Lo storico israeliano Ilan Pappe lunedì scorso è stato interrogato per due ore dall’Fbi al suo arrivo negli Stati Uniti all’aeroporto di Detroit.
«Non erano rudi, ma le loro domande erano fuori dal mondo», ha scritto in un post su Facebook.
Gli agenti hanno chiesto a Pappe se fosse o meno un sostenitore di Hamas e se considerasse genocidio l’offensiva israeliana in corso contro Gaza. Alla fine «hanno avuto una lunga conversazione al telefono con qualcuno (israeliani?) e dopo aver copiato tutto quello che c’era nel mio telefono mi hanno autorizzato a entrare».
Nel suo post Pappe ha citato il trattamento subito dal medico britannico-palestinese Ghassan Abu Sitta, cacciato dalla Germania e sottoposto a un divieto di ingresso di un anno in Europa (poi revocato da una corte amministrativa tedesca).
Il 15 maggio ad al Jazeera Pappe, noto per le sue ricerche sulla Nakba, aveva denunciato il ruolo dei paesi occidentali: «Nel 1948 non c’era la televisione né gli smartphone. Era facile coprire la Nakba, la pulizia etnica. Credo che il livello di diniego oggi sia molto più sinistro e indecente».
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