiasi. Chiunque voglia contare qualcosa nella prossima Unione Europea dovrà provare a farne parte.

I “socialisti europei” sono allo sbando, con iniziative “nazionali” completamente diverse. Lo spagnolo Sanchez riconoscerà lo Stato di Palestina la prossima settimana (il 28 maggio), insieme a Norvegia e Irlanda. Cosa che ovviamente fa inferocire Israele e Usa, ma soprattutto spiazza gentaglia come Scholz e soprattutto la “verde” Baerbock, rappresentante dell’ala più guerrafondaia della Nato.

Mentre i “cugini europei” stanno lì a cercare una via d’uscita dalla contraddizione in cui li ha ficcati la richiesta di mandato di cattura internazionale contro Gallant e Netanyahu...

Sul Pd e dintorni è necessario stendere una lapide irremovibile, ma anche altri partiti della stessa area – nel Vecchio Continente – sono ormai all’afasia politica, privi come sono di autonomia nei confronti sia della Nato che dell’“austerità” UE.

Si è insomma aperto uno spazio enorme per chi voglia contribuire – da fascista appena appena “ripulito”, magari neanche tanto – a costruire una “grande Europa reazionaria” e guerrafondaia, che espande la spesa militare, finisce di distruggere il welfare, la sanità e l’istruzione pubblica, reintroduce la leva obbligatoria in vista di nuove guerre e soprattutto “non disturba le imprese”.

Non a caso “Gioggia” si era mossa per prima in questa direzione...

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